Elisabetta Graziosi, Cesura per il Secolo dei Genovesi: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.





3. Un’eredità raccolta: ligure e mecenate

Di queste vicende genovesi Anton Giulio Brignole Sale fu, a mio parere, prima spettatore poi erede consapevole. Della vastità e complessità dei suoi rapporti, orientati a un tendenziale cosmopolitismo, fa fede non soltanto il numero delle lettere (l’Aprosio lo definiva ingente) di cui comunque sono rimaste notizie negli epistolari altrui (e basteranno, oltre al nome del Chiabrera e del Manzini, quelli di Cassiano dal Pozzo, di Paganino Gaudenzio, del Ciampoli, di Teodoro Ameyden), [1] ma anche l’aggregazione ad Accademie extracittadine che moltiplicano i contatti di corrispondenza (quella veneziana degli Incogniti, quella romana degli Umoristi, i Caliginosi di Ancona). A questa rete informativa si aggiungono i rapporti con gli Ordini religiosi che conducono al suo tavolo di studio anche l’inedito: di tre manoscritti gesuitici altrimenti ignoti (di polemica contro il filologo G. Schoppe) rimane infatti l’annotazione nella Biblioteca dell’Aprosio che li aveva forse visti presso Anton Giulio.[2] Nello stesso complesso sistema di relazioni entrano pure le dediche, cittadine ed extracittadine, che creano o esibiscono i rapporti interpersonali per il pubblico dei lettori. Al giovane Brignole vengono dedicate con discreta continuità opere d’autore letterariamente impegnate uscite a Genova in quegli anni: nel 1622 L’Erminia e nel 1626 Il Romulo del Chiabrera, nel 1628 Pier Giuseppe Giustiniani gli indirizza una delle Ode toscane, cui fanno séguito nello stesso 1635 un’altra ode del Giustiniani e l’Adone di Vincenzo Renieri. Ma anche la paccottiglia trova nel marchese un dedicatario compiacente, come accade per I biasmi delle donne di un personaggio un po’ equivoco come il romano e accademico Umorista Giovan Camillo Zaccagni (sarebbe poi finito impiccato), che furono pubblicati nel 1630 dal solito Pavoni.[3] È Anton Giulio Brignole Sale il ligure Mecenate di cui Pier Francesco Minozzi tesse gli elogi nel 1636, in alcuni discorsi tenuti agli Addormentati e, ancor prima, a lui nel 1631 Giovan Battista Manzini dedica il Sant’Eustachio, con un argomentato riferimento nella lettera proemiale in cui lo dichiara « cavaliere incomparabile ».[4] Si ripete così consapevolmente da parte del Brignole un atteggiamento di tutela letteraria e di coltivati rapporti extra-moenia che era già stata messo in opera nel primo decennio del Seicento dall’Imperiale, di cui Anton Giulio è l’erede aggiornato.[5] Che questa tutela avesse per i tutelati non solo motivazioni d’onore ma risvolti economici era evidente anche ai contemporanei.[6]
Il Brignole Sale ebbe ben chiaro non solo il valore di propaganda di una dedica ben collocata, ma anche il valore socializzante della letteratura, la sua forza di compattamento di gruppi altrimenti disorganici, la capacità di costruire reti di rapporti all’interno e al di là della vita cittadina attraverso un complesso intreccio di alleanze e di responsabilità di cui erano portatori i gruppi famigliari.[7] Con la rifondazione dell’Accademia degli Addormentati, operata in tandem con Bartolomeo Imperiale proprio quando l’esilio nel 1635 colpisce il più famoso Giovan Vincenzo Imperiale,[8] Brignole Sale cerca di rinsaldare una classe di governo che non è formata da asettici intellettuali di regime bensì da gruppi famigliari in cerca di alleanze, di matrimoni, di ricuciture per rapporti continuamente lacerati dai contrasti politici. Anche le Instabilità dell’ingegno, ben collocate sullo sfondo genovese, costituiscono una proposta cittadina e socializzata della cultura, in cui la letteratura si fa gioco, dialogo, ricreazione, scambio interattivo di parola, contro l’esito pastorale, bolognese e periferico del Casalino di Giovan Vincenzo Imperiale, che nel 1637 giungeva alle stampe riproponendo di Genova un’immagine con le tinte violente dei contrasti e dell’invidia.[9]
Con le Instabilità dell’ingegno, Brignole Sale cerca evidentemente il consenso in Accademia: lo cerca per il suo gruppo famigliare ma anche per tutta Genova, che è appena uscita da un’ennesima congiura interna che ha opposto fazione a fazione lacerando una volta di più l’aristocrazia. Io credo che sia ora di smettere di fare i rigoristi in fatto di accademie pretendendo da tutte il grado linceo, anche dalle accademie che, come quella degli Addormentati, si risvegliavano soprattutto di Carnevale dichiarando con questo esplicitamente un fine di intrattenimento. È necessario ammettere che le accademie a Genova (ma anche altrove) non erano sempre, per loro fortuna, delle para o pseudo Università altamente ritualizzate e selettive, e nemmeno le centrali pulsanti dei grandi progetti di cultura (e di potere), ma ben più spesso dei luoghi allargati in cui avveniva una socializzazione acculturata [10] cui partecipavano anche le donne. Sale, saloni, ridotti, interni di palazzi e di teatri dove si definivano e rinsaldavano i rapporti di alleanza famigliare. Vi è insomma una necessaria contiguità fra Accademia degli Addormentati e “tempi-megli”, gli antenati secenteschi del salotto in cui Genova ha una priorità anche per quanto riguarda (pare) il costume del cicisbeato.[11]
C’è chi ha scorto nella rifondazione secentesca di questa accademia la volontà politica di proporsi come polo culturale allacciando rapporti con altre accademie italiane emergenti, come gli Incogniti di Venezia o i Disuniti di Pisa, ed è vero.[12] Ma vi potrà leggere, a maggior ragione, la volontà di competere con successo con la Roma barberiniana con cui la Repubblica aveva molti interessi politici in comune.[13] La rifondazione degli Addormentati fu comunque ampiamente concertata anche per la pubblicità che le fu concessa. Di questa idea di Accademia privata e cittadina, dalla forma repubblicana, contrapposta all’Accademia pubblica costituita dalle Università o « pubblici Studij », si faceva difensore nello stesso torno di tempo il savonese Giovan Battista Alberti, chierico regolare somasco nella Chiesa della Maddalena, che a Genova pubblicava nel 1639 un Discorso dell’origine delle Accademie pubbliche e private [14] dedicato a Giacomo Filippo Durazzo (una dedica in famiglia: si trattava del cognato di Anton Giulio, un altro degli Addormentati) dove era dato un posto di rilievo anche all’Accademia degli Addormentati. Era il mezzo più opportuno per ricordarne il fondatore storico, Giulio Pallavicino, i più recenti rifondatori, Anton Giulio Brignole Sale e Bartolomeo Imperiale, e la gloria maggiore, che era il Chiabrera morto da un anno appena, di cui l’intera accademia rivendicava collettivamente l’eredità. Un Chiabrera naturalmente tutto moderno, innovativo, trasgressivo sulle orme del concittadino Cristoforo Colombo, come diceva l’epigramma latino (ed era epigramma dal forte peso ideologico non solo modernizzante ma addirittura contemporaneo poiché ne era autore Urbano VIII): « Metas, quas vetustas ingeniis circumscripserat / magni concivis aemulus transilire ausus / novos poeticos orbes invenit ».[15] Il ligure Chiabrera e il ligure Colombo, lodati dal pontefice regnante, costituivano indubbiamente un vessillo di modernità e di rilevanza politica per un’accademia genovese da poco rifondata.





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[1] Per i rapporti di Anton Giulio con Cassiano dal Pozzo, Paganino Gaudenzio, Ciampoli, si veda la Nota bio-bibliografica di Delia Eusebio, nella recente edizione della Maria Maddalena Peccatrice e Convertita, Parma, Fondazione Pietro Bembo, Ugo Guanda editore, 1994, p. LXXXVIII. Per quelli con l’Ameyden vd. Franco Vazzoler, Equivoci della politica, equivoci della scena nella Genova barocca. Apppunti sul teatro di Anton Giulio Brignole Sale, in Il valore del falso. Errori, inganni, equivoci sulle scene europee in epoca barocca, a cura di Silvia Carandini, Roma, Bulzoni, 1994, p. 198.

[2] Si tratta dei manoscritti di Novacula, Dentiscalpium e Strigilis del gesuita Alberto Alberti, per cui vd. Angelico Aprosio, La biblioteca aprosiana. Passatempo autunnale di Cornelio Aspasio Antivigilmi tra Vagabondi di Tabbia detto l’Aggirato, in Bologna, per li Manolessi, 1673, p. 489 (che sono quindi da togliere al Brignole e da riattribuire al loro vero autore). Sul gesuita trentino Alberto Alberti, latinista ed erudito, vd. DBI (= Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana), I, 1960, p. 681 (Pietro Pirri).L’equivoco di paternità fra il Brignole e l’Alberti, originato da un’errata interpretazione dell’Aprosio, si trova anche nella Nota bio-bibliografica di Delia Eusebio, Maria Maddalena peccatrice e convertita, cit., p. C (e si veda più oltre alla nota 117).

[3] Gabriello Chiabrera, Erminia.Tragedia, in Genova, per Giuseppe Pavoni, 1622 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria nel XVII secolo, Firenze, Olschki, 1998, scheda 274]; Idem, Il Romulo, in Genova, appresso Giuseppe Pavoni, 1629 [G. Ruffini, Sotto il segno del Pavone, cit., scheda 410; e anche Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 363]; Pier Giuseppe Giustiniani, Ode toscane dell’intirizzato accademico addormentato, in Genova, per Giuseppe Pavoni, 1628 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 359]; Idem, Odi encomiastiche e morali, in Genova, per Gioseppe Pavoni, 1635 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 424]; Vincenzo Renieri, L’Adone favola tragica boschereccia, in Genova, per Pietro Gio. Calenzano [1635] [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 468]; Giovan Camillo Zaccagni, I biasmi delle donne. Poesia di Giovan Camillo Zaccagni romano, in Genova, per Giuseppe Pavoni, 1630 [G. Ruffini, Sotto il segno del Pavone, cit., scheda 446 e Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 395]. Su Giovan Camillo Zaccagni, protetto di Urbano VIII, che fu impiccato nel 1649, vd. Alessandro Ademollo, Giacinto Gigli ed i suoi diarii del secolo XVII, Firenze, Tipografia della Gazzetta d’Italia, 1877, pp. 127-30 e anche Leone Allacci, Apes Urbanae sive de viris illustribus qui ab anno MDCXXX per totum MDCXXXII Romae adfuerunt, ac Typis aliquid evulgarunt, Romae, excudebat Lodovicus Grignanus, 1633, p. 156 (dove sono ricordati pure I biasmi delle donne).

[4] Pier Francesco Minozzi, Delle libidini dell’ingegno del signor Pier Francesco Minozzi, alcuni saggi pubblicati da Lodovico Aprosio Vintimiglia, Venezia, per Gio. Pietro Pinelli, 1636; Giovan Battista Manzini, Della vita di S. Eustachio martire, in Bologna, presso Clemente Ferroni, 1631 (sul valore programmatico della dedica vd. Martino Capucci, Il romanzo a Bologna, estr. da La più stupenda e gloriosa macchina Il romanzo italiano del secolo XVII, a c. di Marco Santoro, Napoli, Società editrice Napoletana, 1981, p. 23).

[5] Renato Martinoni, Gian Vincenzo Imperiale, politico, letterato e collezionista genovese del Seicento, Padova, Antenore, 1983, pp. 18-23.

[6] Vd. Gio. Maria Visconte, Alcune memorie delle virtù del padre Anton Giulio Brignole Sale genovese della Compagnia di Gesù raccolte dal p. Gio. Maria Visconte della medesima Compagnia per consolatione ed esempio de’ Padri e Fratelli della sua Provincia di Milano, Milano, appresso Lodovico Sforza, 1666, p. 7.

[7] Claudio Costantini, La Repubblica di Genova, cit., pp. 2-4.

[8] Renato Martinoni, Gian Vincenzo Imperiale, cit., pp. 90-101. Il bando come discolo all’Imperiale è del giugno 1635, ma è significativo che nello stesso anno muoia Giulio Pallavicino, fondatore storico dell’Accademia, e dunque gli Addormentati devono essere effettivamente rifondati. In proposito vd. Agostino Schiaffino, Memorie di Genova 1624-1647, a cura di Carlo Cabella, in “Quaderni di Storia e Letteratura. Studi, testi e documenti” a cura di Manlio Calegari, Giacomo Casarino, Claudio Costantini e Franco Vazzoler, n. 3, 1995, p. 89. Di Bartolomeo Imperiale esce tempestivamente nel 1636 in quasi contemporanea col Brignole Sale Lo scrutinio dell’anima. Opera di di B.I. conte delle Malle, in Genova, per Pietro Giovanni Calenzani, 1636 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 478].

[9] Giovan Vincenzo Imperiale, Ritratto del Casalino abbozzato da Gio. Vincenzo Imperiale nell’Accademia degl’Intrepidi il Ripercosso, Bologna, Herede di Vittorio Benacci, 1637.

[10] Sul valore socializzante dell’Accademia degli Addormentati fin all’atto della sua fondazione vd. Inventione di Giulio Pallavicino di scriver tutte le cose accadute alli tempi suoi (1583-1589), a cura di Edoardo Grendi, Genova, SAGEP, 1975, pp. IX-X.

[11] Achille Neri, I cicisbei a Genova, in Costumanze e sollazzi, Genova, Tipografia del R. Istituto sordo-muti, 1883, pp. 118-216; Giulio Natali, Il cicisbeismo a Genova, in Idem, Idee, costumi, uomini del Settecento. Studii e saggi letterarii, Torino, STEN, 1916, pp. 133-44; di diversa opinione Luigi Valmaggi, I cicisbei. Contributo alla storia del costume italiano nel sec. XVIII, opera postuma con prefazione e a cura di Luigi Piccioni, Torino, Casa Editrice Giovanni Chiantore, 1927, pp. 201-6. Su cui recentemente Roberto Bizzocchi, Cicisbei. La morale italiana, in “Storica”, a. III, n. 9, 1997, pp. 63-90 (che però non si pronuncia sull’origine genovese del costume).

[12] Claudio Costantini, La Repubblica di Genova, cit., p. 291. Per i Genovesi presenti fra gli Incogniti vd. ora i dati offerti da Monica Miato, L’Accademia degli Incogniti di Giovan Francesco Loredan. Venezia (1630-1661), Firenze, Olschki, 1999, p. 242.

[13] Claudio Costantini, Genova e la guerra di Castro, in Studi e documenti di storia ligure in onore di don Luigi Alfonso per il suo 85° genetliaco, numero monografico di “Atti della società ligure di storia patria”, n.s., vol. XXXVI, fasc. II, 1996, p. 340.

[14] Giovan Battista Alberti, Discorso dell’origine delle Accademie pubbliche e private e sopra l’impresa de gli Affidati di Pavia, in Genova, per Gio Maria Farroni, Nicolò Pesagni e Pier Francesco Barbieri, 1639, pp. 105-6.

[15] Si trova anche (con l’indicazione della paternità) in Gabriello Chiabrera, Discorsi fatti da G. C. nell’Accademia degli Addormentati in Genova con la vita dell’autore, in Genova, per Antonio Giorgio Franchello, 1670, p. 8.




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Anton Giulio Brignole Sale.
Un ritratto letterario

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Indice
Indice dei nomi
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Premessa
Graziosi
Cesura per il Secolo dei Genovesi
Malfatto
La biblioteca di Anton Giulio
Corradini
Il teatro comico
Moretti
Poeta per musica
De Troia
L'ossimoro crudele
Eusebio
Maddalena-naviglio
Conrieri
La traduzione portoghese della Maria Maddalena
Rodler
Anton Giulio nel ricordo di Francesco Fulvio Frugoni
Carminati
Tre lettere inedite


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