Giannettino Giustiniani, 1a, 1b, 1c, 1d, 1e, 1f, 1g, 1h, 1i, 1j, 1k, 1l, 1m

Giannettino e i Barberini





Tra gli eventi esterni che condizionarono e, almeno in una certa misura, valorizzarono l’opera di Giannettino a Genova e la sua posizione di agente della Francia in Italia, il più importante fu sicuramente, nell’estate del ‘44, il cambio di pontificato. Come è noto, nel conclave per la successione di Urbano VIII i Barberini, che guidavano la fazione più numerosa del Sacro Collegio, cercarono di barcamenarsi tra i veti e i desiderata delle due Corone, con l’obiettivo di subordinare la scelta del nuovo Papa al mantenimento di una posizione di preminenza in Roma per la propria Casa. Ma i Barberini esagerarono nei tatticismi e nelle furberie e finirono per restare prigionieri dei loro stessi intrighi.
Risultò eletto, con l’apporto determinante del cardinale Antonio, protettore di Francia e capo del partito francese nel collegio dei cardinali, Giambattista Pamphili, notoriamente filospagnolo e nemico personale dello stesso Antonio e – ancor più – di Mazzarino. Il nuovo Papa aveva ottenuto l’elezione al termine di una faticosa trattativa e sulla base di condizioni minuziosamente definite, il che aveva suscitato qualcosa di più di un semplice sospetto di simonia: le prove del mercato erano rimaste in mano di Antonio a garanzia che i patti sarebbero stati rispettati. Ma Mazzarino, furibondo contro Antonio che aveva abbandonato la linea di condotta concordata e fatto Papa un suo nemico, lo privò della Protettoria di Francia e della grazia della Regina. Al tempo stesso Papa Innocenzo, strettamente condizionato dagli Spagnoli e da casa Medici, mostrò chiaramente di voler eludere gli impegni presi. Per i Barberini, dapprima emarginati, poi apertamente perseguitati dal Pontefice, fu un momento difficile.
Nel febbraio del 1645 Mazzarino inviò alla Corte romana come ambasciatore il signor di Grémonville, con il compito di sondare le reali intenzioni del Papa nei confronti della Francia, e se possibile, di giungere con lui ad un’intesa, a spese, appunto, dei Barberini. Ma Innocenzo X, per ostilità nei confronti di Mazzarino (di cui auspicava e dava per imminente la caduta), non colse l’opportunità che gli veniva offerta e, perseverando in una linea sfacciatamente filoasburgica, finì per fare il gioco dei suoi avversari: la posizione di Mazzarino in Francia si rafforzò, se non altro perchè nella Corte una generale reazione di orgoglio indusse al silenzio e all’inazione anche gli elementi più vicini al Pontefice, mentre i Barberini, ancora influenti per ricchezze e clientele, finirono per risultare gli unici possibili alleati in Roma di Mazzarino, che infatti li recuperò rapidamente all’amicizia francese.[1]
Nel settembre del 1645 il cardinale Antonio, che era il più direttamente minacciato dalle persecuzioni di Innocenzo, decise di fuggire da Roma e di riparare a Parigi. Il primo ottobre 1645 arrivò a Genova, prima tappa del suo viaggio, dove sapeva di poter contare sull’aiuto di alcune potenti famiglie tradizionalmente legate alla sua Casa (i Barberini, fra l’altro, quali nipoti di Papa, erano ascritti alla nobiltà genovese). Fu allora che Giannettino ebbe modo di conoscerlo e frequentarlo, e di stringere con lui un rapporto d’amicizia e di servitù che durò fino alla morte del cardinale, nel 1671.[2] Giannettino aveva capito che entrare in confidenza con il cardinale Antonio e ostentarne l’amicizia poteva rappresentare una grossa opportunità, anche per consolidare la sua posizione come agente di Mazzarino.

« Doppo d’havere già scritto a Vostra Eminenza e serrato il piego, è stato a rittrovarmi il signor Tobia Pallavicino, et mi ha detto che il signor cardinale Antonio desiderava d’abboccarsi meco per un suo affare importante. Mi transferii subito a Sampierdarena in casa de fratelli del signor cardinale Grimaldi dove haveva dormito Sua Eminenza, la quale mi stava attendendo ad una fenestra, e subito che mi vidde venne alla mia volta, mi prese per la mano, mi condusse nell’ultima stanza, et egli stesso chiuse la porta, poi mi disse queste precise parole: ‘signor Giannettino, io ho elletto Vostra Signoria illustrissima (così egli tratta tutta questa nobiltà) per il più fedele amico, e più interessato nelle fortune del signor cardinale Mazzarini, non solo che sii in questa Republica, ma per le relationi che ho, anche altrove, perciò doppo d’havere consultato assai longamente fra me medesimo se forse dovessi confidarmi di qualch’altri che ha delle obligationi alla mia Casa che lei non ha, ho tuttavia risoluto di confidare nella sua persona’. Le resi humilissime gratie dell’honore che mi faceva, che ben potteva errare in tutto fuori che nel credermi, tutto che il minimo, il più devoto de servi di Vostra Eminenza et che dove havessi pottuto accoppiare il servitio di Vostra Eminenza con il suo, che l’haverei sempre fatto di bonissima voglia. Alhora mi soggiunse: ‘Riuscirà sempre questo facile a Vostra Signoria, perchè il mio non contrarierà mai a quello del signor cardinale Mazzarini’ et alhora, fattale una proffonda riverenza mi posi in atto d’udire ciò che mi comandava. ‘La prego donque’, mi disse, ‘d’acchiudere nel piego di Sua Eminenza queste mie lettere, et di scriverle a mio nome ch’io non sono partito di Roma per altro che per giustificare le mie attioni con Sua Maestà, e continuare quella divotione e servitù che in me mai si è intepidita, che gli haverei subito spedito di qua un de miei, se mi fossi rittrovato con più de due soli servitori, come ella è buon testimonio che lo farrò in appresso, et che intanto prevenirò questa medesima speditione con la straordinaria di qualche corriero espresso, et che non ho altra confidenza, né speranza del buon successo de miei desiderii che nell’affetto di Sua Eminenza, la quale so che sempre mi ha amato, et che continua ad amarmi’. Io le risposi che haverei fedelmente essequito quanto m’honorava d’impormi. Poi mi segnò che haverebbe havuto per gran fortuna se fosse pottuto succedere ch’io mi aboccassi con Vostra Eminenza de suoi interessi ».[3]

Giannettino sperò di potersi aggregare al seguito di Antonio e di tornare con lui Parigi, dove contava di sistemare di persona i suoi interessi (lamentava di essere già creditore di diverse annate di pensione), ma Mazzarino lo fermò:

« J’ay eu grand plaisir de veoir la confiance que le dit sieur Cardinal a pris en vous, quant au desir qu’il tesmoigne que vous l’accompagniez dans le voyage qu’il espere de pouvoir faire en cette cour, il n’est pas autrement jugé icy a propos parce-que dans ces conionctures vostre presence semble plus necessaire a Génes ».[4]

La fuga di Antonio da Roma e poi, nel gennaio del 1646, quella dei suoi fratelli, il cardinale Francesco ed il principe Taddeo con i suoi figli, furono occasione di un’accesa campagna pubblicistica antibarberiniana (ma anche antimazzariniana), che culminò con la pubblicazione di un violento libello, la Malconsigliata fuga del cardinal Antonio, a cui fu chiamato a rispondere Raffaele Della Torre, già in rapporto con i Barberini, con la citata Fuga del Cardinal Antonio male interpretata e peggio caluniata. Come ho accennato in precedenza, Giannettino si rese utile in quell’occasione ai Barberini seguendone da vicino la stesura e poi, dopo la stampa del libro in Francia, la diffusione in Italia.
Quando, dopo lunghe e difficili trattative, e sotto la minaccia di un intervento armato, Innocenzo X si decise a riaccogliere nella sua grazia, almeno formalmente, i Barberini, Giannettino credette, un pò ingenuamente, di aver avuto qualche merito nella faccenda, e se ne vantò con Mazzarino,[5] così come, qualche tempo dopo, si sarebbe vantato di aver favorito la promozione cardinalizia di Michele Mazzarino.[6]
Vanterie a parte, sembra che il legame di Giannettino con il cardinale Antonio (e con il suo entourage, dal cardinale Grimaldi all’abate Gio Antonio Costa) si sia davvero rafforzato con il tempo. Ho accennato all’intensa corrispondenza che intercorse tra i due sino alla morte del cardinale: di certo Antonio non mancò di appoggiare (senza grande successo, per la verità) le insistenti richieste che Giannettino rivolgeva a Mazzarino per ottenere più formali riconoscimenti del suo servizio e più regolari e sostanziose remunerazioni.[7] Nei soggiorni genovesi di Antonio, poi, i due ebbero modo di frequentarsi e di familiarizzare.[8]




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[1] Per l’intera questione vedi Costantini 1990, 1996, 1998.

[2] Sui rapporti di Giannettino con il cardinale Antonio si veda Marinelli, pp. 6 e segg.

[3] AAE, CP, Gênes 4, cc. 463-465, 10 ottobre 1645.

[4] Ricci, pp. 22-24, 1 novembre 1645: trascrivo però dalla lettera originale, conservata in ASC, ms 049, doc. n. 13. Circa la richiesta di Giannettino di poter accompagnare il cardinale Antonio si vedano le lettere di Giannettino del 17 e 30 ottobre e del 13 novembre 1645 in AAE, CP, Gênes 4, cc. 468-470, 477-479 e 489-493. Alla fine il permesso venne accordato (Ricci, pp. 24-25, 22 novembre 1645), ma, secondo una tecnica dilatoria abituale in Mazzarino, con tale ritardo che, data anche la cattiva stagione, a Giannettino fu impossibile raggiungere il cardinale Antonio (AAE, CP, Gênes 4, cc. 512-516 e cc. 517-519, 4 e 12 dicembre 1645).

[5] « Mi scrive di Roma il candidissimo monsignor Scotti, buono e fedele servitore di Vostra Eminenza, che niuno haveva cooperato più all’ultima gratia della liberatione de signori cardinali Barberini di me, con una lettera nella quale gli scrivevo che le gratie smezzate le quali il Papa andava facendo alla Francia erano quello che la trattenevano di non darle con violenza (come ha per natura) tutte le sodisfattioni desiderate, et che se non fossero le destrissime maniere, et l’efficace volontà di Vostra Eminenza di volerle dare ogni gusto, che seguirebbe di molto peggio, perchè essendo egli ad una privata udienza del Papa, Sua Santità gli richiedette se haveva ricevuto mie lettere, et che cosa gli scrivevo, dove che il buon prelato hebbe per bene di leggerle la stessa lettera che haveva appresso di sè con il contenuto di sopra, et che doppo d’haverla sentita, il Papa le disse: ‘Questo gentilhuomo non sapeva già che dovesse pervenirci quello che le scrive familiarmente, in confidenza, né puole havere che un ottimo fine, et ci è caro questo suo libero sentimento.’ La detta passata seguì la domenica, et il lunedì poi Sua Santità disse all’abbate di San Nicolò che in gratia delle Loro Maestà, si contentava che li signori cardinali fossero liberi d’andare dovunque più le piacesse » (AAE, CP, Gênes 6, cc. 241-244, 15 aprile 1647).

[6] AAE, CP, Gênes 6, cc. 414-415, 11 ottobre 1647.

[7] Come si vedrà, il cardinale Antonio, il cardinale Grimaldi, l’abate Costa e forse altri del giro di Antonio sembrano essersi mossi all’unisono e in più occasioni a favore di Giannettino. Sull’abate Gio Antonio Costa vedi Costantini 1998, passim.

[8] Vedi ad esempio quel che riferiva Giannettino a Mazzarino il 15 ottobre 1652: « Nel soggiorno d’un mese che il signor cardinale Antonio Barberini si è compiacciuto di fare in una mia piccola casa di campagna, ha contratta meco una sì intima confidenza che ha confessato più volte non haveva mai havuta somigliante con alcun altro. L’ho rittrovato per verità constantissimo in voler essere servitore, amico e parente di Vostra Eminenza, come anche morire buono e fedele servitore delle Loro Maestà, che perciò gli è stato facile l’unanimarsi fra di noi. Egli è però sì mal sodisfatto del signor cardinale Francesco, sì contrario alli suoi sentimenti, e sì averso alla sua condotta, che non faranno mai buona lega, massime per la sua instabiltà, e non ben salda inclinatione alla Francia » (AAE, CP, Gênes 9, cc. 29-32). I passaggi di Antonio per Genova sono puntualmente registrati nella corrispondenza di Giannettino.




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Barbara Marinelli

Un corrispondente genovese di Mazzarino


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Indice
Abbreviazioni
Criteri di edizione
Indice dei nomi
Opere citate
Genealogia


Giannettino Giustiniani
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1j 1k 1l 1m

APPENDICI

2. Il Ristretto

3 Le lettere
3a. Introduzione
3b. 1647-1654
3c. 1655-1656
3d. 1657-1660


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