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Giannettino Giustiniani, 1a, 1b, 1c, 1d, 1e, 1f, 1g, 1h, 1i, 1j, 1k, 1l, 1m Altri pretendenti alla carica di residente Ad impensierire Giannettino, nei primi mesi del 1648 comparve a Genova, mandatovi, come pretendeva, dal governo francese per non so quale scopo, il conte Francesco de Bonsi, fratello del vescovo di Bèziers e già residente francese a Mantova.[1] Il rifiuto della Repubblica di accettare come residente di un principe straniero un suo cittadino lo aveva indotto a proporsi per quella carica in luogo di Giannettino, e a questo fine aveva sollecitato nel febbraio del 1648 l’appoggio del cardinale Barberini.[2] Nel marzo scriveva ad un membro della Segreteria di Stato: « La Serenissima Republica haveva avvisato Sua Maestà e Sua Eminenza di non poter permettere che il signor Giannettino Giustiniani esercitasse la carica delli affari della Corona per esser prohibito dalle leggi della medesima Republica che li suoi cittadini potessero far li fatti di principi stranieri. Adesso le dico che la stessa Republica ha fatto un passo più avanti, et ha fatto chiamar il medesimo signore et intimatoli espressamente che, sotto pena della sua disgrazia, si astenga d’ingerirsi nelli affari spettanti tra Sua Maestà e lei, sì che stante questo, credo che Sua Maestà non commetta le cose sue a qualchedun’altro, non essendo un luogo questo da lassare senza un ministro, per questo rispetto si facilita a me la strada di potere haver l’impiego, che si come per le lettere di Sua Maestà che mi comandavano la partenza da Mantova, e di dovermi fermar qui per attender li ordini di quello che io dovessi farvi per il suo servitio, si poteva supponere che qui appunto mi fosse destinato l’impiego, e per causa di qualche emulazione o mali officii che mi siano stati fatti non ne habbi veduto li effetti, così essendo io qui mandato, et non essendo per esser discaro alla medesima Republica, potrò tanto meglio servire Sua Maestà et haver modo di continuar nell’impiego, et in che supplico humilissimamente di voler interponere la sua autorità acciò possa haver questo honore ».[3] Il cardinale Mazzarino però non aveva intenzione di affidare al conte incarichi, e nel 1650, di fronte al suo continuo rincorrere qua e là per l’Italia un impiego del governo, gli scrisse una brusca lettera che non lasciava adito a dubbi: « Mi sorprende la lettera che Vostra Signoria mi scrive di Saluzzo, perchè non ho mai fatto riflessione alcuna che ella si trattenesse in cotesta piazza, at e dirle il vero mi meraviglio che havendo ella in Besier la casa di monsignor Vescovo suo fratello vada peregrinando per il mondo come se fosse senza ricetto co’ suoi più congionti parenti. Io la consiglierei dunque, per riputatione sua e di monsignore insieme, di ritirarsi appresso di lui, ove potrà aspettare con più comodità le occasioni che potranno forse venire d’impiegarla, nelle quali come in ogn’altra cosa di suo servitio mi adoprerò sempre volontieri, non solo per l’affetto che le porto ma per le calde istanze che mi hanno fatto li signori cardinali Barberino, Giori ed il signor Baly di Valenzè,[4] e fra tanto non le mancheranno modi di rendersi utile al servitio del Re e della sua propria Casa più in Lingua d’Oca che nel luogo ov’ella si ritrova. Che è quanto mi occorre di dirle in risposta alla sua delli 28 marzo ».[5] Qualche anno più tardi, nel 1652, un altro personaggio provò a sostituirsi a Giannettino: Eugenio Gamurrini. Per i suoi noti legami con Mazzarino, Gamurrini era stato costretto (almeno così diceva) a lasciare la Francia turbata dalla Fronda ed era riparato a Genova. Da Genova continuò a lavorare per il governo francese tenendosi in contatto con i principali esponenti del partito in Italia, da Antonio Barberini al cardinale d’Este. Ad entrambi comunicò l’intenzione di assumere la residenza di Genova e ad entrambi chiese di appoggiare il suo progetto.[6] « Non ostante la grande gelosia ch’ha preso il signor Giannettino Giustiniani per la mia dimora quivi, con havere scritto contro di me alla Corte, mi viene comandato dal signor cardinale Mazzarino, di consentimento del signor conte di Brienne, di agitare e trattare li affari di Sua Maestà Cristianissima appresso questa serenissima Republica, dalla quale sono tanto gradito che mi prometto ogni negoziato felicissimo. Questa nobiltà, che odia Giustiniani, mi fa dimostrazioni tali ch’io sono stato risoluto di scrivere alla Corte d’havere la plenipotenza, cioè la Residenza di Sua Maestà in questa città, essendo stata vacante più di 8 anni ».[7] Con Mazzarino, nel luglio, Gamurrini attaccò apertamente Giannettino mettendone in dubbio la riservatezza ed insinuando i soliti sospetti di collusione con gli avversari: « Io l’ho pregata a volermi appoggiare la carica di residente, mediante la quale mi prometto buono esito appresso questa Serenissima Republica, nella quale vi vole persone che parlino ardentemente, et non parlare per ciarabottana come fa il signor Giannettino, alla quale manda il console a parlare non potendosi esso rappresentarsi, et tanto più che trattandosi di negozii gravi et segretissimi, non vi vogliono dirgli niente, essendo molto ben informati questi signori che non si opra nulla dal signor Giustiniani che non si sappi dal signor Gio Antonio Saoli, quale è sempre in sua casa, e questo è intimo e parente del signor marchese Spinola. Vostra Eminenza s’informi di ciò, havendo quivi Vostra Eminenza delli amici, che troverà che dico la verità, et perciò questi signori senatori, non havendoli amici nostri et nemici aperti delli Spagnoli, li haveremo coperti, et ci contribuiranno del denaro, et perciò ci è necessario la segretezza, et mi dichiaro di non voler punto dependere dalla volontà di detto Giustiniani, poichè esso ha bisogno de denari per sostentare se et la famiglia, et io sono sostentato, non havendo altro pensiero che di servire la Corona et haver l’occasione di acquistarmi honore come hanno fatto li miei antenati nel servitio della Corona. Io non domando nulla, et non pretendo con la carica li emolumenti, ma bensì, quando sarà commodo della Corona, la preghiera di conferirmi una picciola abbatia ».[8] Giannettino ripagò il concorrente con la stessa moneta: « Gli è qualche tempo che pensavo di dare parte a Vostra Eminenza rittrovarsi in questa città un tal monaco di San Benedetto Gamorini d’Arezzo, il quale prettende parentado con il signor conte di Brienne, ma l’ho sempre differito stimando che non dovesse trattenersi. Gli è il più sciocco di tutti gli huomini, ma di quelli che non sanno se non far pregiuditio: fa del principista, tiene gran corrispondenze in Francia, ma questo poco importarebbe, ne ha a Milano una con un spagnolo al quale partecipa tutte le malvaggità che vengono scritte di Pariggi, e colà si fanno stampare, e questa settimana ha publicato per lettera del signor cardinale di Retz (mi dicono che ha detto) essere la peste nella corte, in modo che da questo magistrato sopra la sanità si tratta di sospendere tutta la Francia. Egli s’ingerisce in scrivere a gl’ambasciatori, se bene Valenzé e Servient [9] non gli respondono, et m’hanno scritto di conoscerlo per un pazzo. Ha ottennuto dal signor di Lieu [10] che li corrieri di Sua Maestà vadino da lui nella forma che vengono da me, e si spaccia per ministro, divenuto la favola non solo de monaci, ma di tutta la città, facendosene gioco li Spagnoli in fare che restino autorizzate le nove che dà contro del reggio servitio ».[11] Una settimana più tardi aggiungeva nuove accuse: « Quel monaco Gamorini, del quale scrissi a Vostra Eminenza con le precedenti, ha qui publicato che Vostra Eminenza partiva questa volta dadovero dalla Francia, e che per quanto li suoi partiali si lusingano che debba rittornare in breve, non seguirà, ma sarrà dichiarato primo ministro il cardinale di Retz, essendosi sino avanzato in attestare di venirle scritto da questa eminenza. Io ne sono grandemente stommacato di questo monaco, et se mi verrà commandato che lo mortifichi, lo farò di buona maniera, tutto che non habbi più fiato, conservando la riputatione con il longo credito acquistato nel corso di tanti anni ».[12] Eugenio Gamurrini venne alla fine allontanato da Genova. Anche se forse non furono solo le mene di Giannettino a determinarne l’allontanamento, era inevitabile che Gamurrini gliene addossasse per intero la colpa. Nell’ottobre 1653, con il cardinale Mazzarino, dopo aver ripercorso la sua attività al servizio della Francia, ricostruiva così l’episodio genovese: « Mi condussi finalmente a Genova, dove servii la Francia con applausi medesimi di Vostra Eminenza, come apparisce in una scrittami da Suglì li 2 aprile, e ridotta da me la Republica di rimirare con buon occhio li Francesi, già fatti esosi, stimolata quella nobiltà, la quale anticamente componeva una grossa fazzione, già fatta neutrale, a riprendere coraggio in difesa della Corona e non permettere che in quel senato si determini cosa pregiudiciale, né direttamente né indirettamente alla Corona, ammollita la plebe, fatta molto rigida contro la Francia, e di più incitata dalli ministri di Spagna per haverla ad ogni motivo et occasione che potesse nascere nella città per far perdere la libertà tanto uccellata per le massime che tengono quei ministri, delle quali n’ho procurato copia con un buon sborso, per poter attraversare ogni loro attentato, e resi infine l’affari della Corona in un posto tale, che mai quella Republica è stata così ben affetta alla Francia, quanto nelle presenti annate. Questi miei progressi destorno una grand’invidia nel cuore d’un ministro vecchio genovese che fa del francese, ma governato da Spagnoli per non poter resistere a vivere da villano, nonchè da cittadino, tenendo la sua residenza in campagna, lontana da Genova per 20 miglia (noto molto bene il suo procedere alla Republica) ad arrotare i denti, et aguzzare la lingua contro di me, e non trovando modo di attaccarmi così vivamente, scrisse che io tenevo corrispondenza con il cardinale di Retz, e con il cardinale De Medici, il primo stimato reo, et il secondo diffidente della Corona, e valsero tanto queste calunnie che infine ottennero di farmi levare la carica, con modo ancora inusitato, facendomi richiamare da miei superiori con minaccie che dimorando più in detta città ci haverei lassato la vita ».[13] [1] Il conte Francesco de Bonsi o Bonzi era stato nel 1647 residente di Francia a Mantova. Suo figlio Piero, nato nel 1629, fu residente del Granduca di Toscana a Parigi, entrò nelle grazie di Mazzarino, che lo mandò ambasciatore presso la Repubblica di Venezia. Nel 1658 successe allo zio Clemente nella carica di vescovo di Bèziers. [2] « La supplico » scriveva al cardinale Barberini, « voler nelle sue lettere ordinarie rinovar li offizii con Sua Eminenza [Mazzarino] perchè venga risoluto il mio impiego qui, dove non è dalla Republica veduto volentieri il signor Giannettino, ma vedria me volentieri come forastiero, e per tanto più largo campo resta a Sua Eminenza et a quei signori ministri di consolarmi, perchè mi hanno fatto venir qui » (BAV, Barb. Lat. 10036, c. 81, Francesco Bonsi al Cardinale Barberini, Genova, 29 febbraio 1648). Anche i rappresentanti del governo della Repubblica avevano creduto che il soggiorno di Francesco Bonsi a Genova avesse come fine la sua nomina a residente (cfr. in appendice, Ristretto). [3] AAE, CP, Gênes 5, cc. 508-509, Genova, 10 marzo 1648. [4] Henri d’Estampes de Valençay (1603-1678), Gran Priore dell’ordine di Malta, nipote del cardinale Achille. [5] BL, ADD, 8749, cc. 67-68, Mazzarino a Francesco Bonsi, Parigi, 13 maggio 1650. La lettera è pubblicata in Morbio, pp. 100-101. Morbio scrive Giorgi invece di Giori. [6] Sul Gamurrini vedi De Rosa in DBI. [7] ASM, CA, Genova, b. 9, Eugenio Gamurrini al Cardinale d’Este, Genova, 25 maggio 1652. Cfr. BAV, Barb.Lat. 9845, f. 54, Eugenio Gamurrini ad Antonio Barberini, Genova, 14 maggio 1652. [8] AAE, CP, Gênes 9, cc. 36-37, Gamurrini a Mazzarino, Genova, 16 luglio 1652. [9] Abel Servien, marchese di Sablé e di Boisdauphin, conte di Roche-Servien (1593-1659), figlio di Antoine Servien. Hugues de Lionne era suo nipote. [10] Titolare della posta di Lione. [11] AAE, CP, Gênes 8, cc. 269-271, 21 agosto 1652 [12] AAE, CP, Gênes 8, cc. 272-274, 3 settembre 1652. [13] AAE, CP, Gênes 9, cc. 150-151, Gamurrini a Mazzarino, Arezzo, 19 ottobre 1653. |
Barbara Marinelli Un corrispondente genovese di Mazzarino * Indice Abbreviazioni Criteri di edizione Indice dei nomi Opere citate Genealogia Giannettino Giustiniani 1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1j 1k 1l 1m APPENDICI 2. Il Ristretto 3 Le lettere 3a. Introduzione 3b. 1647-1654 3c. 1655-1656 3d. 1657-1660 * * quaderni.net |