Elisabetta Graziosi, Cesura per il Secolo dei Genovesi: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.





Ragioni d’accademia, ragioni di Repubblica, ragioni di famiglia

Una larga fetta dell’opera di Brignole Sale riflette questa vita d’Accademia, e soprattutto dà alla Genova aristocratica uno specchio in cui riflettersi e su cui atteggiarsi, secondo quella teatralizzazionde del comportamento dei singoli all’interno della vita sociale che è una delle componenti del mondo barocco.[1] Tutti Addormentati e tutti legati dalla parentela sono gli otto giovani che, nelle Instabilità dell’ingegno, si ritrovano insieme in una villa di Albaro, alle prese con la ritualizzazione della vita di società fatta di giochi e di scambi di parola. Altri Addormentati si trovano nel Carnovale che mette in scena tutti i momenti comunitari della socializzazione cittadina: Il festino, L’Academia, La comedia. Ed è probabile che sotto i nomi dei nobili protagonisti (e intendo tutti i nomi di tutti i protagonisti) si facesse cenno a personaggi ben riconoscibili della Genova del Seicento cui gli pseudonimi appartenevano in modo univoco. La chiave di alcuni, lievemente modificati nell’anagramma, si può trovare in una copia del Carnovale,[2] ma l’osservazione può essere estesa a ritroso anche alle Instabilità dell’ingegno, perché l’adozione generalizzata di un nome fittizio nel gruppo elitario e famigliare è sicuramente attestata nelle veglie genovesi, già una generazione prima per Clizio-Imperiale. [3] Era questo del resto un uso locale che rispondeva alla diffusione di un costume letterario già consolidato, cui si aggiungevano nuovi incentivi lanciati da mode più recenti: infatti con la pubblicazione dell’Argenis del Barclay nel 1621, tradotta dal Pona nel 1629 e ritradotta dal Cocastello nel 1630.[4] Il gusto dei romanzi a chiave andava diffondendosi, più di quanto non farebbero supporre gli scenari storici adottati. Dal romanzo, alle accademie, ai salotti il passo era breve: in un modo o nell’altro il nome fittizio vi si rivelava agli adepti rinsaldandone i vincoli.
Tutta l’opera del Brignole è radicata in questa sorta di accademia perpetua, fra festa e letteratura. Legati agli Addormentati non solo i discorsi del Tacito abburattato, e l’intermezzo scritto nel 1642 per la commedia Il fazzoletto,[5] ma anche l’Oratione per la morte della cognata Emilia Adorno Raggi che prima della pubblicazione nel 1634 fu recitata nell’Accademia e consiste in gran parte nell’elogio dell’antica famiglia Adorno. E, credo, pure legato agli Addormentati o alla micro-società che negli Addomentati trovava il suo punto di coagulo, sarebbe poi stato anche quel Satirico che, stampato e subito tolto di mezzo nel 1643, divenne innocente e poté infine essere pubblicato nel 1648 solo dopo un’opera di censura che eliminava i riferimenti più decifrabili ai lettori cittadini.[6] Le ragioni d’Accademia non cancellano ma comprendono le ragioni di famiglia, anzi qualche volta le indirizzano: si può così comprendere come, dopo gli elogi accademici riversati sugli Adorno e sulla defunta Emilia Adorno Raggi, proprio ad Aurelia Brignole, figlia del doge Giovan Francesco e sorella di Anton Giulio, tócchi in sorte a breve distanza di sposare il vedovo Giovan Battista Raggio cui erano state dedicate le drammatiche Lagrime per la morte di Emilia Adorni Raggi.[7] Evidentemente i patti di famiglia si siglavano anche sulle tombe barocche e i rituali accademici e letterari bastavano per esorcizzare la riprovazione sociale perché l’Accademia è anche una famiglia allargata, la riserva delle possibili alleanze, il terreno della mediazione per l’accettabilità sociale dei comportamenti, il luogo dove si anticipavano le elezioni al dogato attraverso la propaganda della parola. Emilia Adorno Raggio gioca il ruolo di un’eroina cristiana con molte doti stoiche, la cui morte apre altre strade. Al Chiabrera si dovevano Le lodi de’ diversi eroi e delle Lacrime sopra la lor morte, uscite trent’anni prima a cura di un altro Ligure,[8] ma questa era quasi la consacrazione di una laica eroina di famiglia. Proprio in quell’anno il tema (barocco!) della contemplazione della morte trovava una realizzazione d’eccezione in una raccolta di laici e per laici destinata a un importante e prolungato successo editoriale: Avisos para la muerte, escritos por algunos ingenios de España, cui partecipò tutto il Parnaso spagnolo della prima metà del secolo.[9] Il tema era nell’aria, ed era abile Anton Giulio nel catturarlo a tempo, imprimendogli una curvatura dovuta a ragioni d’accademia che erano anche ragioni di alleanza famigliare. E infatti queste lodi e lacrime (unite a una visione orrifica della malattia e della morte) erano dedicate a un’eroina devota e sacrifichevole che non mancava di raccomandare morendo un nuovo matrimonio al neovedovo, con parole ben significative per il sistema delle alleanze in una prospettiva genealogica che inglobava anche il nome della defunta:

Solo un conforto anzi il morir ti chieggo
che se il nostro destin cotanto insieme
non ci lasciò, che fosse a noi permesso
di vagheggiar la fanciullezza nostra
rinata in volto a un pargoletto amato,
almen, quando avverrà che tu ten passi
a far de le tue nozze altra felice,
il parto, che primier fia del mio sesso,
d’Emilia che t’amò quant’huom può amarsi,
ritenga il nome e la memoria avvivi.[10]

Il genere epitalamico aveva avuto un iniziatore d’eccezione a Genova col Marino, e un prosecutore più modesto col milanese Carlo Giuseppe Orrigoni, che in quegli anni a Genova aveva dato vita a una piccola produzione encomiastica pubblicata prevalentemente dal Pavoni e poi dal Calenzani.[11] Ma qui l’operazione era più complessa, perché i matrimoni vedovili avevano tradizionalmente la riprovazione delle comunità sotto la forma di aggressivo charivari [12] e la celebrazione pubblica di una morte cui doveva immediatamente seguire un nuovo matrimonio pubblico suona troppo abile per non essere stata concertata nelle strategie delle alleanze matrimoniali. Altri accademici Addormentati compiansero a stampa la stessa morte fra il 1634 e il 1635, e cioè Pier Giuseppe Giustiniani e Giovan Battista Manzini.[13] La pubblicazione del Brignole Sale rende di pubblico dominio un compianto funebre (per la famiglia Adorno) e anticipa una partecipazione di nozze (per la famiglia Raggio): ce n’è abbastanza per dire che l’esordio di Anton Giulio non avvenne in Accademia all’insegna del disimpegno ludico e galante, né di una villeggiatura della storia [14] bensì secondo un gioco politico di alleanze tra le famiglie congiunte da patti matrimoniali, indirizzate alla ricerca del consenso. Più tardi e di nuovo vedovo, Giovan Battista Raggio avrebbe finito per sposare Giovanna Durazzo, anch’essa bene incardinata nella rete parentale del Brignole Sale, la cui sorella Maddalena aveva sposato fin dal 1620 Giacomo Filippo Durazzo: insomma a un matrimonio in famiglia seguiva un altro matrimonio in famiglia.[15]
Più lontane e indirette vi erano inoltre reti di parentela e di colleganza fra Brignole, Imperiale, Doria, che tuttavia pure avevano un peso. Per il doge Stefano Doria, Anton Giulio Brignole Sale pronunciò in quel cruciale 1634, su designazione dello stesso festeggiato, l’Orazione dell’incoronazione, una vera laudatio dell’intera famiglia Doria.[16] Un’occasione significativa per proporsi come oratore di supporto all’ampia strategia di una partecipazione famigliare al governo: Giovan Francesco Brignole era già stato candidato alla carica suprema nel 1631 ma aveva fallito l’obiettivo per un pugno di voti e ora, in cerca di alleanze, si preparava alla nuova elezione, tanto che immediatamente giusto vedeva Luca Assarino quando, nel dare notizia al Chiabrera dell’Orazione, commentava esplicitamente: « In somma è arrivata a segno l’universal sodisfattione, che molti hanno liberamente detto che ieri il sig. Anton Giulio guadagnò la corona a suo padre ».[17] E infatti, secondo le previsioni dell’Assarino, la corona dogale ci fu e Giovan Francesco Brignole divenne nel 1635 il primo doge della casata, l’anno stesso in cui furono pubblicate Le instabilità dell’ingegno.[18] Si tratta di una storia troppo simile a quella di Gian Giacomo e Giovan Vincenzo Imperiale, per non richiamarla come modello a distanza di meno di vent’anni.
Tra accademie, encomi, orazioni, elezioni dogali e matrimoni, la divisa aristocrazia di governo cercava ancora una volta, con Anton Giulio Brignole Sale, una propria compattezza. Le Lagrime per la morte avevano favorito un matrimonio e rinsaldata una parentela all’ombra del dogato, perché la letteratura era sì uno specchio del privato ma anche manifesto pubblico nella scalata del potere. Che il progetto politico passasse attraverso le alleanze famigliari di cui i matrimoni erano garanti non è una novità nella società genovese del Seicento,ma in questo caso il gioco degli intrecci era abbastanza complesso: Giovan Francesco Brignole, padre di Anton Giulio, godeva fama di repubblichista “mal afecto” alla Spagna. Viceversa il suocero di Anton Giulio Brignole Sale, Giovan Battista Adorno, che pure era stato in corsa per il dogato, era “bien afecto” così come il plutocrate filospagnolo Giovan Stefano Doria per cui Anton Giulio aveva pronunciato nel 1634 la sua prima orazione.[19] Alleanze parentali, letteratura, propaganda, schieramenti politici entravano davvero in un « intricato sistema di solidarietà incrociate »[20] che a distanza è difficile ricostruire, ma che generalmente tendevano a compattare nella vita civile una classe tradizionalmente conflittuale, inquieta e riottosa, divisa in fazioni.






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[1] Marie-Thérèse Hipp, Mythes et réalités. Enquête sur le roman et les mémoires (1660-1700), Paris, C. Klincksieck, 1976, pp. 259-63.

[2] Si tratta della copia del Carnovale conservata presso la Biblioteca Universitaria di Genova alla segnatura 3.B.II.11. Per quanto riguarda l’identificazione dei personaggi avevo già notato la presenza della sorella di Anton Giulio, Aurelia Brignole Raggio sotto il nome di Aurelia Ragilla. Aggungo ora che sotto il nome di Costante Auriaco vi si trova anche Costantino Doria, ambasciatore straordinario a Madrid immediatamente prima di Anton Giulio, e figlio di Stefano cui il Brignole aveva già dedicato l’orazione del 1634: un intreccio, dunque, quasi inestricabile di famiglia e di politica. (per l’identificazione vd. Vito Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, “Atti della Società Ligure di Storia patria”, vol. LXIII, 1934, pp. 177-78.

[3] Questa la testimonianza attestata all’inizio del secolo in Scipione Della Cella, Rime dell’eccellente dottore Scipione de’ signori della Cella raccolte doppo sua morte, in Milano, per Marco Tullio Malatesta, 1609: “Avvertasi che l’autore usa per grazia di simili soprannomi secondo il costume della gioventù nobile genovese di pigliarseli in occasione di certe veglie usate in quella città e ritenersegli poi” (argomento del sonetto Clitio, se l’alme vince e i cori spetra).

[4] Davide Conrieri, Il romanzo ligure dell’età barocca, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, 1974, s. III, vol. IV, p. 937.

[5] Francesco Maria de’ Marini, Il fazzoletto. Tragicommedia inedita del secolo XVII, a cura di Fiorenzo Toso e Roberto Trovato, Bologna, Commissione per i Testi di lingua, 1997, pp. XI-XII.

[6] Per la storia del Satirico posto in casse nel 1643 e pubblicato con profonde modificazioni nel 1648 vd. Romola Gallo, Anton Giulio Brignole Sale, in Dibattito politico e problemi di governo a Genova, cit., pp. 189-90. Le fonti secentesche sono: Angelico Aprosio, La visiera alzata. Hecatoste di scrittori che vaghi d’andare in Maschera fuor del tempo di Carnovale sono scoperti da Gio Pietro Giacomo Villani senese Accademico Humorista infecondo e Geniale etc. Passatempo canicolare, in Parma, per gli Heredi del Vigna, 1689, pp. 33-34; Idem, La biblioteca aprosiana, cit., pp. 489-90; Idem, La grillaia. Curiosità erudite di Scipio Glareano accademico Incognito, Geniale, Apatista ed Ansioso, Conte Palatino etc, in Bologna, per Gio. Recaldini 1673, pp. 332-33.

[7] Per la data del matrimonio fra Aurelia Brignole e Giovan Battista Raggio che avvenne nel gennaio del 1636, vd. Romola Gallo Tomasinelli, Introduzione, a Anton Giulio Brignole Sale, I due anelli simili. Commedia in cinque atti, a cura di Romola Gallo Tomasinelli, Genova, Sagep, 1980 p. 26. Per Giovan Battista e la famiglia Raggio, legata alla Roma barberiniana, e variamente imparentata alle famiglie Brignole, Imperiale e Durazzo vd. Claudio Costantini, Genova e la guerra di Castro, cit., pp. 342-46. Di G.B. Raggio si trova il ritratto, senza la menzione di nessuno dei tre matrimoni, in Galeazzo Gualdo Priorato, Scena d’huomini illustri d’Italia, in Venezia, appresso Andrea Giuliani, 1659 (curiosità per ricercatrici: nessuna donna fra gli uomini illustri).

[8] Gabriello Chiabrera, Rime del sig. Gabriello Chiabrera. Le lodi de diversi eroi. Lacrime sopra la lor morte. Canzonette & Sonetti. Scherzi past. Vendemie di Parnaso. Rapimento di Cefalo. L’Erminia. L’Alcina Prigioniera. Sacre, raccolte da Piergirolamo Gentile, in Venetia, appresso Sebastiano Combi, 1610 (ma ne era uscita una edizione precedente nel 1605, vd. Gabriello Chiabrera, Maniere, Scherzi e Canzonette morali, a cura di Giulia Raboni, Parma, Fondazione Pietro Bembo/Ugo Guanda Editore, 1998, pp. 424-25).

[9] Vd. Bartolomé Benassar, Jean-Pierre Dedieu, Réflexion à propos de la mort d’Anne d’Autriche: le thème des vanités et fins dernières dans l’Espagne du XVIIe siècle, in L’âge d’or de l’influence espagnole. La France et l’Espagne à l’époque d’Anne d’Autriche 1615-1666, textes recueillis et publiés par Charles Mazouer, Mont-de-Marsan, Editions InterUniversitaires, 1991, pp. 106-7.

[10] Anton Giulio Brignole Sale, Epicedio al sig. Giovan Battista Raggi, in Lagrime d’Anton Giulio Brignole Sale per la morte di Emilia Adorni Raggi, in Piacenza, per Gieronimo Bazachi, 1634, pp. 93-94.

[11] Per la presenza genovese dell’Orrigoni, vd. Le glorie degli incogniti o vero gli huomini illustri dell’Accademia de’ signori Incogniti di Venetia, in Venezia, appresso Francesco Valvasense, 1647, pp. 91-95.

[12] L’uso della serenata derisoria, col termine di “fare le tenebre”, è attestato a Genova dallo stesso Brignole Sale: « quelle che si fanno a’vedovi con le caldaie, e co’buratti, allor che si rimaritano », vd. Anton Giulio Brignole Sale, Il satirico innocente. Epigrammi trasportati dal Greco all’Italiano e commentati dal Marchese A.G.B.S., in Genova, per Pier Giovanni Calenzani,[1648], p. 131 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 577].

[13] Pier Giuseppe Giustiniani, Per la morte della sig. Emilia Adorna Raggia, in Odi encomiastiche e morali di Pier Gioseppe Giustiniano all’illustrissimo signore Vincenzo Giustiniano marchese di Bassano, in Genova, per Gioseppe Pavoni, 1635; Giovan Battista Manzini, I funerali della bellezza, in De i furori della gioventù. Esercitij rhettorici di Gio B.M. parte seconda, in Bologna, presso Giacomo Monti e Carlo Zenero, 1634, pp. 129-60.

[14] Questa l’interpretazione che ne danno Marco Corradini, Genova e il Barocco, cit., pp. 21-22, e anche Maria Gabriella Stassi, Tra romanzo e novella: la narrativa barocca, in La macchina meravigliosa: il romanzo dalle origini al ‘700, Teoria e storia dei generi letterari, Torino, Stampatori Tirrenia, 1993, pp. 158-59.

[15] Su Giacomo Filippo Durazzo, marito dal 1620 di Maddalena Brignole, vd. DBI, XLII, 1993, pp. 148-50 (Maristella Cavanna Ciappina).

[16] Anton Giulio Brignole Sale, Oratione del marchese Anton Giulio Brignole Sale fatta nella coronatione del serenissimo Gio. Stefano Doria, in Nella coronatione del ser. mo Gio. Stefano Doria duce della Rep. di Genova, in Genova, per Giuseppe Pavoni, 1634 [vd. Maria Maira Niri, La tipografia a Genova e in Liguria, cit., scheda 418]. L’orazione fu poi inserita nelle Instabilità dell’ingegno (pp. 259-72 dell’ed. citata), pubblicato come instant book, ancora sotto il dogato di Giovan Stefano (che termina nel luglio del 1635). Per l’approssimativa data dell’edizione delle Instabilità dell’ingegno, vd. Michele De Marinis, Anton Giulio Brignole Sale e i suoi tempi, cit., p. 167.

[17] Luca Assarino, Diverse lettere e componimenti di Luca Assarino, con un saggio del Demetrio, Venezia, Sarzina, 1639, p. 16. Per la candidatura del Brignole avanzata nel 1631, vd. Carlo Bitossi, Il governo dei Magnifici, cit., p. 231n.

[18] Su Giovan Francesco Brignole Sale vd. DBI, XIV, 1972, pp. 21-32 (Maristella Ciappina) e anche Luigi Maria Levati, Dogi biennali di Genova dal 1528 al 1699, Genova, Tip. Marchese e Campora, 1930, vol. II, pp. 21-32. Più recentemente, sulla sua personalità di cólto collezionista, amante del “moderno”, vd. Laura Tagliaferro, La magnificenza privata. “Argenti, gioie, quadri e altri mobili” della famiglia Brignole Sale, secoli XVI-XIX, Genova, Marietti, 1995, pp. 136-38.

[19] Carlo Bitossi, Il governo dei Magnifici, cit., pp. 231, 266.

[20] Claudio Costantini, Politica e storiografia: l’età dei grandi repubblichisti, cit., pp. 93-135.




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Anton Giulio Brignole Sale.
Un ritratto letterario

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