Davide Conrieri

La traduzione portoghese della Maria Maddalena





1. La traduzione portoghese della Maria Maddalena, dovuta a António Lopes Cabral, fu pubblicata a stampa nel 1695 a Lisbona.[1] La notizia, data nella Bibliotheca Lusitana di Diogo Barbosa Machado e accreditata ancora recentemente, nell’edizione della Maria Maddalena a cura di Delia Eusebio e nel volume Pintura e poesia na época barroca di Luís de Moura Sobral,[2] di una stampa del 1670 di quella traduzione, è falsa.
La falsità fu già sospettata da Innocêncio Francisco da Silva sul fondamento del fatto che l’edizione del 1695 reca un privilégio real per la stampa datato 9 marzo 1695, seguito da licenze dalle quali non risulta che l’opera fosse stata pubblicata antecedentemente. [3] E l’inesistenza di un’edizione della traduzione portoghese della Maria Maddalena nel 1670 trova conferma nel recente repertorio di traduzioni in portoghese di A. A. Gonçalves Rodrigues, che della traduzione della Maria Maddalena registra solo le edizioni del 1695 e del 1706.[4]
A dissipare ogni dubbio valgono dichiarazioni dello stesso Lopes Cabral circa l’ordine da lui seguito nell’affidare alle stampe le sue opere. Nella premessa della sua raccolta di prediche, Pancarpia, esordisce dicendo che con essa si espone per la seconda volta come bersaglio alla censura del lettore, sentendosi peraltro incoraggiato dal buon successo ottenuto la prima volta, successo dimostrato ai suoi occhi dalla seconda impressione della sua traduzione del Giovanni Battista di Giuseppe Battista.[5] Dunque la Pancarpia, pubblicata nel 1694, è il secondo libro dato alle stampe da Lopes Cabral, dopo il São João Baptista, pubblicato nel 1670 e ripubblicato nel 1691. Solo a pubblicazione avvenuta della Pancarpia Lopes Cabral si risolve a far stampare la sua traduzione della Maria Maddalena, seguendo in ciò un preciso disegno editoriale, com’egli spiega nella Introducção pelo Traductor ao Traduzido della Maria Magdalena, in un passo nel quale fornisce anche informazioni sui motivi che lo indussero a tradurre l’opera di Brignole Sale e sui tempi della traduzione:

Esta mesma para satisfação do meu desejo me deparou felizmente (assim como em outro tempo o livro que traduzi da vida do Sagrado Baptista) este livro da vida da Magdalena, poema tanto do meu agrado pela matéria, quanto da minha devoção pelo assumpto; nele há mais de vinte anos que comecei esta tradução, que ategora não dei à estampa, por me não parecer acertada a continuação de duas consonâncias, sem interposição de uma falsa: digo de duas traduções juntas sem mediar entre elas alguma composição que fosse de todo minha, e pode ser que fosse esta a principal razão de estampar em segundo lugar a I. Parte dos meus Sermões diferentes e intitulados, cujo nome é Pancarpia, ou Capella Flórida, Matizada e Odorifera, para que se visse que mais me obrigou a necessidade referida, do que me impeliu a jactância própria; mas como tive em ambos os livros bom successo, me pareceu dívida sair agora com esta segunda tradução e terceira obra […][6]

Questa medesima [ossia la figura della Maddalena quale Lopes Cabral la immaginava e quale finallora non aveva trovata ritratta da nessuno scrittore] per soddisfazione del mio desiderio me la mise felicemente davanti (così come in altro tempo il libro che ho tradotto sulla vita del Santo Battista) questo libro sulla vita della Maddalena, poema che mi va tanto a genio per la materia, quanto corrisponde alla mia devozione per l’argomento; più di vent’anni fa incominciai questa sua traduzione, che finora non ho dato alla stampa, non sembrandomi indovinata la contiguità di due consonanze, senza interposizione di una falsa: dico di due traduzioni unite, senza mettere in mezzo tra di esse qualche composizione che fosse del tutto mia, e può essere che fosse questa la principale ragione per far stampare al secondo posto la prima parte dei miei sermoni differenti e intitolati, il cui nome è Pancarpia, ou Capella Flórida, Matizada e Odorifera, perché si vedesse che mi obbligò di più la riferita necessità, di quanto mi spingesse la mia propria iattanza; ma dal momento che con entrambi i libri ebbi buon successo, mi è parso debito uscire ora con questa seconda traduzione e terza opera.


2. La Maria Magdalena s’inserisce con piena coerenza nel panorama delle traduzioni secentesche in portoghese. L’apporto di opere italiane a tale panorama è decisamente rilevante. Ma solo tre testi narrativi, e precisamente romanzeschi, compaiono in quell’apporto. Si tratta, oltre che della Maria Maddalena e del San Giovanni Battista, tradotti da Lopes Cabral, del Cappuccino scozzese di Giovan Battista Rinuccini. Pubblicato in italiano nel 1644, e presto tradotto in spagnolo (1647) e in francese (1650), Il cappuccino scozzese, apparve in portoghese nel 1657, nella traduzione di Diogo Gomes Carneiro, e poi, accresciuto di una seconda parte, e con la prima compendiata, nel 1667 per opera di Cristóvão de Almeida (con ristampe nel 1708 e nel 1749).
Che le tre opere romanzesche italiane tradotte nel secolo XVII in portoghese appartengano alla sfera religiosa non è casuale: si deve anzi pensare che esse furono tradotte non in quanto romanzesche, ma in quanto religiose.
La traduzione dall’italiano al portoghese per tutto il seicento e per i primi decenni del settecento s’indirizza, non dirò prevalentemente, ma poco meno che esclusivamente a testi religiosi. Questo indirizzo, pur rimanendo ben lontano dall’estinguersi, trova un significativo contrappeso solo con l’avvio di versioni di testi teatrali (Metastasio a partire dal 1735; Goldoni a partire dal 1768), mentre del tutto episodica è la parziale correzione da esso subita nei primi anni della Restaurazione, per l’attenzione rivolta a brevi testi legati all’attualità politica.
Una descrizione particolareggiata e documentata della situazione accennata sarebbe qui fuori luogo. Basti produrre qualche dato diciamo così ‘simbolico’.
In Portogallo il seicento si apre con la pubblicazione di una sola traduzione, le Meditações sobre os misterios da paixão, ressureção e ascensão de Christo nosso Senhor, com figuras e profecias do Testamento Velho e Documentos tirados de cada um dos passos do Evangelho. Recolhidas de diversoso Sanctos Padres e outros devotos Autores del gesuita Vincenzo Bruno (trad., accresciuta di altri luoghi biblici, del dottor Bras Viegas, 1601; riedita nel 1802 e nel 1833); e si chiude con la ristampa di una sola traduzione, la Declaraçam copiosa da doutrina christam (ed. orig. 1603) del cardinale Roberto Bellarmino (che è una traduzione di Felix Thomaz Correa non direttamente dall’italiano, ma dal testo castigliano di Luis de Vega, apparsa nel 1620, ristampata, oltre che nel 1700, nel 1705). Due opere italiane e due opere religiose e di ecclesiastici.
Più generalmente le traduzioni dalle lingue moderne (numerose, oltre che dall’italiano, dallo spagnolo) riguardano in forte prevalenza testi religiosi. Un altro dato ‘simbolico’. Nell’anno in cui compare la traduzione della Maria Maddalena, il 1695, si pubblicano o ripubblicano altre tre opere tradotte. Esse sono le Definiçoens moraes uteis e proveitosas para curas, confessores e penitentes del frate Cristovam de Aguirre, tradotte dal padre António de Araújo e apparse in portoghese nel 1680; la Guia para tirar as almas do caminho espaçoso da perdição, e dirigillas pelo estreito da salvação di Jean Hayneuf, tradotta dal gesuita Francisco de Matos;[7] O livro da oração commum e admnistração dos sacramentos e outros ritos & cerimonias da Igreja, conforme o uso da Igreja de Inglaterra, ossia il Prayer Book protestante.[8]


3. I pochi repertori che si occupano di António Lopes Cabral – dalla settecentesca Bibliotheca Lusitana al recente Dicionário cronólogico de autores portugueses [9] – ripetono sostanzialmente le scarse notizie che danno su di lui i frontespizi delle sue opere, dai quali si apprende che egli fu frate professo dell’Ordine di Cristo, cappellano del re Pedro II, direttore di coro e cantore della Cappella Reale, beneficiario delle chiese principali di Nisa, Tomar e Ponte de Lima. Aggiungono a queste la notizia della sua ascrizione all’Academia dos Singulares, che si desume dalla presenza di suoi componimenti nei volumi prodotti dalla medesima Accademia. Barbosa Machado informa anche che Lopes Cabral nacque a Lisbona il 21 settembre 1634 e vi morì il 26 dicembre 1698.
Un esame più ravvicinato degli scritti di Lopes Cabral consente di precisare qualche dato riguardante la sua vita e la sua carriera di letterato e di oratore.
Egli, come si è visto, nell’introduzione alla Maria Magdalena si dichiara autore di tre opere: le due traduzioni dei testi narrativi italiani e la raccolta delle sue prediche. Fu però autore anche di altri scritti ai quali, per la loro modesta consistenza e per essere editi in opuscoli o in sillogi accademiche, non attribuisce la dignità di ‘opere’.
La prima manifestazione pubblica dell’attività di scrittore di Lopes Cabral risale al 1661: un poemetto descrittivo e celebrativo dei festeggiamenti tenutisi nell’autunno di quell’anno in Lisbona per la conclusione degli accordi per il matrimonio tra Caterina, sorella del re di Portogallo Alfonso VI, e Carlo II d’Inghilterra. Del poemetto figurano autori Izandro, Aonio, Luzindo e Berardo, ciascuno dei quali racconta in prima persona una delle quattro giornate (dia) in cui il poemetto è diviso.[10] Nel 1665 Lopes Cabral dette alle stampe sotto il proprio nome un panegirico in sedici ottave al marchese di Marialva in occasione della decisiva vittoria di Montes Claros contro l’esercito spagnolo.[11] Nel frontespizio del Panegirico l’autore appare già frate professo dell’Ordine di Cristo; cappellano del re e cantore della Cappella reale, ma non ancora direttore del coro (chantre); beneficiario delle chiese di santa Maria di Tomar e di Ponte de Lima, ma non ancora di quella di Nisa.
Nel frattempo Lopes Cabral aveva partecipato attivamente alla vita di una delle accademie letterarie più importanti della Lisbona secentesca, quella dei Singolari.[12] Egli appare ben presente nei due volumi in cui l’Academia dos Singulares dette alle stampe — rispettivamente nel 1665 e nel 1668 — i frutti della attività da essa svolta negli anni accademici 1663‑1664 (diciotto riunioni, dal 4 ottobre 1663 al 24 febbraio 1664) e 1664‑1665 (altre diciotto riunioni, dal 19 ottobre 1664 al 9 febbraio 1665). Presiedette due sedute (il 24 febbraio 1664 e il 21 dicembre 1664), pronunciando in ciascuna di esse un discorso, e dando particolare prova d’ingegnosità barocca nel discorso del 24 febbraio, nel quale si propone in successione diversi argomenti da svolgere, ne accenna appena lo svolgimento, li abbandona uno dopo l’altro, e conclude paradossalmente che il reale argomento dell’orazione consiste nel chiedere perdono agli ascoltatori per non averla fatta. Nelle altre sedute intervenne frequentemente svolgendo con composizioni poetiche di vario metro, in portoghese e spesso in spagnolo, gli argomenti proposti all’esercizio accademico. Eccolo così, per esempio, celebrare con un sonetto in portoghese ciascuna delle inaugurazioni dei due anni accademici; cantare in ottave in spagnolo « uma dama que cegou de chorar uma ausência » (ossia, una dama che diventò cieca a furia di piangere l’assenza dell’amato); lamentare invece con ottave in portoghese la morte di una religiosa del convento di Santa Chiara in Lisbona, Brites da Glória, e la morte del conte di Soure, João da Costa; dedicare una romance in spagnolo a « uma dama que chorou tanto sobre o retrado do seu amante que lhe apagou a pintura » (« una dama che pianse tanto sul ritratto del suo amante che ne cancellò la pittura »), o una selva ancora in spagnolo al ratto di Elena, o due sonetti sempre in spagnolo all’amore che spinse Tisbe a uccidersi; comporre un canto giocoso in trenta ottave in portoghese, Serpentomaquia.[13]
Lopes Cabral prese parte anche con sei componimenti (cinque in portoghese e uno in spagnolo) a una raccolta poetica che i Singulares misero insieme nel 1670 per rendere omaggio a Bento Coelho da Silveira, il maggior pittore portoghese dell’epoca, e che è rimasta inedita fino ai nostri tempi.[14]
Nel 1670 fu pubblicata a stampa la traduzione del Giovanni Battista di Giuseppe Battista, compiuta però già nel 1668, come risulta dalle date delle approvazioni e licenze di stampa.[15] Lopes Cabral, che nel frontespizio della traduzione poteva ormai aggiungere agli incarichi e ai benefici a lui attribuiti dal frontespizio del Panegirico al marchese di Marialva anche quelli di direttore di coro della Cappella Reale e di beneficiario della chiesa di santa Maria di Nisa, così enunciava nel Prólogo al lettore le quattro ragioni che l’avevano indotto a tradurre Il Giovanni Battista:

foi a primeira a devoção, que sempre tive ao Grande Precursor, pois deve ser agigantada a devoção. Segunda a novidade do assumpto, pois não temos em romance cousa própria deste Santo, ou por medo da empresa, ou pela grandeza do assumpto. Terceira granjear a seu autor nestes reinos a parte dos aplausos que por sua elegância, pois é sublime, por seu estilo, pois é lacónico, por sua erudição, pois é sentenciosa, lhe tributa o mundo. Quarta por ser empresa conveniente à minha profissão, que tanto parece mal em um eclesiástico o profano quanto lhe está bem o sagrado (p. n. n., ma IX).

fu la prima la devozione che sempre ebbi per il Grande Precursore, poiché deve essere ingigantita la devozione. Seconda la novità dell’argomento, poiché non abbiamo in un racconto in volgare cosa propria di questo santo, o per paura dell’impresa, o per la grandezza dell’argomento. Terza guadagnare al suo autore in questi regni la parte degli applausi che per la sua eleganza, poiché è sublime, per il suo stile, poiché è laconico, per la sua erudizione, poiché è sentenziosa, gli tributa il mondo. Quarta per essere impresa conveniente alla mia professione, ché tanto mal compare in un ecclesiastico il profano quanto gli si addice il sacro.

Dunque ragioni devozionali, ragioni di convenienza morale e sociale, ragioni letterarie si erano assommate per spingere Lopes Cabral a dedicarsi a un lavoro che gli era costato assai in termini di tempo e di applicazione: del « dilatado tempo e continuado estudo » per condurre a compimento la traduzione parla egli nel Prólogo, dove pone in luce soprattutto due ordini di difficoltà incontrate nel corso di essa. Il primo ordine di difficoltà era strettamente linguistico ed eminentemente lessicale: i vocabolari toscani e i tesori della lingua si erano rivelati manchevoli di fronte alla singolarità e alla difficoltà della lingua usata da Giuseppe Battista. E tale manchevolezza — spiegava al lettore — era da porre in relazione con la forte differenza intercorrente fra la lingua delle regioni italiane: tra il toscano e il milanese — esemplificava — vi è più differenza che tra il portoghese e il castigliano. Il secondo ordine di difficoltà era intellettuale e stilistico: l’altezza dei concetti e la qualità figurata dell’elocuzione pretendevano un grande impegno di attenzione e di penetrazione. Ma poteva assicurare al lettore di aver raggiunto la perfetta comprensione degli elevati concetti dell’autore del romanzo (« o cabal conhecimento dos levantados conceitos de seu Autor ») e di non essersi lasciato sfuggire né una metafora, né un equivoco, né una contrapposizione, né una consonanza tra le parole (« não houve metáfora, nem equívoco, nem contraposição, nem harmonia de vocábulo que se ocultasse a minha diligência »).[16] Al termine del Prólogo Lopes Cabral dichiara al lettore che, essendo più potente su di lui il riconoscimento del merito altrui che la presunzione del merito proprio, ha anteposto la traduzione del Giovanni Battista a una sua opera che da tempo ha compiuta per offrirgliela un giorno o l’altro (« antepus esta tradução a uma obra minha, que há tempos tenho acabada para te oferecer algum dia »). Impossibile dire quale potesse essere tale opera, e persino se essa esistesse davvero: in seguito Lopes Cabral non vi accenna più. E pare troppo presto per pensare che potesse trattarsi di una sorta di Pancarpia in nuce, ossia di una raccolta di prediche molto più ridotta di quella che verrà pubblicata nel 1694, e che è l’unica opera che, come si è visto, Lopes Cabral considerava interamente sua (« de todo minha »).
La più antica predica conosciuta di Lopes Cabral risale infatti al 2 luglio del 1669: fu pronunciata in Lisbona, nella parrocchia di san Giuliano, per la festa dei chierici della Confraternita degli apostoli Pietro e Paolo. Essa è l’unica predica del 1669 contenuta nella Pancarpia. Nel suo insieme tale silloge documenta l’attività predicatoria di Lopes Cabral dal 1669 appunto al 1678. Raccoglie diciotto prediche per la maggior parte dette a Lisbona. Al 1670, come all’anno precedente, risale una sola predica. Segue poi il periodo di maggiore attività di Lopes Cabral come predicatore, che va dal 1671 al 1675 (con l’interruzione dell’anno 1674, al quale non è assegnata nessuna predica): al 1671 sono ascritte quattro prediche, e a ciascuno degli anni 1672, 1673, 1675 sono ascritte tre prediche; inoltre una delle prediche del 1672 e una delle prediche del 1673 fu pronunciata nella Cappella Reale alla presenza della famiglia reale. Al 1676 risalgono due prediche; nessuna al 1677; una infine al 1678.
A riguardare nel loro complesso i dati sommari che si sono finora esposti, Lopes Cabral appare un personaggio che tra la metà degli anni sessanta e il principio degli anni settanta si afferma sempre più saldamente nell’ambiente di corte e nei circoli intellettuali di Lisbona, in conseguenza anche della sua capacità di proporsi come uomo di religione e di cultura che all’abito devoto coerente con la sua professione di ecclesiastico sa unire un non disdicevole impegno di letterato moderno, a volte anche piacevolmente mondano. Da questa acquisita posizione pare svolgersi una carriera di scrittore e di predicatore destinata all’ascesa o almeno a un tranquillo decorso, quale è documentata fino verso la conclusione degli anni settanta dalla raccolta a stampa dei suoi sermoni. Ma tale carriera sembra interrompersi bruscamente: alla sequenza di scritti appartenenti al decennio 1661-1670, culminanti nella traduzione del Giovanni Battista, segue poco meno che un quarto di secolo di assenza di Lopes Cabral dal mondo della stampa. E quand’egli vi ricompare, con la Pancarpia nel 1694, lo fa con una raccolta di testi risalenti all’ormai alquanto remoto periodo 1669-1678.
Non è possibile affermarlo con certezza assoluta, ma è molto probabile che la causa di quella inattesa interruzione debba identificarsi in quell’« assombramento estuporoso », ossia — se ben interpreto l’elastica terminologia medica dell’epoca — una forma di paralisi parziale con intorpidimento mentale e immobilità e stupefazione nella fisionomia, di cui Lopes Cabral parla nella premessa al lettore della Pancarpia. Lì, dopo aver illustrato i modi con cui componeva e recitava le sue prediche, prosegue:

Neste tempo molestado com os cuidados de pregador, que não são pequenos para quem procura honra, e vive no século, com o continuado serviço da Igreja e com a regência do Collegio dos Tiples da Capela Real, que por então exercia, me assaltou de repente um assombramento estuporoso, que me deixou por muitos dias sem fala, e por muito tempo sem memória; prémio de quem neste século se estimula com o estudo, pois lhe succede, como ao orgulhoso Bombice, que não produz a sua seda sem juntamente lavrar o seu sepulcro; com que ficaram estes pobres papéis e o miserável pregador sumergidos no Letes do esquecimento, e com esta privação fiquei incapaz para sempre deste honroso, se árduo exercício de indigno Ministro da palavra evangélica. Mas depois que pela misericórdia de Deus me vi por algum tempo livre daquele letargo, me apareceram outra vez estes meus papéis como cousa má, pelo tédio que tenho às minhas obras.

In questo tempo molestato dalle cure di predicatore, che non sono piccole per chi cerca l’onore, e vive nel secolo, dal continuo servizio della chiesa e dalla direzione del Collegio dei Soprani della Cappella Reale, che all’epoca esercitavo, mi assalì repentinamente un assombramento estuporoso, che mi lasciò per molti giorni senza parola, e per molto tempo senza memoria; premio di chi in questo secolo si pungola con lo studio, poiché gli succede come all’orgoglioso bombice, che non produce la sua seta senza insieme fabbricarsi il sepolcro; per cui rimasero queste povere carte e il miserabile predicatore sommersi nel Lete dell’oblio, e con questa privazione rimasi per sempre incapace di questo onorevole, sebbene arduo, esercizio di indegno ministro della parola evangelica. Ma dopo che per la misericordia di Dio mi vidi per qualche tempo libero da quel letargo, mi apparvero di nuovo queste mie carte come cosa cattiva, per il tedio che ho delle mie opere.[17]

La rievocazione della malattia e delle sue conseguenze, mentre a illustrare il senso profondo di cui si carica agli occhi dello stesso scrittore si rapprende nell’emblema morale dell’« orgoglioso bombice », manca di precisazioni cronologiche (quando quell’assombramento estuporoso insorse, quanto tempo durò, quali fasi ebbe) che oggi riuscirebbero utili per ricostruire con maggior certezza la vita di Lopes Cabral. Rimane dunque un’ipotesi che la malattia che interruppe la sua carriera di predicatore e di scrittore colpisse Lopes Cabral intorno alla fine degli anni settanta: un’ipotesi però che sul fondamento dei dati a nostra disposizione appare assai credibile.


4. Per delineare alcuni aspetti delle inclinazioni letterarie e oratorie di Lopes Cabral e dei suoi legami con il mondo della predicazione italiana, aspetti che giovano a definire l’ambito di gusto in cui si colloca l’intrapresa della traduzione della Maria Maddalena, converrà soffermarsi un poco sulla raccolta delle sue prediche.
E intanto proprio sul frontespizio di essa: Pancarpia, ou Cappella flórida, matizada, & odorifera, Tecida com dezoito Sermões differentes, & intitulados; Guarnecida com flores Panegyricas, Moraes, & Metaphoricas; Dedicada ao Taumaturgo Lusitano S. António, para Diadema fragrante de seus inclyitus meritos; Escrita, & pregada por Fr. ANTONIO LOPES CABRAL, Freyre professo da Ordem de Christo, Capellão do número, & serviço del Rey D. PEDRO II. Chantre, & Cantor de sua Cappella Real, & Beneficiado nas tres Igrejas Matrizes das notaveis Villas de Niza, Thomar, & Ponte de Lima etc.
Di fronte a questo frontespizio vengono in mente – ed è significativo – quei paragrafi a cavallo tra i capitoli VII e VIII del Fray Gerundio de Campazas (1758) di José Francisco de Isla [18] nei quali sono riportati gli insegnamenti intorno alle ‘soglie’ dei libri (titoli delle opere, titoli degli autori, dediche, titoli e perifrasi per i destinatari delle dediche) impartiti a Gerundio dal “dómine” pedante e barocco da cui va a scuola di grammatica. Prima di tutti quelli che riguardano i titoli dei libri: « Para él no había cosa como un libro que tuviese título sonoro, pomposo y altisonante, y más si era alegórico y estaba en él seguida la alegoría ». E per ciò il “dómine” teneva in somma stima il Pentacontarco, un libro il cui titolo corrispondeva perfettamente al modello di titolo che gli era caro, e altri libri il cui titolo si adeguava a quel modello; mentre disprezzava i titoli semplici, naturali, immediatamente indicanti il contenuto, del « siglo de Augusto », quali Orationes Ciceronis o Historia Titi Livii. E lodando il titolo di un’opera di Heinrich Khuenrath, Amphitheatrum sapientiae aeternae […] instructore Henrico Cunrath, notava: « Después de haberla llamado a ésta [scil. obra] Anfiteatro, ¿qué cosa más aguda, ni más oportuna, ni más al caso que decir construido, fabricado, y no escrito ni compuesto por Enrique Conrath, siguiendo la alegoría hasta la última boqueada? Si éste no es primor, que me quiten a mí el crisma de la verdadera latinidad » (p. 293). Raccomandava poi che gli scrittori ponessero sul frontespizio di qualsiasi loro pubblicazione « todo lo que son y todo lo que fueron, y aun lo que pudieron ser, para que el lector no se equivoque y sepa quién es el sujeto que le habla » (p. 295).
Queste norme ironicamente esposte da Isla trovano esemplare corrispondenza nel frontespizio della raccolta di prediche di Lopes Cabral: dal titolo « sonoro, pomposo y altisonante », e grecizzante al modo di Pentacontarco, all’insistenza sull’allegoria « hasta la última boqueada » (se l’opera è una “ghirlanda”, capella, allora sarà “intessuta”, tecida, dai sermoni che la compongono e gli elementi panegirici, morali e metaforici in essa presenti saranno fiori che la guarniscono, guarnecida com flores, e servirà a sant’Antonio come diadema fragrante), alla scrupolosa menzione delle cariche dell’autore.
Ma nel caso della Pancarpia, i precetti esposti dal “dómine” del Fray Gerundio sono seguiti a puntino anche per la parte che concerne la dedicatoria:

ya se sabe que la entrada de toda dedicatoria ha de ser siempre exponiendo la causa impulsiva, que dejó sin libertad al autor, para emprehender aquella osadía; la cual causa nunca jamás ha de ser otra que la de buscar un poderoso protector contra la emulacion, un escudo contra la malignidad, una sombra contra los abrasados ardores de la envidia, asegurando a rostro firme que con tal mecenas no teme ni a los Aristarcos ni a los Zoilos; pues, o acobardados no osarán sacar las cabezas de sus madrigueras y escondrijos, o si tuvieran atrevimiento para hacerlo, serán Icaros de su temeridad, derretidas sus alas de cera a los encendidos centelleantes rayos de tan fogoso replandeciente padrino. (p. 308).

Nella dedica della Pancarpia a « Santo António, Mystica do Testamento Arca » si legge:

É a segunda a estimação que perdeu este livro, por minha ignorância, saindo em meu nome, mas por isto o coloco agora em vossos pés, para que vindo deles a vossas maõs, fique muito bem guardado nessa Arca Mystica do Testamento: que se nela se guardou a Lei, o maná e a vara, é certo que com o respeito da Lei, com o poder do maná, e com o temor da vara, não haverá Zoilo que se atreva a maldizer, nem Aristarco que se disponha a detrahir o que neste livro se vos consagra. Que se o rio Jordão suspendeu suas correntes só por não motivar com elas suas murmurações, porque estava à vista da Arca do Testamento (e por isso lhe chamaram Rio do Juízo: Fluvius judicii) dele deve ser privado quem se atreve a por defeitos nas alheas lucubrações (p. n. n., ma XV).

È la seconda [scil. cosa perduta, dopo la grazia di Dio] la stima che perdette questo libro, a causa della mia ignoranza, uscendo sotto il mio nome, ma per questo lo colloco ora ai vostri piedi, affinché passando da essi alle vostre mani, rimanga molto bene custodito in questa Arca Mistica del Testamento: che, se in essa si custodì la Legge, la manna e la verga, è certo per il rispetto della Legge, per il potere della manna, e per il timore della verga, non ci sarà Zoilo che si azzardi a dir male, né Aristarco che si disponga a detrarre ciò che in questo libro vi si consacra. Che se il fiume Giordano sospese le sue correnti solo per non causare con esse mormorazioni prodotte da lui, perché stava in vista dell’Arca del Testamento (e per questo lo chiamarono Fiume del Giudizio: Fluvius judicii), del giudizio deve essere privato chi si azzardi a trovar difetti nelle altrui elucubrazioni.

L’unica deroga rispetto alle norme dettate nel Fray Gerundio è che questa frase si trova in fondo, e non in principio, della dedicatoria.
Per mostrare quanto tipicamente già dalle “soglie” la raccolta di sermoni di Lopes Cabral appaia inserita nel settore della predicazione secentesca ritenuta più barocca e perciò più avversata da parte delle correnti razionalistiche e riformatrici del settecento, ho recato la testimonianza di Isla come più nota. Ma rilievi analoghi a quelli di Isla, e con simile valore probatorio, venivano anche dal mondo portoghese; a incominciare proprio da quel Barbadiño tanto satireggiato da Isla, ossia da Luís António Verney. Il quale, fra l’altro, nella sesta lettera del suo Verdadeiro método de estudar (1746), la seconda delle lettere dedicate alla retorica, individuava un difetto dell’eloquenza anche nei frontespizi dei libri; affermava che « nos títulos se mostra o juízo do autor », e, rilevato che «os títulos dos Antigos todos são simplezes », contrapponeva alla loro « nobre simplicidade » l’affettazione dei titoli moderni che si pretendevano « engenhosos ». E che il titolo di Cabral rientrasse a pieno in questa categoria ci viene confermato dalla esplicita menzione che di esso fa Manuel do Cenáculo nelle sue Memórias históricas do Ministério do púlpito (1776) tra i titoli delle raccolte di prediche riprovati perché esotici.[19]
Indicazioni più precise, più tecniche, circa l’impostazione della sua predicazione sono fornite dallo stesso Lopes Cabral nella premessa della Pancarpia, in un passo che ha per noi motivi di speciale interesse. Rivolgendosi al lettore, dice dei diciotto sermoni che compongono la raccolta:

Se os achares pequenos pela matéria, os Títulos com que se denominam os publicarão grandes pela forma, pois se intitulam com Metáphoras, Paradoxos, e Moralidades, que nos nossos escritos deste idioma só esta vez sairão a luz; mas é cousa muito vulgar entre os engenhosos e subtilíssimos Padres Italianos, de quem aprendi essa doutrina, como se pode ver no Padre António Glielmo da Congregação do Oratório nos dous tomos das Grandezas e Reflexos da Santissima Trindade, no P. João Azollini Clerigo regular na 1a, 2a e 3a parte das suas Orações regulares, e no Padre Scipião Paolucci nos seus Suspiros do mundo, e em muitos outros, os quais concluem por sem duvida que com estes títulos modelam muito melhor seus discursos, pois excluem com eles toda a diversão estranha à sua ideia; porque se a eleição dos títulos indiferentemente antes de se receber é livre, depois de abraçada não só persuade, mas necessita porque dirige: razão porque ordinariamente muitas agudezas que não frisam com o intento se deixam de admitir por alheias – que neste caso valem mais as antiquadas que por própria se conformam com o assunto, que as impróprias novidades que certamente alteram a direcção; e quem se regula pelo perpendículo do nível, sempre edifica estabilidade, mas quem voluntário fabrica sem prumo, ordinariamente constroe ruínas. (p. n. n., ma XVIII).

Se li troverai piccoli per la materia, i titoli con i quali si denominano li faranno conoscere grandi per la forma, poiché s’intitolano con metafore, paradossi e moralità, che nei nostri scritti in questa lingua vengono in luce solo questa volta; ma si tratta di cosa molto comune tra gli ingegnosi e sottilissimi Padri italiani, dai quali appresi questa dottrina, come si può vedere nel Padre Antonio Glielmo della Congregazione dell’Oratorio nei due tomi delle Grandezze e dei Riflessi della Santissima Trinità, nel Padre Giovanni Azzolini chierico regolare nella 1a, 2a e 3a parte delle sue Orazioni regolari, e nel Padre Scipione Paolucci nei suoi Sospiri del mondo, e in molti altri, i quali portano alla indubitabile conclusione che con questi titoli modellano molto meglio i loro discorsi, poiché con essi escludono tutte le diversioni estranee alla loro idea, perché se la scelta dei titoli indifferentemente prima di farsi è libera, una volta fatta non solo persuade, ma obbliga perché dirige: ragion per cui ordinariamente molte acutezze che non quadrano con l’intento si fa a meno di introdurle come estranee – che in questo caso valgono più quelle antiquate che come proprie si conformano all’argomento, che improprie novità che certamente alterano la direzione; e chi si regola con il perpendicolo della livella edifica sempre cose stabili, ma chi volontariamente fabbrica senza piombino ordinariamente costruisce rovine.

Lopes Cabral persegue con i suoi sermoni una forma di predicazione arguta e conformata a uno schema per il Portogallo innovativo, desunto dalla lezione dei Padri italiani, « engenhosos e subtilíssimos ». E tali sono davvero, secondo la misura secentesca di ingegnosità e sottigliezza, i Padri che egli nomina. Antonio Glielmo, nato a Napoli nel 1596 e lì morto nel 1644, oratoriano dal 1616, lettore di filosofia e teologia, oltre che celebre predicatore fu anche poeta. Autore di due poemi in ottave, ciascuno di cinque canti, Il Calvario laureato e Il Diluvio del Mondo, introdusse versi anche nelle sue opere predicatorie: nelle Grandezze della Santissima Trinità (II ed. Napoli 1639) pose in apertura un panegirico in ottave, prendendo poi da ciascuna ottava le mosse per un’orazione; nei Riflessi della Santissima Trinità (II ed. Napoli 1646), enunciato in italiano il tema della predica (con titoli quali La nave in porto, L’onnipotenza impotente, La galleria delle stravaganze, L’incredula credenza), tra esso e la predica interpose un’ottava.[20] Giovanni Azzolini, nato a Mesagne (Salento), teatino dal 1611, laureato in teologia nel 1621, morto a Sorrento nel 1655, ebbe grande successo con le sue Orazioni sacre, la cui prima parte apparve a Napoli nel 1633, e le cui altre due parti apparvero, con il titolo di Paradossi rettorici, sempre a Napoli nel 1647, e che furono più volte ristampate fino al 1669, soprattutto a Venezia[21]. Scipione Paolucci, nato a Napoli nel 1610 e lì morto nel 1665, gesuita dal 1625, insegnante di letteratura, filosofia, teologia, Sacra Scrittura, fu autore, oltre che dell’opera menzionata da Lopes Cabral (I sospiri del mondo per la nascita del Verbo Eterno al rimedio de’ mali cagionatili dal peccato originale, con un sermone della medesima Festa, Napoli, Gaffaro, 1655), di Panegirici sacri apparsi in tre decadi (la prima pubblicata a Napoli da Gaffaro nel 1649; la seconda e la terza a Venezia da Storti, rispettivamente nel 1662 e nel 1663)[22].


5. A dare esempio di come Lopes Cabral attuasse nella concretezza della sua predicazione lo schema di discorso che si proponeva a modello viene qui opportunissimo, perché dedicato a Maria Maddalena, il sermone XII della Pancarpia, pronunciato nella parrocchia di san Nicola a Lisbona il lunedì della Settimana Santa del 1672. Il tema biblico è offerto da Luca, 7: Lacrimis coepit rigare pedes ejus. Ma il perno su cui si regge e attorno a cui ruota il sermone è il titolo, metaforico e iperbolico: A inundação. Della struttura complessiva del sermone dà idea il sommario con cui si trova registrato nell’indice:

com três discursos. O primeiro mostrará como as lágrimas da Magdalena para lavar suas culpas foram dilúvios; e o segundo, como para satisfazerem sua pena foram mares; e o terceiro, como para lhe adquirirem a graça foram rios; com que foram uma inundação estas lágrimas (p. n. n., ma XXIII).

in tre discorsi. Il primo mostrerà come le lagrime della Maddalena per lavare le sue colpe furono diluvi; e il secondo, come per soddisfare la sua pena furono mari; e il terzo, come per acquistarle la grazia furono fiumi; col che furono una inondazione queste lagrime.

La predica s’imposta subito sul registro metaforico. Appena evocate, le lagrime della Maddalena suscitano questi apprezzamenti:

com estas lágrimas tanto rubou a Magdalena o coração a Christo, que não só alcançou de sua misericordia o perdão de tantas culpas, Remittuntur ei peccata multa, mas também logrou os favores da sua graça, Vade in pace; e que muito que tanto alcançassem de Christo as lágrimas da Magdalena, se eram pérolas que guarneciam o campo encarnado de seu pejo; raios de prata chorados por dous sóis lagrimosos; e setas de vidro, que sendo frágil, penetram os corações mais duros, e por isso não faltou que lhe chamasse orientais pérolas, línguas mudas, e vapores internos, que por serem sangue do coração, suores d’alma, feudos amorosos, afectos destilados, e orvalho de esperança, se prezam de serem filhas da dor, antípodas do riso, e rios da mágoa, e ultimamente seu valor é tão grande, que chegam a fazer guerra ao mesmo Reino da paz? (p. 236)

con queste lagrime tanto rubò la Maddalena il cuore a Cristo che non solo riuscì a ottenere dalla sua misericordia il perdono di tante colpe, Remittuntur ei peccata multa, ma anche conseguì i favori della sua grazia, Vade in pace; e che meraviglia che tanto riuscissero a ottenere da Cristo le lagrime della Maddalena, se erano perle che adornavano il campo rosso della sua vergogna; raggi d’argento pianti da due soli lagrimosi; e saette di vetro che essendo fragili penetrano i cuori più duri, e per ciò non mancò chi le chiamasse perle orientali, lingue mute, e vapori interni; che per essere sangue del cuore, sudori dell’anima, feudi amorosi, affetti distillati e rugiada di speranza, si pregiano di esser figlie del dolore, antipodi del riso, e fiumi dell’afflizione; e finalmente il loro valore è così grande che giungono a far guerra allo stesso Regno della pace?

Dopo queste battute d’apertura, il predicatore prende a dimostrare la tesi del primo discorso – che le lagrime per lavare le colpe furono diluvio –, argomentando nel modo seguente. L’evangelista, indicando il principio del pianto della Maddalena, dice Lacrymis coepit. Sembrerebbe più logico che dicesse che il pianto era incominciato con una sola lagrima, e poi finito con tante lagrime. Ma proprio perché

nos quis persuadir que as lágrimas da Magdalena logo em seu princípio foram dilúvios, logo no princípio lhe chamou muitas, Lacrymis. E lagrimas que na presença de Christo logram o epíteto de muitas, não podem deixar de ser dilúvios (p. 237).

ci volle persuadere che le lagrime della Maddalena subito dal loro principio furono diluvi, subito nel principio le chiamò molte, Lacrymis. E lagrime che alla presenza di Cristo ottengono l’epiteto di molte non possono mancar d’essere diluvi.

Eccone la prova. Il profeta Isaia annunciò a Ezechia la sentenza di morte, e dice la Bibbia che pianse il re un mare di lagrime: Flevit Ezechias fletu magno. Ma la stessa Bibbia dice che Dio chiamò quel pianto una sola lagrima: Vidi lacrymam tuam. Se quel pianto, che era stato un mare, alla presenza di Dio apparve una sola lagrima, quale mai dovette essere il pianto della Maddalena per apparire alla presenza di Dio tante lagrime: un diluvio appunto.
È appena il caso di notare che l’argomentazione di Lopes Cabral si regge su astuzie e ambiguità: la Bibbia non dà l’epiteto di “molte” alle lagrime della Maddalena; il lacrymam tuam del IV Libro dei Re è un singolare collettivo o una metonimia per ‘pianto’; “alla presenza di Dio” (« na presença de Deus ») significa una volta ‘in una scena svoltasi davanti a Cristo e riferita per voce di Luca’, e l’altra volta ‘agli occhi di Dio, e per sua voce’.
Dopo aver sostenuto che la Maddalena pianse più di ogni altro santo, Lopes Cabral rende ragione morale del diluvio di lagrime che ella versò e lo amplifica paragonandolo al diluvio universale:

Chorou a Magdalena dilúvios de lágrimas, porque cometeu dilúvios de culpas; e assim havia de ser, porque só com dilúvios de lágrimas se afogam inundações de ofensas. Universal foi o dilúvio do mundo grande porque foi também universal a culpa dos homens: Omnis caro corruperat viam suam. E se as culpas da Magdalena, mundo pequeno, foram semelhantes aos pecados daquele mundo grande, claro está que se foi inundação aquele dilúvio, que haviam de ser dilúvios estas lágrimas, lacrymis; e senão, comparemos um dilúvio com outro dilúvio. Se no dilúvio universal se afogaram os vícios mais torpes nos homens mais obstinados, neste dilúvio de lágrimas sepultaram-se as culpas mais detestáveis na pecadora mais pública; se naquele dilúvio se viu a face do Ceu emmascarada de nuvens, que pelas roturas vomitavam inundações de agua, neste dilúvio viu-se o rosto da Magdalena inundante de lágrimas, que de tropel corriam dos seus olhos; se naquele dilúvios caíam as aguas, para que caísse o mundo, neste caíam as lágrimas, para que caíssem as ofensas; naquele dilúvio ficaram as flores ultrajadas, com a veemência dos chuveiros, neste ficaram as perfeições da Magdalena defuntas, com a multidão das correntes; naquele dilúvio caíam a pedaços os mais levantados chapitéis, neste caíam despenhados os mais altos pensamentos; se naquele dilúvio as árvores que com mais constância resistiam aos alentados espíritos do rijo vento, descarnadas as raízes, rolavam nos espumosos torrentes, neste dilúvio não só caiu a árvore em que a culpa reverdecia, mas também se arrancaram as raízes, em que a ocasião se estribava: que não basta que a culpa arruine, se a ocasião permanece (pp. 239-240).

Pianse la Maddalena diluvi di lagrime perché aveva commesso diluvi di colpe; e così doveva essere, perché solo con diluvi di lagrime si affogano inondazioni di offese. Universale fu il diluvio del mondo grande perché anche la colpa degli uomini fu universale: Omnis caro corruperat viam suam [Gen. 6]. E se le colpe della Maddalena, mondo piccolo, erano state somiglianti ai peccati di quel mondo grande, è chiaro che se fu inondazione quel diluvio, dovevano essere diluvi queste lagrime, lacrymis; e altrimenti, compariamo un diluvio con l’altro diluvio. Se nel diluvio universale si affogarono i vizi più turpi negli uomini più ostinati, in questo diluvio di lagrime si seppellirono le colpe più detestabili nella peccatrice più pubblica; se in quel diluvio si vide la faccia del cielo mascherata di nuvole, che dagli squarci vomitavano inondazioni d’acqua, in questo diluvio si vide il viso della Maddalena inondante di lagrime, che tumultuosamente scorrevano dai suoi occhi; se in quel diluvio cadevano le acque a fine che cadesse il mondo, in questo cadevano le lagrime a fine che cadessero le offese; in quel diluvio rimasero i fiori oltraggiati, per la violenza degli acquazzoni, in questo rimasero le perfezioni della Maddalena estinte, per la moltitudine delle correnti; in quel diluvio cadevano a pezzi i più elevati capitelli, in questo cadevano precipitando i più alti pensieri; se in quel diluvio gli alberi che con più costanza resistevano agli spiriti pieni di lena dell’aspro vento, scalzate le radici, rotolavano negli spumosi torrenti, in questo diluvio non solo cadde l’albero sul quale la colpa rinverdiva, ma pure si strapparono le radici, nelle quali l’occasione si appoggiava: che non basta che la colpa rovini, se l’occasione permane.

A conferma dell’ultima affermazione Lopes Cabral produce esempi biblici dai quali si vede che occorre eliminare non solo la colpa ma anche l’occasione che possa far ripetere la colpa. Oltre a ciò, bisogna riparare adeguatamente i danni cagionati dalla colpa. Perché – si domanda il predicatore – le acque del diluvio universale superarono di quindici cubiti i monti più alti? Per purificare l’aria appestata dalle colpe degli uomini – è la sua risposta, che gli consente di insistere sul carattere diluviale delle lagrime della Maddalena (« Oh quantos requisitos de dilúvio tiveram as lágrimas da Magdalena! pois não só afogaram as culpas como delinquentes, mas também regaram os pés de Christo como ofendidos », p. 242: « Oh quanti requisiti di diluvio ebbero le lagrime della Maddalena! poiché non solo affogarono le colpe come delinquenti, ma pure innaffiarono i piedi di Cristo come offesi »), e di aprirsi così la via, in conclusione del primo discorso, alla ripresa e all’amplificazione del paragone tra il diluvio universale e il pianto della Maddalena:

Mas assim havia de ser, que se naquele dilúvio toda a terra se converteu em mar, neste dilúvio toda a Magdalena se converteu em pranto; se naquele dilúvio saiu o mar dos abismos, neste saíram as pérolas das conchas; se naquele dilúvio navegaram os peixes donde pastavam os quadrúpedes, neste reinou o choro donde triunfava o riso; se naquele dilúvio bateram os remos no mesmo lugar que abriram os arados, neste cobriram os cilícios o que algum tempo adornaram as telas; e ultimamente, se naquele dilúvio se salvou a arca por inculpável e se afogaram os homens por dissolutos, neste dilúvio de lágrimas sumergiu‑se a Magdalena pecadora, e salvou‑se a Magdalena penitente, Lacrymis (pp. 242-243).

Ma così doveva essere, che se in quel diluvio tutta la terra si convertì in mare, in questo diluvio tutta la Maddalena si convertì in pianto; se in quel diluvio uscì il mare dagli abissi, in questo uscirono le perle dalle conchiglie; se in quel diluvio navigarono i pesci dove pascevano i quadrupedi, in questo regnò il pianto dove trionfava il riso; se in quel diluvio batterono i remi nel medesimo luogo che avevano aperto gli aratri, in questo coprirono i cilici quello che per qualche tempo avevano adornato le tele; e finalmente, se in quel diluvio si salvò l’arca come incolpevole e affogarono gli uomini come dissoluti, in questo diluvio di lagrime si sommerse la Maddalena peccatrice, e si salvò la Maddalena penitente.

Il secondo discorso si apre con l’affermazione che le lagrime della Maddalena furono un mare perché la sua contrizione non fu meno che un mare, dal momento che fu « contrizione di mare, o di Maria, che vale lo stesso ». E prosegue con il quesito: perché la Maddalena manifestò la sua contrizione con lagrime e non con parole? Risposta, fondata su esempi biblici: perché la contrizione che si manifesta con lagrime è più nobile.
Continua con l’osservazione che con il suo silenzio sulla fine del pianto della Maddalena l’Evangelista volle farci intendere che esso fu un mare, poiché del mare tutti sanno dove comincia e nessuno sa dove finisce. A rafforzare questa osservazione è svolto, in maniera del tutto analoga a quella tenuta nel comparare le lagrime della Maddalena al diluvio universale, un paragone tra il pianto della Maddalena e l’Oceano. Il paragone si conclude con l’evocazione di materie preziose:

aquele Oceano na bonança é escasso de suas riquezas, mas na tormenta com liberalidade dispensa a suas praias não só a fina pérola, o precioso ouro, o vermelho coral, o aromático âmbar, mas também a purpúrea concha; e este mar de Maria, em quanto na calmaria do ócio até de uma vista de olhos era avara para Deus, mas tanto que na tormenta de sua contrição começou a repetir lágrimas como ondas, logo liberalmente arrojou aos pés de Christo nas lágrimas as pérolas, nos cabelos o ouro, nos lábios o coral, nos aromas o âmbar e no alabastro a concha: Lacrymis coepit rigare pedes ejus, capillis tersit, osculabatur et unguento ungebat. Oh que grande mar o destas lágrimas! mas oh que grande contrição a desta penitente! e se foi tão grande sua contrição, que muito que fossem tantas estas lágrimas! pois só com um mar de lagrimas se satisfaz um mar de contrição (p. 245).

quell’Oceano nella bonaccia è scarso di sue ricchezze, ma nella tempesta con liberalità dispensa alle sue spiagge non solo la fine perla, il prezioso oro, il rosso corallo, l’aromatica ambra, ma pure la purpurea conca; e questo mare di Maria, mentre nella calma dell’ozio persino di uno sguardo era avara verso Dio, non appena che nella tempesta della sua contrizione cominciò a far seguire lagrime a lagrime come onde, subito liberalmente scaraventò ai piedi di Cristo nelle lagrime le perle, nei capelli l’oro, nelle labbra il corallo, negli aromi l’ambra e nell’alabastro la conca: Lacrymis coepit rigare pedes ejus, capillis tersit, osculabatur et unguento ungebat. Oh che grande mare quello di queste lagrime! però oh che grande contrizione quella di questa penitente! e se fu tanto grande la sua contrizione, che meraviglia mai che fossero tante queste lagrime! poiché solo con un mare di lagrime si soddisfa un mare di contrizione.

Ricollegandosi a quest’ultima battuta, Lopes Cabral dimostra attraverso esempi biblici (Pietro che vuole raggiungere sulle acque Cristo; Davide che invoca acqua che lo lavi) che più grande è la contrizione e più si richiede acqua che mondi dai peccati.
Pone poi il problema « se a Magdalena intenta banhar os pés de Christo com as lágrimas de seus olhos, para que enxuga aquelas plantas com o ouro dos seus cabelos? » (246: « se la Maddalena vuole bagnare i piedi di Cristo con le lagrime dei suoi occhi, perché asciuga quelle piante con l’oro dei suoi capelli? »). E vede anche in ciò una prova che fu mare la contrizione della Maddalena: « porque se o mar recebe nos rios aquela mesma água que ministra às fontes, o mar da contrição da Magdalena também recebia em rios nos cabelos a mesma água que tinha ministrado às fontes de seus olhos » (« perché se il mare riceve nei fiumi quella medesima acqua che somministra alle fonti, il mare della contrizione della Maddalena riceveva anch’esso in fiumi nei capelli la medesima acqua che aveva somministrato alle fonti dei suoi occhi »).
Il terzo discorso mostra che furono anche fiumi le lagrime della Maddalena poiché nelle loro placide correnti le portarono piene di grazia.
Lopes Cabral si domanda come poterono le lagrime, salate, avere il potere dei fiumi, dolci; e dopo questa si pone altre interrogazioni di analogo tenore, dandosi sempre risposte ‘acute’, che non importa qui riferire. Si noterà invece che in questo terzo discorso vi è una ripresa con amplificazione, ‘esaggerazione’ per dirla alla maniera secentesca, del motivo, già nei discorsi precedenti enunciato e svolto, della mutazione della Maddalena:

se no século entrançava madeixas, na penitência espalhou desenganos; se no século as conservava em ouro, na penitência as trocou em prata; se no mundo rompia galas, na penitência cingia cilícios […] A culpa fez a Magdalena ignorante, mas a graça a fez entendida, Ut cognovit; a culpa fez a Magdalena avarenta, mas a graça a fez liberal, Attulit alabastrum; a culpa fez a Magdalena instrumento do demónio, a graça a fez exemplo de penitência, Vides hanc mulierem; a culpa fez a Magdalena ingrata, mas a graça a fez agradecida, Coepit rigare pedes; a culpa fez a Magdalena escrava, mas a graça a fez livre, Vade in pace […] (p. 250).

se nel secolo intrecciava trecce, nella penitenza sparse disinganni; se nel secolo le manteneva d’oro, nella penitenza le mutò in argento; se nel mondo rompeva gale [ossia, logorava ornamenti sfarzosi), nella penitenza cingeva cilici […] La colpa fece la Maddalena ignorante, ma la grazia la fece conoscitrice, Ut cognovit; la colpa fece la Maddalena avara, ma la grazia la fece liberale, Attulit alabastrum; la colpa fece la Maddalena strumento del demonio, la grazia la fece esempio di penitenza, Vides hanc mulierem; la colpa fece la Maddalena ingrata, ma la grazia la fece grata, Coepit rigare pedes; la colpa fece la Maddalena schiava, ma la grazia la fece libera, Vade in pace […].

Dopo aver rilevato che le lagrime della Maddalena riuscirono efficaci perché la peccatrice non pianse, come fece Gerusalemme, la pena invece della colpa, ma pianse la colpa prima della pena, e aver portato esempi biblici del potere delle lagrime, Lopes Cabral, in conclusione del terzo discorso e della predica, rivolge un’esortazione agli uditori e una apostrofe alla Maddalena. Nell’esortazione agli uditori, li invita a imitare la Maddalena nelle lagrime, giacché l’hanno imitata nella colpe; nell’apostrofe alla Maddalena chiede la sua intercessione e riprende i motivi guida della predica:

Ó gloriosa Magdalena, pois vossas lágrimas foram dilúvios para as culpas, mares para a contrição, e rios para a graça, fazei que nossas lágrimas, como mar leite, se entrem pelo mar roxo daquele divino sangue, para que vá nosso pranto de mar a mar; fazei que para imitar vos seja nosso arrependimento verdadeiro, nossos propósitos firmes, e nossa contrição intensa, para que nossas lágrimas, como dilúvios, afoguem nossas culpas; como mares satisfaçam nossas penas; e como rios nos granjeiem a graça, que é penhor da Glória (p. 254).

O gloriosa Maddalena, dal momento che le vostre lagrime furono diluvi per le colpe, mari per la contrizione, e fiumi per la grazia, fate che le nostre lagrime, come mar latteo, penetrino nel mar rosso di quel sangue divino, perché vada il nostro pianto da mare a mare; fate che per imitare voi sia il nostro pentimento vero, i nostri propositi fermi, e la nostra contrizione intensa, affinché le nostre lagrime, come diluvi, affoghino le nostre colpe; come mari soddisfino le nostre pene; e come fiumi ci acquistino la grazia, che è pegno della Gloria.


6. La predica sulla Maddalena offre l’opportunità anche per alcuni rilievi sull’impostazione complessiva dell’oratoria di Lopes Cabral che possono valere per l’insieme dei suoi sermoni. Innanzi tutto, l’esibita coesione del testo in rispetto all’enunciato del titolo e del sommario è in buona parte speciosa, o meglio ingegnosa, poiché si fonda largamente sullo scambio tra senso proprio e senso metaforico. Del resto su tale scambio si fonda generalmente l’argomentazione di Lopes Cabral, che in tal modo si mostra ben partecipe per quel gusto dell’equivoco su cui tanto punterà, con acume ma non senza pedanteria, la critica razionalistica (in particolare sulla Maddalena come fonte di metafore si soffermerà il Muratori, nell’ultima parte del capitolo IV del libro II della Perfetta poesia italiana, nella quale sono « posti alla coppella » sofismi di Tesauro e di Artale fabbricati sopra immagini fantastiche prendendo per vero intellettuale e reale ciò che è solamente vero o verisimile alla fantasia).
Poi è da notare l’applicazione insistente della tecnica del “reparo”, di cui, nella predica sulla Maddalena, questo è un esempio fra tanti:

Diz nosso Evangelista que Christo repreendeu a Simão porque chamou peccadora à Magdalena: Quia peccatrix est. Isto suposto, pergunto: Se foi delito no Fariseu chamar à Magdalena pecadora, quia peccatrix est, como chama hoje o nosso Evangelista pecadora à Magdalena, Mulier, quae erat in civitate peccatrix? Se há repreensões de Christo para o Fariseu, porque não há também amoestações do Espírito Santo para S. Lucas? Notai, e achareis que não foi culpa em S. Lucas o que no Fariseu foi delito […] (p. 249).

Dice il nostro Evangelista che Cristo riprese Simone perché chiamò peccatrice la Maddalena: Quia peccatrix est. Ciò supposto, domando: Se fu delitto da parte del Fariseo chiamare la Maddalena peccatrice, quia peccatrix est, come mai chiama oggi il nostro Evangelista peccatrice Maddalena, Mulier, quae erat in civitate peccatrix? Se ci sono riprensioni di Cristo al Fariseo, perché non ci sono anche rimproveri dello Spirito Santo per san Luca? Osservate, e troverete che non fu colpa in san Luca ciò che nel Fariseo fu delitto […].

“Reparo” è termine tecnico dell’oratoria sacra nella Penisola Iberica. Come tale non è registrato nello spagnolo Diccionario de Autoridades (1737); ma sì nel portoghese Vocabulário Portuguez e Latino di Rafael Bluteau (1720): « Reparo do Pregador. A dúvida que move a inteligência de algum lugar da sagrada Escritura, ou a Reflexão que faz sobre alguma circunstância do dia, tempo, lugar etc. do Sermão » (« Reparo del Predicatore. Il dubbio che solleva all’intelligenza di qualche luogo della Sacra Scrittura, o la Riflessione che fa su qualche circostanza del giorno, del tempo, del luogo, ecc. del Sermone »). Il “reparo” era soggetto a critiche nell’ambiente iberico dell’epoca di Lopes Cabral. Basti ricordare quella autorevolissima del più grande predicatore portoghese, António Vieira, che, discorrendo della mancanza d’attenzione degli uditori durante le prediche, denunciava: « A culpa tem a pouca e viciosa Rhetórica dos que, para dizerem alguma cousa, sempre a dificultam primeiro, e depois a resolvem, com que sem pregunta e resposta não ha conceito, nem os ouvintes pelo costume percebem o que se diz » (« La colpa ce l’ha la scarsa e viziosa retorica di quelli che, per dire una cosa, sempre la rendono difficoltosa da principio, e poi la risolvono, così che senza domanda e risposta non c’è concetto, e per l’abitudine gli uditori non capiscono ciò che si dice »)[23].
Poi ancora l’adozione di una sintassi nella quale parte preponderante hanno strutture accumulative e parallelistiche: una sintassi studiatissima nella sua meccanica monotonia, che ostenta tutte le rispondenze del suo impianto, rilevate da giochi di analogia o di opposizione semantica. Contro tale tipo di sintassi si era levata la critica del padre Vieira nel sermone Semen est verbum Dei, dedicato all’arte della predicazione e pronunciato nella Cappella Reale nel 1655, nel quale fra l’altro è detto:

O pregar há-de ser como quem semeia, e não como quem ladrilha ou azuleja. Ordenado, mas como as estrelas: Stellae manentes in ordine suo […]. Não fez Deus o céu em xadrez de estrelas, como os pregadores fazem o sermão em xadrez de palavras. Se de uma parte há-de estar branco, da outra há-de estar negro; se de uma parte dizem luz, da outra hão-de dizer sombra; se de uma parte dizem desceu, da outra hão-de dizer subiu. Basta que não havemos de ver num sermão duas palavras em paz?[24]

Il predicare deve essere come l’opera di chi semina, e non di chi mette le piastrelle o gli azulejos. Ordinato, ma alla maniera delle stelle: Stellae manentes in ordine suo […]. Non ha fatto Dio il cielo in forma di scacchiera di stelle, come i predicatori fanno il sermone in forma di scacchiera di parole. Se da una parte ci deve essere bianco, dall’altra ci deve essere nero; se da una parte dicono luce, dall’altra devono dire ombra; se da una parte dicono scese, dall’altra devono dire salì. Ma è possibile che non possiamo vedere in un sermone due parole in pace?

Ho riferito parole di Vieira, come prima parole di Isla e di Vernei e di Manuel do Cenáculo, per i suggerimenti che possono fornire, insieme con le riportate dichiarazioni del medesimo Lopes Cabral circa i suoi modelli e i suoi schemi oratori, per una collocazione non del tutto generica della predicazione di lui nell’ambito della predicazione della sua epoca. A questo fine è senz’altro rilevante anche la divisione dei sermoni in tre ‘discorsi’ che Lopes Cabral applica poco meno che costantemente (solo due sui diciotto sermoni della Pancarpia sono divisi non in tre ma in due discorsi), per quanto di questa divisione non si possa dare una interpretazione sicura a causa di incertezze che permangono anche in riguardo al problema della partizione e in particolare della tripartizione delle prediche nella attuale conoscenza della predicazione barocca portoghese e delle quali non è il caso di riferire qui.[25]


7. Ciò che si è finora detto intorno al gusto e alla scrittura di Lopes Cabral e al suo “italianismo” credo che possa sufficientemente descrivere i fondamenti, le inclinazioni e le prospettive con cui egli si dette alla traduzione della Maria Maddalena di Brignole Sale. Traduzione che, come si è visto, dichiara – e la dichiarazione appare credibile – di aver intrapreso più di vent’anni prima del tempo in cui la fece stampare, e dunque intorno al 1675.
Secondo ciò che confessa nella introduzione alla Maria Magdalena, l’opera di Brignole Sale esercitò su di lui attrazione innanzi tutto per ragioni contenutistiche e devozionali. L’immagine della Maddalena tracciata da Brignole Sale – si dice in quella Introduzione – come grandissima peccatrice, il cui perdono è prova grandissima della clemenza divina, corrisponde all’immagine che del personaggio propongono gli Evangelisti e i Padri della Chiesa, e alla quale egli, Lopes Cabral, sempre si mantenne fedele, rifiutando la tesi degli interpreti che pretendono che, per essere stata la Maddalena di sangue nobile, il peccato di lei non fosse andato oltre la vanagloria e l’amore di lussi eccessivi. D’altra parte proprio la sua devozione alla Maddalena – aggiunge Lopes Cabral – gli rese più leggera l’impresa di tradurre il romanzo di Brignole Sale, perché in essa trovò per « polo » a quella devozione un autore di gran nome, tanto per la nobiltà letteraria che si acquistò, quanto per il sangue illustre che ereditò.
Impresa che in ogni modo gli richiese molta fatica per le difficoltà linguistiche e stilistiche (« estilo lacónico e muito conciso, e dificultoso a elevados entendimentos »: « stile laconico e molto conciso, e difficoltoso per gli intelletti elevati ») dell’originale, e che egli portò a compimento attraverso un duplice impegno: di profonda immersione nello spirito dell’opera, e di puntualità nella resa di tutti gli elementi patetici e retorici che in essa compaiono. Alla fine del « grandíssimo trabalho » (« grandissimo lavoro ») affrontato per la comprensione di un dettato che aveva scoraggiato « muitas pessoas de grande engenho e maior suposição » (« molte persone di grande ingegno e che davano più grandi aspettative ») le quali gli consta che avevano tentato di fare l’opera da lui compiuta senza riuscirvi, può vantarsi di aver espressa nella sua traduzione « a alma do texto com todas as suas potências » (« l’anima del testo con tutte le sue potenze »), e in particolare « todas as paronomásias, as imitações e notáveis invenções, com todos os afectos italianos e acidentes retóricos » (« tutte le paronomasie, le imitazioni e le notevoli invenzioni, con tutti gli affetti e gli accidenti retorici che sono nell’italiano »). E può proclamare pregi della sua traduzione l’intelligenza piena dell’originale e insieme la chiarezza interpretativa:

Deste [ossia, del libro di Brignole Sale] colhi o seu conceptuoso e substancial espírito, tenteando‑lhe até a íntima medula, e não foi pouco extrai-la da matéria escura da lingua genovesa, para altilocamente a patentear a quem a ignora, e para ainda agradar aos que a entendem, pois é certo lhe não será insípido lerem este extracto bem digesto, para o que usei algum dom de claridade que dizem foi Deus servido conceder‑me (pp. n. n., ma XV-XVI)

Del libro di Brignole Sale ho colto lo spirito concettoso e sostanziale, sondandolo fino all’intima midolla, e non è stata poca cosa estrarre quella midolla dalla materia oscura della lingua genovese, per esporla con stile magniloquente a chi ignora tale lingua, e anche per fare cosa gradita a coloro che la intendono, perché è certo che non sarà senza gusto che essi leggeranno questo estratto ben digesto, per ottenere il quale usai quel qualche dono di chiarezza che dicono Dio si sia compiaciuto di concedermi.

Aggiunge ancora che, se non si era applicato a tradurre le eccellenti poesie intercalate alla narrazione, come non necessarie a essa, questa l’aveva tradotta in maniera piuttosto diffusa e comprensibile (« esta a traduzi algum tanto difusa e perceptível »).


8. La comprensione del preciso significato della frase appena riferita verrà dalla concreta individuazione della maniera in cui Lopes Cabral tradusse la Maria Maddalena. Per tentare tale individuazione prenderò le mosse da un campione della traduzione piuttosto esteso, e che servirà da punto d’avvio per vari tipi di osservazioni.[26]

Or dunque adorna Maddalena di tante doti, cominciò a fastidire l’abitazione di Maddalo. Conosceasi troppo nobile scena per teatro così angusto come un castello. Non già che le venisse meno niun di quegli agi che pendono dal crine d’una buona Fortuna. Palagio magnifico, supelletile preziosa, giardini, boschetti, fontane, tutti prometteano a lei quell’amenità che temean di perder quando avessero perduta lei. Ma ella, a cui come femina di gran cuore le angustie infino allora sofferte sotto la custodia d’una madre guardinga avean servito perché poscia il fuoco della gioventù sboccasse più impetuoso, sotratta alle materne correzioni, era come una rosa la quale, dopo d’esser sorta fuori delle spine che la chiudevano, sfavilla tutta per la brama d’esser veduta. Quindi tutto ciò di sue delizie che la confortava al fermarsi, serviale per istimolo del dipartirsi. Ornada a Magdalena com tantos dotes de natureza, começou a aborrecer a habitação de Magdalo julgando-se espectáculo mui grande para theatro tão pequeno, sendo que neste lhe não faltavam para sua vanglória todos aqueles adornos que costumam pender de um frágil cabelo da inconstante fortuna; porque palágio magnífico, alfaias preciosas, jardins alegres, bosques sombrios, e fontes claras, todas lhe prometiam aquela amenidade, que só temiam perder quando ele lhe negasse a sua adorada presença. Mas a Magdalena sendo de altivo coração, não pode tolerar que as estreitezas daquele castelo, até então sofridas debaixo da custódia de mãe vigilante, lhe servissem de cárcere, sem que o fogo da mocidade exalasse com mais ímpeto por isento da materna correcção; bem como a rosa, que depois de se ver livre das espinhas que a prendem, explica a ânsia de ser vista, fazendo pública pompa de nácar, vistosa gala de púrpura. E portanto aquelas mesmas delícias que podiam ser motivos para satisfeita a sossegarem, lhe serviam de maiores estímulos para que mais depressa se partisse.
Se moveva i passi in mezzo a righe d’alberi che i lati difendessero d’alcun viale, vedendoli starsi pur ritti sì come rustici, correva col pensiero verso gl’inchini che in passando avrebbe avuto dalle turbe de’ cavalieri. Se in alcun giardino studiava nell’ordine de’ fiori una matematica amena, mentre da lusinghe di zefiri loro non offesi rimirava, ma rabbelliti, argomentava che anche il fiore virginale d’una donzella da sospiri degli amanti era abil a ricever più vaghezza che pregiudizio. Stimava convenirsi i lodatori a giovanette tenere, massime caste, quallora ponea mira gli augelletti più che al dì cresciuto far encomi all’albe, maggiormente a quelle ch’erano più immacolate. Se per avventura s’abbattea col volto sopra una fonte, e ritratta in lui scorgeva la sua sembianza, rimaneva per un poco sospesa, poscia favellava fra sé medesima: «E a cui son io bella? Forse a questo fonte, che al mio volto insegna d’essere communicabile col raddoppiarlo? Se a fiori e agli augelli i testimoni del mio merito deono restringersi, a prove troppo lievi e troppo fragili s’appoggiano le glorie mie. Emmisi natura dimostrata cortese. Or non è ingratitudine nasconder i benefici in luogo di predicarli? […] (I, 21-33)Se movia os passos por entre as árvores, que defendiam os lados de alguma verde rua, vendo que aquelas se ficavam em sua presença imóveis como rústicas, apelava logo para as corteses inclinações que pelas ruas de Jerusalém lhe tributariam os urbanos cortesãos. Se no jardim estudava na ordem das flores vistosa mathemática, vendo que aquelas com as brandas respirações do Zéphiro acquiriam fragrância com o movimento, argumentava que também a flor virginal de uma donzela, agitada com os lisonjeiros suspiros dos amantes, avançaria em seu movimento mais fragrância para a estimação que prejuízo para o decoro. Tinha para si que também a beleza, como a virtude, se devia aumentar com o louvor, maiormente em donzelas de menor idade; e corroborava este seu conceito com ver que as aves só dão salva sonora, não ao Sol crescido, mas ao Sol infante. Se inclinava o rosto sobre a clara fonte, vendo nela retratado, seu semblante, suspendida de si mesma ao Narciso, entre si dizia: «Porque hei de ser bella só para esta fonte, se ela mesma procura que me communique, pois me retrata? Se as flores e as aves hão‑de ser somente as testemunhas de minhas perfeições, com frágil autoridade se prova mi-nha beleza, com débil testemunho se autoriza minha fermosura. Se a natureza se mostrou cortês comigo em dar‑me tantas prerrogativas, será bem ocultar suas liberalidades ingrata, devendo publicar seus dons agradecida? […] (4-6)

L’osservazione che per prima, seguendo la progressione del testo, viene fatta nel comparare il brano originale e la sua traduzione è di natura sintattica. La parte iniziale del brano italiano, costituita da quattro periodi distinti, viene nella versione portoghese rifusa in un solo ampio periodo. Da una struttura sintattica coordinante si passa a una struttura sintattica subordinante nella quale i legami tra i periodi originali vengono stabiliti attraverso la trasformazione delle forme verbali e dei modi fraseologici originali in gerundi (Conosceasi: julgando-se; Non già che le venisse meno: sendo que neste lhe não faltavam), e l’introduzione di un porque. Sono così portati alla luce o istituiti in forma esplicita nessi causali-esplicativi che l’originale sottintendeva, e il franto periodare italiano è disciolto in un giro discorsivo più ampio e riposato.
Il caso esaminato di modificazione sintattica è tutt’altro che unico. Se Lopes Cabral per lo più rispetta le scansioni sintattiche del testo italiano, nei non rari suoi interventi su di esse opera di regola nella direzione appena indicata. Ossia unisce periodi distinti rilevando i rapporti di interconnessione logica tra di essi. Così, lega insieme piccole unità nell’italiano sintatticamente coordinate mediante congiunzioni causali-esplicative come “porque” o “pois”. Per fare un paio d’esempi, « Noi donzelle siamo come i pavoni. Tutta la nostra gloria sta in portare mille occhi adosso » (I, 76) diventa « Nós as donzellas, amiga, somos como o pavão, porque toda a nossa glória consiste em trazermos muitos olhos nas espaldas » (13); « Come ha sostenuto la terra di portar l’abisso sopra di sé? Anche de’ dannati sono stata rifiuto » (I, 272) diventa « Como sofre a terra o ter sobre si o abismo, pois até dos mesmos danados sou vil desprezo? » (50).
Ma congiunzioni sono introdotte anche a saldare tra di loro più estesi periodi italiani e a denunciare la dipendenza logica dell’uno dall’altro. Si guardi per esempio all’introduzione di un portanto in questo brano: « E confondendosi tra sé medesima come avesse mai potuto offender tanto un Dio così dolce, caddele in pensiero che apunto quello stesso letto dov’ella era prostesa, mille volte avea servito con lascivie indegne per ministro principale delle sue colpe. Punta dall’infame memoria, non tardò a balzarne fuori più che se veduto avesse in lui divincolarsi groppi di vipere » (I, 276-277). Il punto di passaggio tra un periodo e l’altro è rielaborato in questa forma da Lopes Cabral: « […] suas culpas; e portanto compungida […] » (51).
I tipi di rielaborazione finora segnalati rientrano come modalità specifiche in un più vasto orientamento della traduzione di Lopes Cabral sul piano sintattico: l’orientamento a sciogliere e ad ammorbidire quel che vi è di maggiormente conciso e secco nella sintassi dell’originale.
Si prenda per esempio il luogo della Maria Maddalena nel quale sono riferite le risposte che la « giovane e nobil donna » che si trova a essere vicina di casa della protagonista in lutto dà alle domande di questa intorno alla vita mondana di Gerusalemme:

Alle vane curiosità di Maddalena sodisfaceva pienamente la nuova amica: Gerusalemme abondare d’ogni delizia […] Le bellezze delle donne grandissime e, se non tali, ch’ella avesse a temer di cedere, tali almeno che le fosse gloria inestimabile il superare. Permettersi il farne pompa, l’esser vaga di vaghi, né men che ad altri, convenirsi ciò alle donzelle. « Non possono », dicea colei, « gli occhi danneggiar l’onestà, la quale, come gemma di pregio, ha d’uopo d’esser guardata » (I, 70-74).

La sintassi è tesa e segnata da movimenti inaspettati. Sia nel complesso del brano, per quell’allinearsi battente di frasi brevi e per quel passaggio ex abrupto dal discorso indiretto al discorso diretto; sia in singole frasi, per l’ellissi del verbo nella frase « Le bellezze delle donne grandissime […] », e per la sinchisi della frase successiva, nella quale oltretutto vi è una sorta d’illusionismo sintattico, creato dalla battuta d’apertura che per la sua apparente conformità alle proposizioni infinitive assolute cui segue appare di primo acchito appartenere alla loro categoria. Si guardi come la versione portoghese, pur conservando l’improvvisa commutazione da discorso indiretto a discorso diretto, per il resto elimini o attenui quel che vi è di più duro e imprevedibile nell’andamento sintattico:

afirmava a vangloriosa amiga que em Jerusalém abundavam as delícias […] acrescentava que as damas daquela corte tinham de beleza o que bastava para fazer famosa aquela cidade; porém que não eram belezas a quem a da Magdalena temesse ceder, mas que granjearia notável excelência se delas com a sua fermosura soubesse triunfar. « Luzir com toda a pompa e presumir de bela entre fermosas é brasão que só convém ao estado de donzela, porque mal podem os olhos prejudicar a sua honestidade, pois esta como jóia de tanto preço necessita de que sempre a guardem, trazendo-a diante dos olhos » (12).

La progressione « afirmava » - « acrescentava » (“affermava” - “aggiungeva”) esplicita la qualità di discorso riferito delle battute e introduce nella loro successione una pausa; congiunzioni avversative e causali-esplicative (« porém », « mas », « porque », « pois ») intervengono per articolare il discorso e legare frasi nell’italiano giustapposte; la frase « Permettersi il farne pompa […] » è resa in una forma che ne cancella l’impervietà originaria, e nella quale le proposizioni infinitive iniziali non hanno nessuna, sia pur temporanea, ambiguità, perché non tengono dietro ad altre proposizioni infinitive con diversa funzione sintattica.
La volontà di congiungere mediante l’introduzione di un « porque » due frasi nel testo italiano separate porta Lopes Cabral a rendere nella versione la frase « Permettersi il farne pompa […] » in forma di discorso diretto, quand’essa aveva nell’originale forma di discorso indiretto. Di questo tipo di passaggio come pure del suo inverso ci sono altri casi. Per esempio, Brignole Sale riferisce gli argomenti usati dagli « amatori » della Maddalena per persuaderla a concedersi in forma di discorso indiretto: « L’onore star posto nella buona opinione altrui, il diletto nell’appagamento proprio […] » (I, 172[2]), e Lopes Cabral muta in forma di discorso diretto: « A honra – diziam – consiste na boa opinião dos outros, o gosto estriba na complacência própria […] » (32). E invece quando Brignole Sale in una accentuazione patetica della narrazione passa dal racconto in terza persona al racconto sotto forma di discorso diretto alla sua protagonista: « Infelice Maddalena. E che fu poi quando, per la più fidata delle tue ancelle, ei fè darti in mano fogli amorosi […] » (I, 142), Lopes Cabral, pur conservando l’intonazione accorata dell’originale, ne rifiuta il passaggio al discorso diretto, continuando il racconto in terza persona: « Oh infelice Magdalena! E que seria quando pela mais íntima das criadas lhe foi entregue um bilhete amoroso […] » (26).
Per concludere le considerazioni riguardanti la sintassi, rimane da dire che nei casi in cui Lopes Cabral introduce frammentazioni sintattiche assenti dall’originale, esse di regola rispondono all’intento di spezzare periodi di notevole estensione e si inseriscono in una complessiva riformulazione sintattica del contesto in cui intervengono, rispondente alla volontà di articolarlo in maniera più evidente. Si confronti, per esempio, il seguente brano italiano:

Così avvenne. Col possesso cominciò la brama a intepidirsi nel giovanetto, o almeno a imaginar più saporite le sue dolcezze se facesse loro il condimento l’invidia altrui. Quel sentir tutto giorno che i rivali, quasi sommità delle speranze, s’auguravano qualche particella di que’ favori ch’eran gli ornamenti più leggeri delle sue gioie, quell’udir estrarre dalla sorte umana e porre in cielo qual giammai fosse per giungere al possesso di Maddalena e sapere d’esser ei desso, erano una lusinghiera ma efficace tortura, che se lui non induceva ad una aperta confessione, cavava però certi detti equivochi, certo narrar di fatto senza persone, come suol usare chi tacendo vuol farsi intendere, cioè chi vuol mancar di fede senza tradire (I, 160-162).

con il corrispondente brano portoghese:

Assim sucedeu: porque como no mancebo a posse começou a diminuir-se o desejo, entendeu que seriam mas saborosas suas delícias, se o picante da alheia inveja servisse de salsa a seu enfastiado apetite; e por isso quando ouvia aos competidores prognosticar-se maiores esperanças de alguma limitada porção de favor (cousa que já não tinha lugar em sua estimação) via-se em grande perigo seu silêncio. Quando ouvia abstrair da sorte humana e colocar no Céu aquele que fosse tão feliz que chegasse a possuir a Magdalena, vendo-se ele feliz possuidor, e sem poder publicar-se, padecia tão eficaz tormento, que, se o não induzia a uma pública confissão, ao menos arrancava-lhe do peito certas equívocas razões, certo narrar de facto sem declaração da pessoa, como sempre costuma o usar quem calando quer que o entendam; vem a ser, faltar a fé sem cometer traição (30-31).

Da un lato, il lungo periodo italiano « Quel sentir […] tradire » viene spezzato in due tronconi, assegnati a diversi periodi, ma saldamente relati tra di loro dalla anafora (« quando ouvia ») resa perfetta per l’eliminazione della disiunctio (« quel sentir » - « quell’udir ») che era nella corrispondente anafora dell’originale. D’altro lato, viene ridotta la divisione sintattica presente nella parte iniziale del brano italiano, con la fusione in un unico periodo, mediante l’introduzione di nessi causali (« porque », « por isso »), dei primi due periodi e del troncone iniziale del periodo spezzato. Dunque la spezzatura del periodo « Quel sentir […] tradire » rientra in un piano di riscrittura sintattica mirante a una sorta di medietas tra misure più frammentarie e misure più estese, e a una articolazione del discorso in cui snodi e corrispondenze abbiano gran risalto. Un piano riferibile alla medesima inclinazione che ha determinato la fusione in unico periodo dei quattro periodi con cui si apre il campione testuale dal quale è partito il confronto tra originale e traduzione della Maria Maddalena.


9. A quel campione testuale ora conviene tornare per altri ordini di osservazioni. Ci si trattenga solo al primo periodo portoghese di tale campione e si vedrà il « crine » dell’originale diventato « fragil cabelo »; i « giardini », « jardins alegres », i boschetti, « bosques sombrios »; le « fontane », « fontes claras ». L’attribuzione di epiteti a sostantivi che nell’originale ne siano privi è una tendenza assai marcata in Lopes Cabral, poco meno che un automatismo per il quale al nome viene accoppiato un aggettivo ovvio e esornativo, ed è conforme al suo modo di scrivere (nella predica sulla Maddalena s’è vista, per esempio, la serie « a fina pérola, o precioso ouro, o vermelho coral, o aromático âmbar, […] a purpúrea concha »). Per ciò, poco oltre nel campione testuale in esame, i « sospiri » degli amanti diventano « lisonjeiros suspiros » e il « fonte » « clara fonte ». E basta che Lopes Cabral incontri il « lusso » (II, 21) perché lo trasformi in « pomposo luxo » (66), il « dolore » (II, 24) perché lo trasformi in « intensa dor » (67), il « silenzio » (II, 69) perché lo trasformi in « mudo silêncio » (77), le « speranze » (III, 212) perché le trasformi in « futuras esperanças » (192), la « primavera » (III, 276) perché la trasformi in « florida Primavera » (206), la « gioventù » (III, 277) perché la trasformi in « fresca mocidade », i « gelsomini » (III, 299) perché li trasformi in « cândidos jasmins » (212). Se poi incontra insieme l’aratro e il giglio, dice il primo “rustico” e il secondo “bianco”: la similitudine « quasi dall’aratro succiso giglio » (II, 112) diventa « como branco lírio a quem conculcou rústico arado » (86).
In alcuni dei casi finora riferiti l’aggettivazione introdotta da Lopes Cabral risponde anche all’intento di colorire con sfumature patetiche o morali i sostantivi. Altrove l’intento di esprimere attraverso l’aggettivazione introdotta riprovazione morale e religiosa è determinante: così i « discorsi » (I, 171) dei corteggiatori della Maddalena per indurla a peccare divengono « conversações torpes » (32) e i « concetti » (I, 175) usati dagli stessi corteggiatori per il medesimo fine divengono « diabólicos conceitos » (33); le « due mani » (I, 309) della Maddalena divengono « duas mãos tão perversas » (58); il « labbro » (III, 212) di Giuda diviene « infame boca » (192). Un intento opposto, di ossequio religioso, detta l’introduzione di altri aggettivi: quelli, per esempio, che degli originali « Gesù » (II, 45), « giudice » (detto di Cristo, II, 48), « apostoli » (II, 49), « eucarestia » (III, 340) fanno « Divino Jesus » (71), « recto juiz » (72), « Sagrados Apóstolos » (72), « Sagrada Eucaristia » (222).
L’introduzione di aggettivi assenti nel testo italiano è solo uno dei modi in cui esso viene ampliato nella traduzione. Un modo diverso è esemplificato in quel passo del brano qui assunto a campione testuale in cui la Maddalena è paragonata a « una rosa la quale, dopo d’esser sorta fuori delle spine che la chiudevano, sfavilla tutta per la brama d’esser veduta ». Lopes Cabral nel rendere in portoghese la comparazione oltre a intensificare l’immagine dell’uscita della rosa dalle spine, rappresentando quell’uscita non come un ‘sorgere’ ma come un ‘liberarsi’ (« livre ») di un fiore non ‘chiuso’ ma ‘imprigionato’ (« prendem »), vi aggiunge figurazioni fastose e splendenti, rappresentando la rosa far pubblica pompa di madreperla, vistosa gala di porpora. Più avanti nello stesso brano l’immagine della Maddalena « per un poco sospesa » allo scorgersi specchiata in una fonte viene glossata con un accostamento a Narciso (« ao Narciso », ossia « al modo di Narciso, come Narciso ») assente nell’originale. Il testo italiano in questi casi suscita figurazioni e analogie nella mente di Lopes Cabral che egli crede di immettere direttamente nell’opera tradotta, come arricchimento o svolgimento estetico dell’originale.
In altri casi il testo italiano provoca da parte del traduttore aggiunte che hanno lo scopo di perfezionare l’originale sotto il profilo della comprensibilità logica, della coerenza argomentativa, per meglio esplicitarne il senso – quel senso, ovviamente, che vi coglie lo stesso traduttore, e che non sempre a noi può apparire il senso vero. Per esempio, il seguente passo della descrizione della Maddalena « Era grande e a meraviglia ben formata della persona. La proporzione delle sue parti veniva atteggiata da una leggiadria di maniere per modo tale, che non sai se più fosse reso armonioso il movimento dal mobile o ‘l mobile dal movimento » (I, 14-15) viene reso in traduzione « Era avultada de corpo, e maravilhosa na pessoa, sem que o grande diminuisse o perfeito, porque a proporção das partes era adornada de uma bizarria tão airosa, que não sei se fazia mais harmonioso o movimento que o móbil; ou o móbil mais que o movimento » (3). L’aggiunta della frase che ho posta in evidenza con il corsivo (« senza che la grandezza diminuisse la perfezione ») serve, nell’ottica di Lopes Cabral a più chiaramente stabilire un legame di consequenzialità tra i due periodi del testo originario, consequenzialità rilevata dal « porque » attraverso la cui aggiunta essi, secondo un caratteristico modo di procedere del traduttore qui già sufficientemente documentato, sono fusi in un unico periodo: la « bizarria tão airosa », ossia l’eleganza così leggiadra (corrispondente alla « leggiadria di maniere » dell’originale), sarebbe qui evocata esattamente per precisare per qual motivo l’imponenza della persona non toglieva grazia armoniosa alla Maddalena, come forse si sarebbe potuto pensare. Per la verità, non pare che tra le due frasi originarie vi sia la connessione che suppone Lopes Cabral, quasi la seconda volesse correggere implicazioni non in tutto positive della prima. Ma non tanto ciò importa, quanto il fatto che a produrre l’aggiunta sia stata la volontà di rendere evidenti fila del tessuto discorsivo a giudizio di Lopes Cabral sottintese nel testo italiano. L’indiscutibile impegno interpretativo di Lopes Cabral appare particolarmente sfortunato nel caso di questo passo, poiché riesce deluso anche di fronte alle ultime linee di esso, fraintese perché tradotte come se volessero dire che la Maddalena aveva una eleganza talmente leggiadra da non sapere se questa faceva più armonioso il movimento che il mobile o viceversa. A postuma consolazione dell’antico traduttore si può notare che anche la moderna e attenta commentatrice della Maria Maddalena fraintende il significato di quelle linee.[27]
Vi sono aggiunte che rispondono a un medesimo tempo a intenti di esplicitazione del significato e a intenti di abbellimento retorico. La considerazione della Maddalena, nella parte conclusiva del brano dal quale ha preso avvio il confronto tra originale e traduzione, « a prove troppo lievi e troppo fragili s’appoggiano le glorie mie » suona nella versione portoghese « com frágil autoridade se prova minha beleza, com débil testemunho se autoriza minha fermosura ». La versione determina più precisamente (che non vuol dire correttamente) il senso di « glorie mie », sostituendo a esse « beleza » e « fermosura »; e insieme atteggia la sintassi secondo quel gusto di parallelismi e di corrispondenze che si è individuato in Lopes Cabral predicatore. La natura eminentemente retorica dello xadrez de palavras, della scacchiera di parole, è qui resa del tutto palese dal ricorso a sinonimi (« frágil » e « débil »; « beleza » e « fermosura ») per conferire al periodare pienezza e simmetricità.
Un ulteriore tipo di aggiunte di Lopes Cabral è di carattere narrativo: sono aggiunte che si configurano come ampliamenti del racconto originario. Un esempio di questo tipo di aggiunte è offerto dal luogo del romanzo in cui sono narrati i « mille andirivieni » dei corteggiatori della Maddalena attorno alle mura della casa di lei in Gerusalemme. Dopo aver detto di questi andirivieni, Brignole Sale prosegue:

[Maddalena] con loro ammirazioni pagava gli obblighi da sé dovuti e confessati alla sua beltà.
Essi conoscean d’aver mirato veramente baleni poiché avevan ricevuto saette. Guatavansi l’un l’altro in viso, sì come attoniti. Apresso passando dalli stupori alle lodi, confondeansi nel concepire quegli accoppiamenti di raggi e tenebre, di gramaglie e tesori, di dolor e beatitudine, e ne argomentavan che anche i cieli avesser le lor chimere (I, 52-53).

A questo passo corrisponde nella versione portoghese:

com suas admirações satisfazia agradecida os encómios devidos e confessados à sua beleza.
Não havia hora vaga que aqueles amantes não sacrificassem a seu desejo vagando aquela rua, em que suas esperanças lhes prometiam a posse de uma desejada vista. Viam, mas logo lhes pesava de haverem visto, pois quando buscavam a vista de uns olhos que ministrassem alívios, encontravam com dous raios que despediam setas; e passando de admirados a especulativos, confundiam-se de verem unidos em um sujeito luzes e trevas, lutos e galas, tristeza e alegria; e daqui argumentavam que também no céu havia quimeras […] (9)

Il testo originario è qui riformulato, con alcune omissioni (la più vistosa è la soppressione del periodo « Guatavansi l’un l’altro in viso, sì come attoniti »), ma soprattutto con un ampliamento che estende la narrazione, svolgendola e particolareggiandola nei suoi termini fattuali e psicologici (« Non c’era ora libera che quegli amanti non sacrificassero al loro desiderio percorrendo quella strada, nella quale le loro speranze promettevano loro il possesso di una vista desiderata. Vedevano, ma subito pesava loro l’aver visto, poiché quando cercavano la vista di occhi che somministrassero sollievi, s’incontravano con due raggi che emettevano saette »), e che non è esente da giochi di parole (la paronomasia tra vaga e vagando; o la combinazione di paronomasia e poliptoto nella serie vista, viam, visto, vista, verem).
Un ultimo tipo di aggiunte si potrebbero definire ‘compensative’, perché si verificano in corrispondenza di omissioni, e particolarmente in corrispondenza delle omissioni delle parti poetiche della Maria Maddalena, che, come s’è accennato, non sono tradotte da Lopes Cabral. Stando a ciò che egli dice nell’Introduzione, perché, per quanto eccellenti (« excellentes »), le parti poetiche non pertengono propriamente alla narrazione, non sono necessarie a essa (« não pertencem a série da sujeita narração »). A questa motivazione, pienamente autorizzata da dichiarazioni dello stesso Brignole Sale nell’indirizzo al lettore della Maria Maddalena (8-9), credo sia senz’altro da affiancarne un’altra: la comprensione di quelle parti presenta difficoltà non comuni, e non solo per un lettore straniero. L’omissione delle parti poetiche, peraltro, crea spesso qualche problema di sutura nel testo prosastico in prossimità delle zone in cui esse compaiono, come notava il traduttore francese della Maria Maddalena, Pierre de S. André, che aveva fatto la medesima scelta di Lopes Cabral di non tradurre tali parti, e che avvertiva il lettore che in conseguenza di ciò si era « contenté d’ajouter ou changer en ces endroits quelques petis mots, pour la liaison des matières ».[28] Ad aggiustamenti nei punti di sutura tra testo prosastico e testo poetico ricorre frequentemente pure Lopes Cabral. Di essi interessano qui quelli che comportano anche aggiunte al testo originario. È tale, per esempio, l’aggiustamento apportato dal traduttore al seguente brano della zona conclusiva della Maria Maddalena, brano che annuncia e precede immediatamente un componimento poetico:

Tale fu la vita della innamorata penitente per lo corso di trenta anni continui. Dopo i quali conciofosseché stimasse di poter oggimai chiedere con libertà, senza incorrer nota di temeraria, quinci avvalorò in siffatta guisa le amorose impazienze del viver più, ch’ella trabboccava col suo Cristo in impeti somiglianti (III, 311).

A questo brano corrisponde nella versione portoghese il seguente:

Tal foi a vida da enamorada penitente no discurso de trinta anos contínuos em fluxos de favores e em refluxos de esquivanças. Depois dos quais, parecendo-lhe que podia pedir com mais liberdade sem encorrer em nota de temerária, requereu, esforçando em semelhante modo a sua súplica, alegando ao seu Querido as amorosas impaciências que lhe causaria mais dilatado viver; porque para quem ama ao excessivo, só quem lhe dá morte lhe conserva a vida, e só lhe tira a vida quem lhe nega a morte. (215)

La conclusione di questo brano risponde, più che alla necessità di creare un ponte per valicare verso la continuazione prosastica il vuoto lasciato dall’omissione dell’intermezzo poetico, all’intento di offrire una piccola compensazione per quell’omissione. L’aggiunta di Lopes Cabral (« a chi ama all’eccesso, solo chi gli dà la morte gli conserva la vita, e solo gli toglie la vita chi gli nega la morte »), infatti, rielabora volgendolo a senso in parte diverso, ma con puntualissime riprese, ed esaltandone l’impostazione antitetica e paradossale, il finale del capitolo in terzine dantesche che segue il brano. In quel finale la Maddalena, rivolgendosi alle anime del Paradiso da lei elette quali sue interceditrici presso Cristo, chiede « Ditegli che in giù guardi e me rimiri: / vegga del viver mio qual sia la sorte. / Quindi a sé, se può farlo, ei non mi tiri, / ma m’uccida negandomi la morte » (III, VI, 91-94).


10. Se, rispetto al testo italiano, non pochi sono gli ampliamenti di vario carattere e di varia entità che la versione portoghese introduce, non poche sono pure le riduzioni che essa opera, al di là di quelle dipendenti dalla sistematica soppressione delle parti in versi. Anche le riduzioni hanno vario carattere e varia entità.
Alcune sono puntuali e di scarso rilievo, e forse dipendono dal fatto che Lopes Cabral ritiene trascurabili taluni punti dell’originale. Esempi di modeste riduzioni sono i seguenti (ho posto in corsivo le porzioni testuali prive di corrispettivo portoghese):

a Lazaro alcune ricche possessioni che avean contigua Gerusalemme (I, 5)a Lazaro copiosas herdades (2)
col comporre un giorno d’ore amorose a lei, ch’ella, quando che fosse, componesse un giorno d’ore felici ad essi (I, 64)compondo eles um dia de horas amantes para ela, compusesse ela um dia de horas felizes para eles (10)

Vi sono però anche riduzioni di maggior momento sia per estensione che per rilevanza contenutistica. Come la seguente:

[…] nobilitano i peccati con dilicatezza di stile
e li autorizzan coll’essempio d’uomini grandi.
Anzi, sopra le colpe altrui fondano la propria
gloria, allora si stiman buoni quando fanno cattivo, e allora pregiansi di loro chimere quando altri, di lettore divenuto lor personaggio, con le sue prevaricate azioni ad istoria viene a traportare la favola.
Quivi entro profanava Maddalena (I 82-83)
    […] enobrecem os peccados com dilicadeza de estilo, e os autorizam com exemplos de pessoas grandes, para fazerem vangloriosa a culpa. Neste profanava a Magdalena (14-15)

Qui alla porzione del testo originale omessa (quella che ho posto in corsivo) corrisponde una minima aggiunta (la frase che ho posto in corsivo nel testo portoghese: « per fare vanagloriosa la colpa »), inadeguatamente compensativa, certo, dell’omissione, ma almeno segnalatrice di uno scrupolo del traduttore a seguito dell’omissione, di un suo tentativo di ripararla sia pure parzialmente. È probabile che l’omissione sia stata determinata dalla difficoltà di comprendere il dettato del Brignole Sale, come sembra mostrare anche la frase introdotta in corrispondenza del periodo soppresso, tanto più elementare in confronto di quel periodo.
Una analoga difficoltà potrebbe aver determinato l’omissione seguente, che riferisco come esempio di soppressione totale: della battuta italiana che ho posto in corsivo nella traduzione non rimane nulla, in nessun modo ne è tentata una sostituzione:

[…] uno diceva. Altri seguiva: « Ben girava Venere tutto il suo cielo per l’idea de’ genitori che la produssero ». Soggiungeva alcuno che aveva strane contrade peregrinato […] (I 124)[…] dizia um. Outro que havia peregrinado muitos tempos por países distantes dizia entre si […] (23) [30]


11. Come si è visto, Lopes Cabral garantisce al lettore della Maria Magdalena, come aveva garantito anche al lettore del São João Baptista, di aver prestato la massima attenzione alle figure retoriche dell’originale. Né questa speciale assicurazione stupisce da parte di uno scrittore del gusto e delle tendenze di Lopes Cabral e di fronte a un romanzo quale la Maria Maddalena di Brignole Sale. Nel caso di quel testo e di quel traduttore, la resa delle figure retoriche nella versione è un aspetto che merita una particolare attenzione, e su di esso ci si soffermerà ora specificamente.
Per la verità, l’assicurazione di Lopes Cabral al lettore della Maria Magdalena suona ancora più assoluta: nella traduzione del romanzo egli ha espresso « todas as paronomásias, as imitações e notáveis invenções, com todos os afectos italianos e acidentes retóricos » presenti nell’originale. Questa assicurazione, parlando rigorosamente, non corrisponde a verità: nella traduzione portoghese non ci sono tutte le figure retoriche che sono nel testo italiano. Ma, in qualche modo, non è neanche una pura menzogna, perché nella traduzione portoghese non vi sono meno figure retoriche di quante ve ne sono nel testo italiano. Ciò perché se nella traduzione alcune figure retoriche dell’originale vanno perdute, nuove figure retoriche vengono acquistate.
Così, per esempio, Lopes Cabral procura un decremento del tasso metaforico del testo quando traduce « [il peccato della Maddalena] qual cosa lubrica, leggermente sdrucciolò per bocca di molti giovani » (I, 164) in « como cousa lúbrica, logo se divulgou pela boca de muitos » (31); o « gli strali delle lingue linguacciute e mormoratrici » (I, 174) in « o atrevido rumor das murmuradoras linguas » (33: atrevido rumor, “sfacciato rumore, mormorazione sfrontata”); o « i latrati della coscienza » (I, 211) in « os remorsos da consciência » (39); o « svisceratevi più vivamente occhi miei » (I, 305) in « chorai com vigor, meus olhos » (57: chorai, “piangete”).
Ma procura un incremento del tasso metaforico del testo quando traduce « mirava offeso lo splendor della propria schiatta » (I, 201) in « por ver que com as suas acções eclipsava o resplandor da própria nobreza » (37); o « ’l candor dela chioma » (I, 212) in « a neve do pelo » (39); o l’invocazione della Maddalena penitente a Cristo « dona un vivo fonte a questa spelonca, il quale, discorrendo continuamente, abbia a farmi vergognar quallora io m’arrestassi dalle mie lagrime » (III, 231) in « dai‑me uma viva fonte nesta gruta, a qual, chorando continuamente, me faça envergonhar todas as vezes que eu cessar das minhas lágrimas » (196: chorando, “piangendo”).
Numerosi sono i casi in cui metafore presenti nel testo italiano vengono nella traduzione ‘perfezionate’ attraverso ampliamenti metaforici coerenti con l’ambito metaforico originario e anche attraverso l’aggiunta di altre figure retoriche. Si va da casi piuttosto elementari a casi variamenti complessi.
Nella traduzione dell’aforisma « Non è machina di maggior forza per abbatter un cuor di femina quanto una lettera » (I, 143) Lopes Cabral aggiunge un bater (“battere”) che inserendosi in perfetta congruenza nella metafora bellica la amplia e per di più introduce una paronomasia: « Não há máquina mais forçosa para bater e abater o coração feminino que um bilhete » (26). Nella frase « quel che con la sua bella guancia infiorava le tue speranze » (II, 108) la metafora dell’‘infiorare’ suggerisce a Lopes Cabral di estendere il carattere metaforico al soggetto del verbo, che viene trasformato da ‘bella guancia’ in ‘primavera delle sue guance’: « aquele que com a Primavera das suas faces fazia florescer as tuas esperanças » (83). Il proposito della Maddalena « Imiterò la luna, che sa ammetter dalle stelle la gloria del corteggio senza perder quella della onestà » (I, 39) viene arricchito dal traduttore con un paragone mitologico che suona arguto perché gioca sulla duplice identità di Diana, divinità lunare e cacciatrice: « imitarei a lua, que, ainda que no céu admite das estrelas o cortejo, também no bosque, como Diana, se conserva casta » (7: « imiterò la Luna, che, pur se nel cielo ammette delle stelle il corteggio, anche nel bosco, come Diana, si conserva casta »).
Questo caso esemplifica un tipo di rimaneggiamento del testo italiano da parte del traduttore più ampio e incisivo di quello esemplificato dai due casi subito prima esaminati. Una elaborazione non meno rilevante compie Lopes Cabral nel caso di questa descrizione: « cocchio magnifico il cui tetto lampi d’oro in cortinaggi d’ostro diffondeva prodigamente » (I, 108). Il dato metaforico originario « lampi d’oro » provoca l’inserzione da parte di Lopes Cabral di nuovi elementi che attorno a quel dato, mantenuto (« relâmpagos de ouro »), creano una coerente costellazione metaforica: « céu » (“cielo”) e « nuvens » (“nuvole”) si affiancano nella traduzione a « tecto » (“tetto”) e « cortinas » (“cortine”) per effetto dello sdoppiamento di « tetto » e « cortinaggi » in termini propri e termini traslati, mentre « diffondeva » viene caricato metaforicamente perché reso con « fuzilava » (“lampeggiava”): « coche magnífico, cujo céu, ou tecto dourado, por entre cortinas, ou nuvens de escarlata, fuzilava relâmpagos de ouro » (19). La figurazione dell’interno della carrozza prende così forma di una complessiva immagine celeste che non era nel testo di Brignole Sale.
A volte nella traduzione portoghese della Maria Maddalena vi sono aggiunte metaforiche legate sì al testo italiano, ma non provocate da spunti metaforici in esso contenuti: sono le volte in cui il traduttore, non vincolandosi a un ambito metaforico dato dall’originale, agisce in piena autonomia nell’invenzione di metafore. Come di fronte a queste battute dei corteggiatori della Maddalena: « Oh chi potesse toccar quei manti fortunati che la circondano! Oh chi avesse in sorte di baciar adesso il suolo dov’ella ha il piede! » (I, 127). Lopes Cabral aggiunge a queste battute un’appendice che le motiva metaforicamente, traducendo: « Oh quem pudera lograr a dita daquele manto que a cinge, ou reverenciar aquele pavimento que a sustenta, por serem cortina daquele sol e Atlante daquelas luzes! » (23: « Oh chi potesse godere la fortuna di quel manto che la cinge, o venerare quel suolo che la sostiene, poiché sono cortina di quel sole e Atlante di quelle luci! »). Il curioso è che queste battute nel testo di Brignole Sale vengono a conclusione di una serie di battute in lode della Maddalena rigirate con arguzia e sono dall’autore annunciate in modo da marcare la loro differenza dalle battute precedenti: « Altri esprimendo in detti meno acuti sensi più veri ragionavan […] » (I, 126). Sembrerebbe che Lopes Cabral quasi in competizione con Brignole Sale si sia ingegnato di rendere acuti anche quei « detti » nati « meno acuti ».
Un’ultima tipologia di trattamento delle figure retoriche, e in particolare delle metafore, da parte del traduttore della Maria Maddalena consiste in una sorta di resa per equivalenza: le figure retoriche dell’originale sono conservate nella loro entità formale ma sono realizzate nella traduzione da diversi contenuti semantici.
La frase « condannò a mendiche tenebre il lusso » (II, 21), ad esempio, è tradotta « condenou a tenebroso cárcere seu pomposo luxo » (66). Il « tenebroso cárcere » mantiene affinità con le « mendiche tenebre » che sostituisce, prima di tutto per la convergenza semantica di « tenebre » e « tenebroso ». Ma in altri casi tra la metafora sostituita e la metafora sostitutrice non c’è nessuna affinità semantica. Si guardi, per esempio, alla descrizione degli effetti dei comportamenti seduttivi della Maddalena sui giovani che la ammirano nel tempio di Gerusalemme. Questi per Brignole Sale « da veleni sì soavi inebriati per poco non isvenivano » (I, 123). Nella traduzione di Lopes Cabral invece i giovani erano divenuti « tão amantes que, dando‑lhe os corações por troféus, conheceram (em ficar com vida) que se podia viver sem coração » (22: « così amanti che, dandole i cuori per trofei, conobbero [rimanendo in vita] che si poteva vivere senza cuore »).
Queste sostituzioni metaforiche non sono riportabili a ragioni di natura linguistica: le metafore di Brignole Sale avrebbero potuto benissimo essere conservate in portoghese. L’infedeltà di Lopes Cabral, in casi come questi, dipende da una sua libera scelta. In altri casi può dipendere da necessità linguistica. Quando, per esempio, Brignole Sale fa dire a Marta che dalla bocca di Gesù escono « parole al pari acconce per rapire il cuor dal seno e per porre il senno nel cuore » (I, 228) combina con l’antitesi rapire‑porre la paronomasia seno‑senno cui non è possibile dare esatta corrispondenza in portoghese. Lopes Cabral sacrifica l’antitesi in favore della resa della paronomasia in una maniera equivalente, che consente di rispettare il senso centrale del periodo italiano: « palavras […] igualmente aptas ou para lhe tirarem o coração do seio, ou para lhe comporem com todo o asseio o coração » (42: « parole […] ugualmente adatte sia a toglier loro [scil. a quelli che le odono] il cuore dal seno, sia a comporre con ogni perfezione il loro cuore »).
Tutt’altro che esente da omissioni e da fraintendimenti, la versione portoghese della Maria Maddalena restituisce dell’originale una immagine senza dubbio in tanti punti alterata, ma rispettosa di suoi aspetti fondamentali. Appare opera di un traduttore capace di porsi nei confronti del testo italiano in atteggiamento d’intelligenza e di consonanza, pur con un eccesso di confidenza che lo induce a costruire su quel testo variazioni, a far entrare in esso tendenze della sua personale scrittura, persino a emulare il suo autore in una gara barocca di argutezze.
Della sostanziale adeguatezza della traduzione all’originale si resero ben conto i giudici della Real Mesa Censória, ossia i censori reali, che proibirono con un medesimo decreto, del 10 novembre 1768, la Maria Magdalena di Lopes Cabral, « por não conter a vida da santa, e sim uma novela das mais licenciosas, organizada de afectos indecentes, pensamentos pueris, jogos d’espírito, metáforas, alegorias e ficções só próprias dos séculos da barbaridade e da ignorância » (« perché non contiene la vita della santa, sibbene un racconto dei più licenziosi, fatto di affetti indecenti, pensieri puerili, battute di spirito, metafore, allegorie e invenzioni proprie solamente dei secoli della barbarie e dell’ignoranza »[31]) e la Maria Maddalena di Brignole Sale. Presiedeva la Mesa Censória, chiamatovi dal Marchese di Pombal, quel frei Manuel do Cenáculo, che già si è menzionato per la condanna che del titolo della raccolta delle prediche di Lopes Cabral fece nelle sue Memórias históricas do Ministério do púlpito.




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[1] Maria Magdalena peccadora, amante, e penitente: Tres estados em que se incluem todos os progressos da sua vida, com a clausula da sua morte. Composta em italiano por D. Anton Julio Brugnole [sic] Sale, e traduzida em portuguez, Miguel Deslandes, 1695, XXIV‑342 pagine, in 12°. Desumo questa descrizione dal Diccionario bibliographico portuguez. Estudos de Innocêncio Francisco da Silva applicaveis a Portugal e ao Brasil [tomi I‑IX]. Continuados e ampliados por Brito Aranha [tomi X‑XXI], Lisboa, Imprensa Nacional, 1858‑1914, 21 tomi, tomo I [1858], p. 187, n.° 987. Innocêncio Francisco da Silva possedeva, per acquisto, un esemplare della prima stampa della Maria Magdalena. Già allora tali esemplari erano piuttosto rari: a me non è riuscito di trovarne nessuno in biblioteche pubbliche portoghesi.

[2] Cfr. Diogo Barbosa Machado, Bibliotheca Lusitana historica, critica et cronologica, tomo I, Lisboa Occidental, António Isidoro da Fonseca, 1741, p. 309; Anton Giulio Brignole Sale, Maria Maddalena peccatrice e convertita, a cura di Delia Eusebio, Fondazione Pietro Bembo / Ugo Guanda Editore in Parma, 1994, p. 421 e ivi nota 27; Luís de Moura Sobral, Pintura e poesia na época barroca. A homenagem da Academia dos Singulares a Bento Coelho da Silveira, Lisboa, Editorial Estampa, 1994, p. 29.

[3] Nel luogo citato alla precedente nota 1 del Diccionario bibliographico portuguez. Nel tomo VIII (I del supplemento, 1858) del Diccionario, a p. 225, Innocêncio avanza l’ipotesi che Barbosa Machado cadesse in un qui pro quo, descrivendo con i dati di un’edizione della traduzione del Giovanni Battista di Giuseppe Battista, dovuta anch’essa a Lopes Cabral, una presunta edizione della Maria Maddalena.

[4] A. A. Gonçalves Rodrigues, A Tradução em Portugal. Tentativa de resenha cronológica das traduções impressas em língua portuguesa excluindo o Brasil de 1495 a 1950, vol. I, 1495‑1834, Lisboa, Imprensa Nacional Casa da Moeda, 1992, p. 87, n.° 395 e p. 95, n.° 434.

[5] Pancarpia…, Lisboa, Deslandes, 1694, A quem ler, p. non numerata (ma XVII): « Segunda vez me exponho por escopo à tua censura (se bem que animado do bom successo que experimentei na primeira, pois cheguei a ver segunda impressão do meu livro da vida de S. João Bautista) […] ».

[6] Maria Magdalena peccadora, amante e penitente. Tres estados em que se incluem todos os progressos de sua vida com a clausula de sua morte: Composta em Italiano por D. Anton Iullio Brugnole [sic] Sale; Traduzida no idioma Portuguez por fr. Antonio Lopes Cabral, Freire professo da Ordem de Christo, Capellão del Rey D. Pedro II. Offerecido ao Illustrissimo e Excellentissimo Senhor D. Nuno Alvares Pereyra e Mello, Em Coimbra, com todas as licenças necessarias, na Officina de Joseph Antunes da Sylva, anno 1706 [in 8°, di XVI-222 pagine, più altre due alla fine contenenti licenze], pp. n. n. [ma XIII‑XIV]. Anche in seguito le citazioni dalla Maria Magdalena saranno fatte da questa sua seconda stampa, alle cui pagine si riferiranno i rinvii numerici. Nel citare dalla Maria Magdalena come da altre opere di Lopes Cabral ammoderno moderatamente grafia e interpunzione.

[7] L’opera di Hayneuf, Le grand chemin que perd le mond, Paris, 1664, era stata tradotta in italiano da Giovan Pietro Spinola e pubblicata in Genova nel 1671 col titolo Il gran cammino ove il mondo si perde...: cfr. Elisabetta Graziosi, Da capitale a provincia. Genova 1660-1700, Modena, Mucchi, 1993, pp. 31-32.

[8] Per questo paragrafo ho tenuto conto dei dati offerti dal citato repertorio A Tradução em Portugal di A. A. Gonçalves Rodrigues.

[9] Cfr. D. Barbosa Machado, Bibliotheca Lusitana cit., p. 309; Dicionário cronólogico de autores portugueses, organizado pelo Instituto do livro e da Leitura, coordenação de Eugénio Lisboa, Mem Martins Codex, Publicações Europa‑América, vol. I, s.a. [ma 1985], edição revista e ampliada, s.a. [ma 1989], pp. 448‑449.

[10] Il poemetto fu pubblicato in due distinti opuscoli, il primo contenente tre giornate (corride svoltesi nel Terreiro do Paço in ottobre), il secondo la quarta giornata (mascherata, sfilata dal Rossio al Terreiro do Paço, spettacolo teatrale, nel giorno di domenica 20 novembre): Festas reays na Corte de Lisboa ao feliz casamento dos Reys da Grão Bretanha Carlos & Catherina, em os touros que se correram no Terreiro do Passo em Outubro de 1661. Dedicadas a Europa princeza de Phenicia e escritas por Izandro, Aonio, e Luzindo, toureiros de forcado, Lisboa, Domingos Carneiro, 1661; Quarto dia do triumpho dos animais. Escrito por Berardo companheiro da bandeirinha, Lisboa, Domingo Carneiro, s. a. (ma 1661). Se ne conservano esemplari nella Biblioteca Nazionale di Lisbona, segn.: Res. 1336(1‑2) P.

[11] Panegirico ao Excellentissimo Senhor Dom Antonio Luis de Menezes Dignissimo Marquez de Marialva, Conte de Castanhede, do Conselho de Estado & Guerra, Presidente no da Fazenda, & Capitão General das Armas Portuguezas. Em a memoravel victoria de Montes Claros […] Lisboa, Antonio Craesbeeck de Mello, 1665. Innocêncio Francisco da Silva, nel citato Diccionario bibliographico portuguez, tomo I, p. 186, n° 982, segnala che esistono due edizioni, con uguali dati bibliografici ma differenti per qualità della carta e correttezza di stampa, dell’opuscolo, che io ho letto nell’esemplare conservato nella Biblioteca Nazionale di Lisbona sotto la segnatura Res. 1659(20) V.

[12] Su tale accademia cfr. João Palma‑Ferreira, Academias literárias dos séculos XVII e XVIII, Lisboa, Biblioteca Nacional, 1982, pp. 21‑29; L. de Moura Sobral, Pintura e poesia na época barroca cit., pp. 27‑35; e, per la questione dell’anno della sua fondazione, Fernando Castelo‑Branco, Lisboa seiscentista, Lisboa, Livros Horizonte, 19904, p. 212 e p. 215 nota 3 (ma non vi è probabilmente nessuna effettiva continuità tra la « primeira Academia dos Singulares » di cui lì si parla, fondata nel 1628, e l’Academia dos Singulares operante negli anni sessanta del seicento).

[13] Dò qui l’elenco completo dei testi di Lopes Cabral presenti nelle due sillogi della produzione accademica dei Singulares, segnando con asterisco quelli fra essi che sono scritti in spagnolo. Académias dos Singulares de Lisboa dedicadas a Apollo, primeira parte, Lisboa, Henrique Valente de Oliveira, 1665: Soneto*, pp. n. n. (ma XI); Decima, p. 38; Soneto*, p. 40; Decimas, p. 58; Outavas*, pp. 78-79; Romance*, pp. 114-115; Soneto*, p. 230; Soneto*, 262; Oitavas, pp. 277-283; Oitavas, pp. 325-329; Discorso, pp. 335-342. Académia dos Singulares de Lisboa, dividida em dezoito concursos, em que se inclue um Certamen Academico, tomo segundo, Lisboa, Manoel Lopes Ferreira, 1698 [ristampa dell’edizione originale del 1668]: Soneto, p. 9; Decima, p. 48; Silva*, pp. 52-56; Soneto*, p. 74; Soneto*, p. 76; Romance, pp. 174-175; Silva, pp. 193-197; Romance, pp. 221-222; Soneto*, p. 238; Discorso, pp. 244-251; Octavario*, pp. 273-274; Romance*, p. 294; Soneto*, p. 306; Romance*, pp. 310-312; Romance*, pp. 346-347; Romance, pp. 376-377; Serpentomaquia, canto unico in 30 ottave, pp. 389-396.

[14] È stata pubblicata da Luís de Moura Sobral come appendice al suo studio Pintura e poesia na época barroca cit. (i componimenti poetici di Lopes Cabral si leggono alle pp. 154, 155-156, 158, 160, 163, 169).

[15] Sam Ioam Baptista, escrito na lingua toscana por JOSEPH BAPTISTA, traduzido no idioma portuguez por FR. ANTONIO LOPEZ CABRAL […] dedicado a Sam Ioam Evangelista, Lisboa, na officina de António Craesbeeck de Mello, impressor da Casa Real, anno 1670. Approvazioni e licenze portano date del giugno e del novembre 1668, mentre l’imposizione della tassa di stampa è datata 10 febbraio 1670.

[16] Cfr. il Prólogo al Sam Ioam Baptista cit., pp. n. n. (ma X-XI).

[17] Pancarpia cit., premessa A quem ler, p. n. n. (ma XIX).

[18] Seguo per le citazioni l’edizione del Fray Gerundio de Campazas, alias Zotes di Enrique Rodriguez Cepeda, Madrid, Cátedra, 1995, indicando le pagine di questa edizione.

[19] Le citazioni di Verney dal Verdadeiro método de estudar (Cartas sobre Retórica e Poética), introdução e notas de Maria Lucília Gonçalves Pires, Lisboa, Editorial Presença, 1991, pp. 92-94, passim; per il riferimento di Manuel do Cenáculo cfr. Margarida Vieira Mendes, A oratória barroca de Vieira, Lisboa, Caminho, 1989, p. 188.

[20] Un cenno su Glielmo è in Sebastiano Vento, Le condizioni dell’oratoria sacra nel Seicento, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1916, pp. 114-115.

[21] Cfr. la voce Azzolini, Giovanni di Francisco Andreu, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. IV, Roma, 1962, pp. 771-772; a lui è dedicato un capitolo del citato volume di Sebastiano Vento, Le condizioni dell’oratoria sacra nel Seicento, pp. 33-60.

[22] Cfr. Carlos Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, tomo VI, Bruxelles-Paris, 1895, p. 176.

[23] Cfr. Valentina Nider, "Reparo" y "reparar": apuntes sobre el léxico de la « Agudeza y arte de ingenio », in “Criticón”, 53, 1991, pp. 97-108.

[24] Cito dai Sermões escolhidos del Padre António VIEIRA, selecção, introdução e notas por Maria das Graças Moreira de SA, s. l., Biblioteca Ulisseia de Autores Portugueses, s. a., p. 56.

[25] Cfr. M. Vieira Mendes, A oratória barroca de Vieira cit., pp. 179-191, oltre al fondamentale Aníbal Pinto De Castro, Retórica e teorização literária em Portugal, Coimbra, Centro de Estudos Românicos, 1973, passim.

[26] Il testo italiano del romanzo è qui citato dalla ricordata edizione moderna a cura di Delia Eusebio e con rinvii numerici conformi al sistema di suddivisione in essa adottato. Ciò per l’impossibilità di stabilire di quale stampa di esso si avvalse Lopes Cabral, che probabilmente ne ebbe presente più di una. Nell’Introduzione alla Maria Magdalena, p. n. n. (ma XV), egli dice di aver visto nel corso degli anni sei diverse stampe del romanzo di Brignole Sale. Neanche l’esame di punti della traduzione per i quali le stampe italiane portano varianti di senso (che non sono molte) mi ha consentito di giungere a risultati certi e validi per l’intero testo. Ovviamente per i luoghi della versione portoghese nei quali segnalo innovazioni rispetto all’originale ho avuto cura di controllare, fondandomi soprattutto sull’apparato critico della moderna edizione della Maria Maddalena, che non vi siano in stampe italiane del romanzo varianti che rendano erronea o dubbia la segnalazione.

[27] L’edizione da cui cito porta far in luogo di star, per erronea lettura della stampa su cui è esemplata (cfr. Maria Maddalena peccatrice e convertita, Genova, Calenzano e Farroni, 1636, p. 36): ristabilisco la lezione corretta.

[28] A proposito di esse, la Eusebio, nella sua edizione della Maria Maddalena, annota: « “mobile” è termine della filosofia aristotelica, dove il “primo mobile”, immateriale ed immobile, imprime il movimento a tutto il creato. La bellezza di Maddalena sconvolge qualsiasi pensiero razionale: qui sono i suoi movimenti a rendere armonioso il “primo mobile” ». E riesce così più iperbolica dello stesso Brignole Sale, il quale non parla di “primo mobile”, e si limita a dire che era difficile decidere, nel caso della Maddalena, se fosse il corpo proporzionato, soggetto del movimento (il mobile), a rendere più armonioso il gestire, o se, viceversa, fosse la leggiadria del gestire (il movimento) a rendere più armonioso il corpo. A parte il fatto che, naturalmente, il “primo mobile” non è “immobile”.

[29] La Magdeleine pecheresse et convertie, traduit de l’italien […] par le R. P. Pierre de S. Andre C. D., Aix, Roize, 1674, Avant propos du traducteur au lecteur.

[30] A prova della difficile comprensibilità della battuta soppressa si può addurre il fatto che il suo senso non è inteso dalla curatrice della moderna edizione della Maria Maddalena. Annotando quella battuta, infatti, Delia Eusebio scrive: « l’aggancio all’idea platonica è già in Petrarca, Canzoniere, CLIX, 1-4 » e, dopo aver citato i versi petrarcheschi, aggiunge: « Sui genitori di Venere, vedi Boccaccio, Genealogia, II, 22 primissima riga » e trascrive quella « primissima riga ». Su questi presupposti, e visto che lei non lo dice, è difficile capire come la Eusebio vorrebbe che si interpretasse la frase dell’ammiratore della Maddalena; ma certo non era il caso di scomodare Platone, Petrarca e Boccaccio, perché qui non sono in questione né le idee platoniche né i genitori di Venere (chissà poi perché ricercati nella Genealogia boccacciana). I genitori sono quelli di Maddalena; e « idea » significa “pensiero”, “mente” (cfr. nella medesima Maria Maddalena, II, II, 31 l’espressione « nel pensier raggira »). L’ammiratore con le sue parole vuol significare metaforicamente che Venere influì sui genitori che produssero Maddalena con tutto il suo impegno e tutto il suo potere, ispirandoli, per così dire, a generarla bellissima.

[31] Desumo la motivazione della censura dal Diccionario bibliographico portuguez, tomo I (citato qui nella nota 1), p. 187. La notizia della condanna del romanzo del Brignole Sale e della traduzione di Lopes Cabral, con la relativa motivazione, fu riferita dalla “Gazzetta di Milano” dell’11 gennaio 1769, in una corrispondenza datata « Lisbona, 22 novembre 1768 »: cfr. Elisabetta De Troja, La maraviglia de la santità. Significati e strutture del romanzo religioso barocco, Padova, Liviana, 1980, pp. 4-5, nota 3.




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Anton Giulio Brignole Sale.
Un ritratto letterario

*

Indice
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*
Premessa
Graziosi
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Malfatto
La biblioteca di Anton Giulio
Corradini
Il teatro comico
Moretti
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De Troia
L'ossimoro crudele
Eusebio
Maddalena-naviglio
Conrieri
La traduzione portoghese della Maria Maddalena
Rodler
Anton Giulio nel ricordo di Francesco Fulvio Frugoni
Carminati
Tre lettere inedite


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