Manlio Calegari, Cara Marietta - Caro Professore: Premessa, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17

Mercoledì, 17 giugno 1987





Ieri sera ero da poco tornato a casa quando Marietta mi ha telefonato scusandosi. Si era dimenticata di dirmi un paio di cose che le sembravano importanti ma che nella concitazione del dialogo aveva dimenticato. Avrei potuto fare ancora un passo da lei, magari l'indomani? Era questione al massimo d'una mezz'oretta. Le sue parole mi hanno prima incuriosito e poi messo in apprensione. Era inteso che per diverse settimane non ci saremmo visti e ho pensato che volesse consegnarmi qualche cosa di speciale. Raggiungo casa sua attorno alle 17. Mi viene ad aprire ed ancora si scusa quasi imbarazzata. Ci sediamo al solito tavolo e mentre preparo il registratore sorride dicendo che per le poche cose che voleva dirmi non ce ne sarebbe stato bisogno. Aspetta però silenziosa che io abbia fatto partire l'arnese.
- Io non ho cambiato idea. Io non ho mai cambiato idea. Ti ho raccontato delle storie mie e, mentre lo facevo, è successa una cosa curiosa: anche io, come te, era come se le sentissi per la prima volta. Non voglio dirti che mi si sono aperti gli occhi. Sì, è successo anche questo, ma solo in parte. Ad esempio ti racconto un fatto e per la prima volta ci sento sotto un inganno, magari piccolo, ma sempre un inganno. Cose non gravi, vorrei dire umane, ma che cambiano l'opinione che avevo di me e anche un po' degli altri. Se dovessi raccontare di nuovo alcune delle cose che già ti ho raccontato penso che lo farei in modo diverso. Non ho cambiato idea, ma neppure è solo questione di parole. Vorrei che tu mi spiegassi che cosa è successo. Se è questo che volevi provocare. O se invece è andata così perché abbiamo cominciato a discutere…-
Marietta parla in modo non concitato ma è tesa e mentre parla guarda il registratore - cosa che non ha mai fatto prima - come se volesse imprimere bene il suo disagio dentro il nastro che si svolge lentamente. È in corso una tempesta e posso solo tacere.
- No, non ho cambiato idea e penso che gli uomini che ho conosciuto, che tanto ho stimato, Pieragostini, Conte, Attilio fossero dei grandi uomini, magari non grandi, ma generosi e capaci di dare tutto di sé per l'ideale del comunismo. Avranno avuto le loro ambizioni, le loro debolezze, ma chi non ne ha? No, non posso dire di aver cambiato idea su di loro. E poi non credere che i compagni disposti a rischiare la vita fossero tanti. Erano pochi; quattro gatti. Ecco perché eravamo sempre gli stessi a fare un po' tutto e poi venivano fuori le cose malfatte. Erano compagni valorosi, ma diffidenti: sapevano cos'era successo anni prima; avevano conosciuto il fascismo, ne sentivano la presenza. Oggi è facile dire che era finito, ma loro erano preoccupati, avevano paura di essere di nuovo isolati, di tornare indietro. Noi tutti lassù ci siamo comportati come ci siamo comportati perché è stata la loro storia, la loro esperienza a decidere. Non poteva che essere così: erano più vecchi, magari non molto, ma avevano più conoscenze, avevano vissuto. Mi è sempre piaciuto che la mia storia si confondesse con la loro. Erano i migliori e io ero orgogliosa di far parte del loro gruppo. Oggi però quello che ho vissuto allora mi sembra più mio, qualcosa che appartiene a me più di quanto non abbia sentito allora. Non pensare che mi sia venuta l'idea d'aver fatto tutto io. Per niente al mondo. Semmai è il contrario. È che improvvisamente una parte del vivere, lassù, mi è sembrata solo mia; che riguarda solo me. E ho pensato che quello che tu vuoi sapere è proprio questo: come io ho vissuto quei fatti. E cerchi di farmelo dire e forse ci sei anche riuscito. E io sono qui a dirtelo: quei fatti per me sono stati tutto. C'era il comunismo, il partito, quegli uomini valorosi, ma c'ero anch'io, proprio come volevo essere. È un fatto che ora, mentre ti parlo, mi appare chiarissimo. Cosa mi è successo? A volte avviene un fatto, un incontro che dà un significato ad altre cose che hai vissuto, magari senza pensarci. È normale. Ma girarsi indietro per trovare ragioni, o perderle, è un'altra cosa. Io mi sono girata indietro già altre volte ma, se devo dire, è stato più per rivivere che per staccarmi come invece mi hai chiesto. Tu fai bene a fare domande. Sei venuto dopo, non c'eri, non sai e per sapere devi scavare. Mi hai fatto anche delle domande che ho sentito come ingiuste. Mi hai ferito, ma capisco che devi fare così. Ma una cosa la devi capire: io, allora, non mi sono fatta domande; nessuna. Allora si andava così, a testa bassa. E in seguito ho ricordato allo stesso modo, a testa bassa. Con te ho cominciato a interrogarmi e ho visto delle cose nuove. C'è stato dei momenti che ho creduto di vedere Marietta per la prima volta e quando è successo sono stata attraversata da un senso di solitudine. Non so se una volta o l'altra ti succederà, ma forse capisci di cosa parlo. Però ora tu la mia storia la sai, la storia di Marietta nella Resistenza. Quella vera. Anche meglio di me. È così?-
Marietta ha parlato d'un fiato poi s'è placata, allo stesso tempo emozionata e ironica. Io taccio e guardo il mio quaderno dove ho scritto qualche parola, come faccio quando mi sento troppo coinvolto. Torneremo a parlarne, le dico. Lei sorride; finalmente mi sembra distesa.




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Manlio Calegari

Cara Marietta, Caro Professore

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Indice
Premessa
4 marzo 1987
12 marzo 1987
20 marzo 1987
Il partigiano Fran
Caro Piero
4 maggio 1987
5 maggio 1987
Pro-memoria
Sestri 8 maggio
13 maggio 1987
Sestri 12 maggio
Sestri 26 maggio
3 giugno 1987
16 giugno 1987
17 giugno 1987
25 agosto 1987
10 ottobre 1987


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