Vittorio Foa, Il paradigma antifascista: Premessa, 1, 2, 3

Premessa





Eravamo tre amiche in procinto di laurearci, Linda, Silvia ed io, tutte e tre interessate a esplorare i diversi filoni del socialismo liberale (o del liberalsocialismo) italiano. Entusiaste per la lettura de Il Cavallo e la torre, abbiamo deciso di scrivere a Vittorio Foa per chiedergli un incontro. Non ci aspettavamo una risposta immediata. Ad essere sincere, non ci aspettavamo nessuna risposta o almeno nessuna risposta positiva. Vittorio, invece, ci ha risposto subito invitandoci tutte e tre a Formia.
Il 25 aprile del 1999 lo abbiamo passato con lui, trovando l'interlocutore più attento e sollecito che potessimo immaginare. Noi eravamo andate lì per ascoltarlo e invece era lui che chiedeva le nostre opinioni su ogni genere di questioni e ci stava ad ascoltare.
In quel periodo cercavo di precisare il tema centrale della mia tesi di laurea, che in ogni caso avrebbe avuto a che fare con Gobetti, Rosselli, GL, il PdA. È stato proprio per un suggerimento di Foa che ho poi individuato il fuoco unificante del mio lavoro nella figura di Carlo Levi. E da Foa sono tornata quando ho dovuto affrontare l'elaborazione vera e propria della tesi.
Ho raccolto l'intervista il 7 e l'8 febbraio 2001, durante un soggiorno in casa di Sesa e Vittorio a Formia. Ho trascorso con loro tre giorni, in fitta conversazione, tra le poltrone del salotto e le seggiole della cucina. Abbiamo parlato di molte cose: sebbene incentrata sul ruolo dell'invenzione in Carlo Levi, la nostra chiacchierata è stata occasione di una grande, indimenticabile carrellata sull'Italia di oggi e di ieri.
Ho registrato quasi tutto. In un secondo momento, con calma, ho trascritto le registrazioni. Il testo che presento è frutto di una successiva rielaborazione nella quale non solo ho eliminato i modi della lingua parlata più ostici alla lettura, ma ho lasciato da parte gli accenni (frequenti e gustosi) ad argomenti non attinenti al tema della mia tesi. Ho poi reso il tutto in forma di monologo, un po' perché mi pare che così il discorso risulti più compatto e l'argomentazione più persuasiva, ma un po' anche (o dovrei dire soprattutto?) perché i miei interventi nella conversazione servivano quasi solo a me, per accertarmi di aver davvero capito quello che Vittorio veniva dicendo. Vittorio, insomma, ha diretto il nostro colloquio dal principio alla fine, senza mai farsi sviare dalle mie interruzioni, senza perdere mai il filo del discorso e riprendendolo ogni volta dal punto esatto in cui lo aveva lasciato.
Del resto che Vittorio avesse ben chiaro in testa quel che doveva dirmi lo testimonia il brano di una lettera che mi scrisse il 30 novembre del 2000:

Distanza teorica tra Gobetti e Rosselli nel tempo: nella GL torinese, nel Pda, oggi. Effetti positivi dell'attivismo giellista nel secolo, il duro prezzo pagato dal paradigma antifascista nella Repubblica, il rapporto con i comunisti, il giudizio sul popolo italiano.

Era il tracciato delle conversazioni che avremmo poi avuto a Formia e funziona perfettamente come sommario dell'intervista. È quasi inutile aggiungere che il testo, così come appare qui di seguito, è stato letto e approvato da Vittorio.

Genova, 12 gennaio 2003

Alisia Poggio



Vittorio Foa

Il paradigma antifascista


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Indice

Premessa

1. Gobetti e Rosselli

2. Effetti dell'attivismo giellista

3. Il popolo italiano e il paradigma antifascista



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