Lettere di Mazzarino a Giannettino Giustiniani, Introduzione, 1647-1654, 1655-1656, 1657-1660

Lettere di Mazzarino a Giannettino Giustiniani
Anni 1647-1654





1) BCB, BS, ms. 46, c. 507. Amiens, 3 luglio 1647 [1]

I principi di questa campagna non sono molto favorevoli per le cose della Monarchia,[2] e noi li soffriamo malvolentieri non per le perdite, che sono di poca ho [sic] nessuna occasione, ma perchè siamo mal avvezzi a sempre vincere. I Spagnoli, al contrario, fanno gran festa della presa di Amiens e due altri luoghetti che quando furono presi da noi in pochi giorni, ho [sic] hore, non se ne parlò punto.
In Catalogna il signor principe di Condè ha levato l’assedio di Lerida, nella quale non ha incontrata l’oppositione d’altro nemico che d’un rocco, che l’ha consigliato a fare questa resolutione. Questi accidenti benchè non diano vantaggio alcuno a Spagnoli, non di meno essi lo pigliaranno per rendersi più difficili alla pace, dove che doverrebbero servirsene per concluderla con maggior reputatione loro, il che Dio sa se gli succederà un altr’anno, e la presente campagna non è anchor passata per poter giudicare del fin di essa.
L’essercito di Catalogna è tanto intero per potersi applicare ove si giudicherà opportuno, quello di Fiandra va seguitando il nemico per combatterlo, et hora in hora stiamo aspettando in sentire nuove del successo, sì che prego Dio che sia tale che possa dispor l’animo de Spagnoli ad una buona pace.
Circa quello che Vostra Signoria propone, che si mandi costà un giovane che scriva francese sotto di lei e che riceva et esseguisca i suoi ordini, si andrà pensando di trovar modo che si faccia il servitio del Re con accrescimento dell’autorità e credito di Vostra Signoria.[3]


2) BCB, BS, ms. 46, c. 513. Amiens, 30 luglio 1647 [4]

È tale la premura che io ho di secondare i desiderii di Vostra Signoria, e di promuovere quelle cose che posson ridondare a suo vantaggio e reputatione, che havendo io nell’occasione della morte del signor Moncis [5] rappresentati alla Regina i sensi di Vostra Signoria per il buon servitio del Re, si è compiaciuta la Maestà Sua d’ordinare che i negotii di questa Corona restino appoggiati totalmente alla cura, diligenza e valore di Vostra Signoria, con gli emolumenti soliti darsi a residenti, che sono 12.000 lire per ciaschedun anno. Io non potevo incontrare occasione di maggior gusto che questa per far conoscere al medesimo la stima che si fa di Vostra Signoria e la confidenza che ha Sua Maestà nella di lei sperimentata fede, né ella poteva desiderare miglior commodità, per sostener le spese che le conviene fare, quanto è questa di aumentare alla sua pensione ordinaria questo nuovo aiuto. Continui Vostra Signoria allegramente nel servitio di Sua Maestà, di cui le mando qui congionte le speditioni, mentre io resto continovando verso di lei il mio affetto e la mia prontissima dispositione.


3) BCB, m.r. VI.3.2, p. 545. Parigi, 1 luglio 1648.

È vero che Stefano e Gio Battista Questa vennero a Parigi a proporre una sorpresa della città di Genova,[6] la quale non fu però accettata, anzi si rispose chiaramente che la Corona di Francia non haveva inimicitia alcuna con la Republica di Genova, che non conveniva trattare questo negotio, ma per che si conobbero questi tali risoluti di volerlo intraprendere in qualsivoglia modo per mezzo d’altri Principi, et accennavano ancora di poterlo fare per mezzo de Spagnuoli, si giudicò bene d’andarli trattenendo, finché il negotio svanisse col tempo da sé medesimo, e si scuoprisse per altra strada, che per la nostra, non essendo solito che li Prencipi rivelino l’intraprese che sono loro proposte, né che procurino la rovina di quelli che si confidano nella loro fede. Si vede però chiaramente non essersi mai abbracciata questa intelligenza dal lungo tempo che è corso doppo che li detti Questi vennero a Parigi, dalle molte lettere che hanno scritto qua in diversi tempi, lamentandosi di non haver risposta alcuna, né risolutione sopra le cose che havevano domandate, l’una delle quali era una tratta de grani, che si è loro negata, et il consolato francese, che pochi mesi sono si è dato ad un’altra persona nonostante le loro instanze, oltre che havendo noi hauta in questo tempo l’armata in mare e tante truppe che si sono traghettate , et essendo il luogo destinato alla sorpresa già preparato, senza che vi mancasse cosa alcuna per l’essecutione, se non la nostra volontà, è certo che questa non vi è mai stata, ma solo l’intentione d’impedirle l’effetto, quando, esclusi li detti Questa dalla Francia, si fossero rivolti ad altro Prencipe. In che la Republica deve riconoscere la sincerità dell’animo nostro, che è stato di divertire ogni disgratia che le potesse succedere con il ritardamento e con le dilationi, che sono li veri antidoti de simili veleni.


4) AAE, MD, France 270, c. 19. Parigi, 9 gennaio 1654

Approvo il pensiero di Vostra Signoria che il Re scriva alla Republica una lettera nella forma ch’ella accenna, e forse il signor conte di Brienne la mandarà con questo ordinario. Quanto alla levata de soldati, la sicurtà che io offerisco di dare in Genova, poteva tener luogo di pagamento effettivo, ma quando si voglia da me il danaro anticipato, non farò difficoltà alcuna di darlo, purchè si dia a me la medesima sicurtà di adempire il convenuto. Il prezzo però di quattro doppie è eccessivo, perchè havendo io mandato un huomo in Piemonte, mi fa gran numero di soldati italiani a una doppia, una e mezza o due al più, condotti al quartiere in Francia, dimodochè, quando io dessi tre doppie per soldato condotto in Provenza, sarebbe il più che potessi dare; sopra di che starò aspettando l’ultima risposta per poter dar ordine, o alla levata del regimento intiero, secondo i capitoli mandati, o di qualche centinaia di soldati. Che è quanto devo dirle, e le prego da Dio ogni contento. Con l’ordinario seguente si mandaranno a Vostra Signoria le mostre de broccati.[7]


5) AAE, MD, France 270, cc. 23-24. Parigi, 16 gennaio 1654

È stata certo mal’attione, quella del Viceré di Napoli,[8] di far metter in galera li francesi prigioni di guerra, e mi maraviglio che non habbia pensato che habbiamo in mano il modo di rifarcene, come in effetto si è dato ordine, che tutti i prigioni fatti ultimamente in Catalogna siano condotti a Tolone nelle galere.
Ho ricevuto le due operette del Padre Alberti,[9] e con mia commodità le andarò vedendo. br> Io non sapevo che cosa le mie sorelle havessero dato al signor Zoagli,[10] ma il Pronti, che è giunto qua di Provenza mi dice ch’egli si trovò presente quando un diamante datoli fu pagato in Marsilia cento doppie, il che dico solo per informatione di Vostra Signoria, perchè nel resto è una bagatella rispetto al merito di questo gentilhuomo. Ho veduta la traduttione degl’elogii che Vostra Signoria ha mandata, i quali, essendo in lingua latina intesa da tutti, non devono esser tradotti, perchè l’italiano non haverebbe la medema forza e si farebbe gran torto all’autore. E qui le auguro dal Cielo ogni compita contentezza.
Di Vostra Signoria etc., alla quale faccio sapere che il conte d’Ognate [11] mi ha spedito un corriero per haver un passaporto che io li ho mandato, non ostante il mal termine usato con me nel particolare del Valperga,[12] di che li ho dato un cenno nella risposta che li ho fatta, et meglio mi ne sono dichiarato col signor Gio Filippo Spinola,[13] che mi ha scritto per il medesimo corriero. Se Vostra Signoria sarà in tempo, e che veda o l’uno o l’altro de sudetti, procuri di sapere ove si trova hora il detto Valperga, e di veder se si può haver la sua libertà, havendo io voluto vincere di cortesia il detto conte di Ognate, e farli conoscere il suo mancamento.


6) AAE, MD, France 270, cc.47-48. Parigi, 13 febbraio 1654

Colbert, che ha inviata a Vostra Signoria una lettera di cambio, non è mercante, ma fratello [14] di questo che ha la cura della mia Casa e de miei affari qui in Parigi, e suplirà intieramente alla spesa delle cose ultimamente comprate da lei. Per quello poi riguarda i broccati, adesso che la moneta è ridotta al giusto valore, si rimetterà assolutamente il denaro. Quanto alle mostre delle tele d’oro non si rimandano col presente ordinario, perchè aspetto di veder prima quelle che m’invia il signor Benedetto Cittadini, che non sono ancora giunte. Fra quelle di Vostra Signoria credo vi sarà qualche cosa a proposito, e se mi risolvo di farne fare il lavoro, mi serà di grand’avantaggio e sodisfattione il poter trattar a dirittura col medesimo signor Benedetto, havendoli promesso il signor marchese di Carazena [15] di poter haver comercio meco per simili cose.
Ha ragione il Doge [16] di desiderar che il vascello Marabotto [17] sia restituito: qua si sono sempre dati gl’ordini con ogni sincerità e senza riserva alcuna e non ho mai saputo da chi proceda veramente l’impedimento. Non mi meraviglio che ciò non sia seguito ne tempi delle turbulenze, ma hora si sono rinovati gl’ordini, come gl’ha dimandati il marchese Pallavicini, e non dubito che la volontà del Re non sia esseguita.
La scusa del signor conte d’Ognate d’haver creduta la mia lettera falsa è veramente assai debole, e voglio credere che havendo Sua Eccellenza, veduto la cortesia con la quale ho trattato seco, sia per corrispondermi, giunto che sarà alla corte, con procurare la liberatione del Valperga, per la quale Vostra Signoria mi farà favore di far continue instanze appresso il signor Gio Filippo Spinola, acciò si contenti di darne memoria a detto signor Conte come di cosa che mi preme assai. Io non so dove andaranno a parare le speranze della pace, ma posso ben dire a Vostra Signoria che il corriero del Papa, che qui è passato in Spagna, ha portato di qua tutte le facilità possibili per venire ad un congresso, dimodoché saranno obligati in quella corte, o di condescendervi, o di far conoscere l’aversione che hanno alla pace.


7) AAE, MD, France 270, cc. 60-61. Parigi, 27 febbraio 1654

Io non conosco il signor Giulio Spinola,[18] né ho dato commissione al signor Marco Antonio Gentile di trattar seco; può ben essere che parlando io seco d’altra cosa gl’habbia motivato incidentemente il desiderio ch’havevo di fare un regimento d’Italiani, e ch’egli poi habbia fatto le diligenze che Vostra Signoria mi scrive, ma ella havrà già ricevuta l’ultima mia lettera sopra questo particolare, alla quale mi riporto.
Non mi par molto delicato, né sotile, l’artifitio di quel secretario dell’arciduca in voler far credere ch’io non habbia volontà di far la pace mentre procuro d’haver intelligenza nelle piazze del Re di Spagna, come se parlandosi di far un congresso per la pace non si proseguisse fra tanto di far la guerra. Io prometto a Vostra Signoria che non ho avuta nessuna negotiatione con il conte di Basignì, ma quando l’havessi havuta, vorrei anche che l’effetto fosse seguito, perchè ciò sarebbe con vantaggio e non con discapito, della mia riputatione. È buono che i Spagnoli apprendino questa nostra grande armata di mare, perchè con poca spesa daremo loro grand’occupationi.


8) AAE, MD, France 270, cc.72-73. Parigi, 17 marzo 1654

Per il corriero Acciaccaferro rimando a Vostra Signoria le mostre de broccati e tele d’oro, e perchè me ne sono venute anche da Fiorenza, e si sono fra di loro confuse in maniera che non so ben distinguere quali d’elle siano, prego Vostra Signoria di riprendere le sue e rimandar l’altre, se si può col medesimo corriero, all’Abbate Nicolò Strozzi.
Le mostre che si sono elette si mandano a parte, e Vostra Signoria trovarà cuscito a ciascuna di esse una carta pergamina, nella quale è scritto tutto quello che si desidera.
Se le mostre che si sono elette saranno tutte di Milano, come credo, Vostra Signoria le potrà inviare al signor Benedetto Cittadini, perchè io medesimo di qua gl’avvisarò quello che mi occorrerà, ma se vi ne sarà alcuna di Genova, bisognarà farne fare il lavoro costì, et ella si contentarà stabilirne il prezzo, et darmene avviso. Oltre le mostre sudette si manda anco un disegno in carta con i suoi colori per far fare un velluto col fondo d’oro, e Vostra Signoria vi trovarà una memoria con tutte le particolarità che riguardano il detto lavoro. Qua non è così accreditata la fabbrica di Genova come quella di Milano, e perciò sarà bene di mandar anco questo disegno al signor Benedetto Cittadini, non importando, credo io, di mandarli quel pezzetto verde et oro se il mercante di Genova non lo vuol dare, perchè ogni mercante sa come devono esser i velluti con il fondo d’oro, mentre habbia il disegno et i colori.
Vostra Signoria vedrà che si dimandano tante aune di Parigi per ciascheduno lavoro, e perchè questa misura può non esser nota costì, o a Milano, si manda in una fettuccia la lunghezza della detta auna, acciò ella possa servirsene in Genova, se serà necessario, et inviarla poi a Milano.
Non rimando con questo corriero le mostre piccole, perchè si potranno rimandare con l’ordinario di Lione, quando havrò preso resolutione sopra di esse.


9) AAE, MD, France 270, c. 158. Parigi, 29 maggio 1654

Ho ricevute due lettere di Vostra Signoria de 12 e 13 del cadente [19] con quelle del signor Benedetto Cittadini, al quale faccio la qui inclusa risposta. Io non trovo a ridire che le lettere che io le scrivo vadino sotto coperta d’altri, ma stimarei bensì molto a proposito ch’egli facesse vedere qualche volta le mie lettere al signor marchese di Carazena, acciò non paresse che si volesse far di nascosto ciò ch’egli ha permesso liberamente.
Ardita è stata la resolutione de Spagnoli di confiscare le rendite a sudditi di cotesta Republica, e tanto più è considerabile, quantochè non è verisimile che ciò si sia fatto senza consenso e participatione di quelli che hanno parte nel governo di essa, poichè altrimenti li Spagnoli temerebbero il risentimento, che nelle congionture presenti sta in mano della medesima Republica con certezza di buon esito. E’ difficile il caminar per le strade che Vostra Signoria m’accenna senza fondarsi nelle deliberationi del publico, o almeno dei privati, o interessati nelle dette rendite, o zelanti della libertà, li quali dovrebbero unirsi insieme, e prender quelle deliberationi che converrebbero in simil rincontro. Vostra Signoria potrà andar avvisando quello succederà di mano in mano, che qua ancora si andarà pensando alle sue propositioni.


10) AAE, MD, France 270, cc. 164-165. Rheims, 11 giugno 1654 [20]

Pare cara (come confessa il signor Cittadini medesimo), la fabrica del velluto con oro secondo il disegno mandato, nondimeno Vostra Signoria li potrà scrivere che procuri di avantaggiar qualche cosa, se è possibile, e faccia metter mano all’opera quanto prima.
Non si parla d’altro per il mondo che dell’insulto che li Spagnoli fanno a cotesta Republica, et ognuno attende con curiosità il fine, parendo che la riputatione del publico e le facoltà de privati corrano gran pericolo in questo rincontro, poichè se a Spagnoli vien fatto di cavar questa volta qualche contributione da Genovesi per questa strada, è certo che non sarà l’ultima, anzi serà un stabilire per sempre la maniera di mettere nei ceppi cotesta libertà.
La lettera del Re alla Republica che Vostra Signoria propone pare che non sia della dignità regia il scriverla, mentre non ricorrendo alla protettione di Sua Maestà mostra di non haverne bisogno, o di non stimarla, oltre che questa lettera non servirà che a contribuire ad un aggiustamento et al fine de Spagnoli, che è di cavare una buona somma di danaro, e che è finalmente il maggior pregiuditio che possa ricevere la Francia. Nondimeno, per caminare con modi cordiali e sinceri in quest’angustia della Republica, io procurarò che si passi sopra tutte queste considerationi, e forse con questo ordinario medesimo si mandarà la lettera del Re, e se cotesti Signori vorranno dire da dovero, come dovrebbero e potrebbero senza correre rischio alcuno, anzi con ogni apparenza d’acquisto e di vantaggio, qua si farebbero fatti, e non parole, e la Republica stabilirebbe una volta per sempre l’indipendenza da Spagnoli, et il credito, e la stima appresso tutti i Prencipi d’Italia, et all’hora potrebbe con sodisfattione di Sua Maestà pretendere, domandare et ottenere le prerogative regie.
[Nota a margine: “Di mano di Sua Em.za”] Si manda la lettera del Re per la Serenissima Republica, havendo io superato le oppositioni che si facevano da molti all’impegno di Sua Maestà, et ho ottenuto inoltre che il Baly di Valenzè per ordine regio passi per costì, per fare le essibitioni da parte della Maestà Sua con maggior espressione e più precisamente, et intanto si spingerà maggior numero di soldatesca in Provenza, e si farà armamento più forte de vascelli e galere, per poter meglio assistere la Republica in caso di bisogno et contribuir al buon esito delle resolutioni generose ch’ella potesse prendere.
Faccio rimettere una somma di denari contanti per via di Piemonte al signor Benedetto, a cui prego Vostra Signoria di darne notizia, affinchè possa pensare al modo di riscuoterla con sicurezza e senza dilatione.


11) AAE, MD, France 270, cc.185-186. Rhetel, 24 giugno 1654

La lettera di Vostra Signoria de 10 del corrente [21] continua a raguagliarmi dello stato della Republica, e delle resolutioni che va prendendo. Quelle del Re non potevano essere più favorevoli a suoi interessi, e se vorrà servirsi della Francia, vedrà ben presto forze considerabili nel mare Mediterraneo. Dovrebbero cotesti Signori pensare a cose grandi, nelle quali questa Corona concorrerebbe volentieri a suo benefitio e come tutti i Prencipati si conservano e s’accrescono per quelle medesime strade con le quali si sono acquistati, dovrebbero ricordarsi che la loro grandezza è proceduta dalla navigatione et è stata molto maggiore quando erano forti in mare. Il danaro de Spagnoli ha accresciute le ricchezze d’alcuni particolari, ma ha diminuito il credito e le forze del publico, et hormai di poco profitto riesce a gl’uni, et di gran danno all’altro, onde dovrebbe stabilire un negotio libero et indipendente, e risolversi di perdere piuttosto una volta per sempre quei nobili che non possono separarsi dagl’interessi di Spagna, che restar sempre in pericolo che questi faccino perire un giorno la Republica.
Il marchese di Carazena vedrà che il timore degl’Inglesi non ci impedisce di cominciare la campagna dall’assedio di Stenay, e non c’impedirebbe di dargli maggior occupatione di quello che facciamo nello Stato di Milano, se la Republica volesse.


12) AAE, MD, France 270, cc. 188-188. Sedan, 1 luglio 1654 [22]

Accuso a Vostra Signoria la ricevuta della sua de 17 del passato,[23] sopra il cui contenuto non farò lunghi discorsi, perchè dovendo partire fra pochi giorni il Baly di Valenzè, egli portarà senza fallo il denaro per i broccati, e da lui la Republica intenderà più pienamente i sensi del Re sopra le sue presenti occorrenze.[24] Qua si aspetta di sentire che resolutione havrà presa doppo ricevuta la lettera di Sua Maestà, e si andarà con molta circonspettione per non farli credere che si voglia per nostro interesse impegnarla in una guerra con i Spagnoli. Il vero modo però di farlo senza rompere apertamente con loro sarebbe di somministrare danaro alla nostra armata, che s’impiegarebbe a sodisfattione e vantaggio della Republica.


13) AAE, MD, France 270, cc.231-232. Sedan, 5 agosto 1654

Già che la fabrica del velluto con fondo d’oro trova tante difficoltà a Milano, e costì va a un prezzo così alto, sarà bene di soprasedere in essa sino a nuovo mio avviso,i e prego Vostra Signoria di farlo così intendere da parte mia al signor Benedetto Cittadini, al quale voglio credere che monsieur di Servient havrà trovato modo di far tenere il denaro, ma quando ciò non fosse seguito, ella si contenti di facilitarne la maniera, come mi scrive di poter fare.
Al signor Benedetto Cittadini et a Vostra Signoria si rimandaranno le mostre quanto prima si potrà, et all’hora li dirò quello mi occorrerà sopra di esse; fra tanto, s’ella mi farà sapere di che sorte e di che colore è quella ch’ella dice mancarli, farò diligenza per trovarla, come ho già scritto un’altra volta, ma senza questo non saprei farlo, havendone molte altre grandi di diversi Paesi.
Ho già dato ordine a Colbert di consignare al signor cardinale Grimaldi il danaro per i broccati, e credo senz’altro l’havrà fatto.
Il signor duca di Guisa è partito per Provenza, e non sarà se non bene che Vostra Signoria li communichi tutti gl’avvisi che havrà, acciò possa profittarne e prendere quelle risolutioni che giudicherà di maggior servitio del Re.


14) AAE, MD, France 270, cc.249-249. La Fère, 12 agosto 1654

La fretta che si dà Sua Maestà di avicinarsi quanto prima ad Arras dopo la presa di Stenay non mi dà maggior campo, che di accusare a Vostra Signoria la ricevuta della sua lettera delli 22 del passato,[25] e ringratiarla de suoi soliti avvisi.
Abbracciarò volentieri l’occasioni di servire la Republica, e di dare a Vostra Signoria questo merito di procurarli il trafico in Levante per merito degl’uffitii del Re, ch’io farò passare con ogni caldezza, e le inviarò le lettere forsi con l’ordinario seguente.
Quando i Spagnoli fanno correre voce della Lega conclusa con Cromvel, e si verifica poi essere una falsità, mi pare che dovrebbero pure perdere il credito. La Republica di Genova ha un huomo in Londra [26] che m’assicuro scriverà il contrario et io non celarei a Vostra Signoria la verità. Cromvel si appigliarà sempre al partito più utile, e non vi è dubbio che le sue forze, che sono considerabili in mare, possono impiegarsi con maggior profitto nell’Indie che contro la Francia, e noi habbiamo maggior facilità e maggior potere di farli male in Inghilterra, che i Spagnoli.


15) AAE, MD, France 270, cc. 275-276. Peronne, 26 agosto 1654

Li Spagnuoli si sono ingannati di molto nel publicare che sarebbero stati padroni d’Arras alli 4 del cadente, poichè alli 25, giorno di S.Luigi, non si erano ancora avanzati che su la controscarpa del fosso con gran perdita di gente, e noi lo stesso giorno habbiamo levata loro la pena di caminare più avanti et gl’habbiamo obligati a ritirarsi con perdita di tutto il cannone, del bagaglio, di tutti gl’equipaggi e della maggior parte della loro infanteria, e finalmente di tutto quello che havevano nel lor campo, come viveri, monitioni, bende, carozze, cavalli et argentaria, dimodochè i nostri soldati sono così ricchi, come se havessero dato il sacco ad una buona città. Vostra Signoria era in impazienza di sentire la presa di Stenay, e la liberatione d’Arras: eccole l’una e l’altra! Questo avviso in Italia non sarà disvantaggioso al duca di Guisa, s’egli risolverà di voltarsi a cotesta parte, e questi successi dovrebbero essere di un gran motivo a cotesta Republica per ben stabilire le loro ragioni e non soffrire un minimo pregiuditio.


AAE, MD, France 270, cc.286-287, Parigi, 11 settembre 1654

Il Padre Diaceti mi ha portato di Mondaldè la copia autentica di una scrittura fatta circa doicento anni sono, la quale concernendo la memoria de miei maggiori, e desiderando io di conservarla diligentemente, vorrei haverne un’altra copia: mi era venuto in pensiero di provare di tirare di là lo stesso originale, il che (credo io) si sarebbe potuto fare facilmente, non essendo scrittura che possi servire ad altri che a me, ma ho poi pensato che maggior fede se li darà sempre quando l’originale sia in un archivio publico, che quando si ritrovasse in mia mano. Questa è una quietanza publica fatta per mano di notario dalla madre di Battista Mazarini, mio bisavo, che in quel tempo era pupillo, e sua madre che era figlia di Christofaro Spinola, riceveva come tutrice di suo figlio alcune somme de denari da diversi debitori dell’heredità.
Vorrei dunque che Vostra Signoria mi procurasse questa copia autentica da due notarii, da tre testimonii, dal sigillo della communità del detto luogo, e da quello del Signore di esso, che credo sia uno di casa Doria, riconosciuto et autenticato in Genova col sigillo della Republica. Non sarà difficile a Vostra Signoria di procurarmi questa sodisfattione, poichè l’archivista di Montaldè, o il governatore che sia del sudetto luogo, è informato et ha di già datone un distinto estratto al detto padre Diaceti, e si potrebbe anco per aventura aggiungere qualche maggiore diligenza per vedere se si trovasse qualche memoria del padre di Battista, et del matrimonio ch’egli contrasse con la sopranominata Spinola.[27] Vostra Signoria m’obligarà infinitamente a prendersi questa briga, come ne la prego con ogni affetto.


17) AAE, MD, France 270, cc. 302-303. Parigi, 22 settembre 1654

Io credo più riuscibile per Vostra Signoria qualch’altro pensiero, ch’io ho a suo profitto, che la propositione ch’ella mi fa di cavare dalla Republica cinquantamila scudi d’oro. Le honoranze regie ottenute in questa Corte dal signor duca di Savoia sono state concedute a Sua Altezza a titolo molto oneroso di tant’oro e sangue speso da quel Prencipe per conservare una religiosa lega con questa Corona, e per mantenere la guerra contro un inimico commune, e sarebbe hora rendere disprezzabile e di nessuna stima l’honore et la prerogativa data a Sua Altezza se la Republica di Genova l’acquistasse senza prendere parte alcuna negl’interessi della Francia.
Questi sono honori inestimabili, e che non hanno prezzo, se non quello che il signor duca di Savoia medesimo gl’ha posto, né vedo che la Republica possa acquistarlo che a questo conto, et io potrei assicurarla che se vorrà venire a questa risolutione ritrovarà nell’augumento della dignità anche quello del dominio e delli Stati, e dove gl’altri Prencipi si sono consumati per tanti anni nelle guerre, essa ne ricoglierà tutto il frutto et l’avantaggio.
Sarà bene che Vostra Signoria tiri l’ultima risolutione senza più dilationi da Aurelia e compagni, acciò si possino far venire altri che fanno continuamente instanze.


18) AAE, MD, France 270, cc. 369-370. Parigi, 6 novembre 1654

Grande disgratia è questa, che ove noi desideriamo che il nostro esercito viva con più stretta disciplina, quivi si sentono maggiori disordini. Io compatisco infinitamente cotesti gentilhuomini sopra li quali è caduto il danno, ma sopratutto mi duole il caso del signor Ambrosio Doria [28] e della sua terra di Montaldé. I risentimenti fatti dal signor marescial di Gransè [29] contro alcuni soldati sono stati molto a proposito, ma meglio sarebbe stato di prevenire questi mali, e mi meraviglio che la Republica et i gentilhuomini particolari interessati, vedendo un esercito ai suoi confini, non habbiano mandato al sudetto signor marescial qualche persona per prendere gl’espedienti necessarii alla conservatione delle loro terre e case. Finalmente al fatto non vi è rimedio e ciò che potiamo pretendere è che la Serenissima Republica riconosca questi accidenti come casuali et impensati, e succeduti contro l’intentione del Re e del marescial di Gransè. Il signor cardinale Grimaldi mi scrive d’havere in mano i broccati ch’io sto aspettando con grandissimo desiderio e con gradimento particolare alla cortesia di Vostra Signoria.
Io non ho mai veduto più spropositato huomo di quel mercante che dice mancarli una mostra delle tele d’oro, et non ha mai voluto dire come sia l’opera acciò si potesse far diligenza di ritrovarla fra molte altre che mi sono state mandate da diverse parti: adesso però, che me ne dà qua qualche lume, procurarò di trovarla, e se ciò mi succede la mandarò col seguente ordinario, e qua prego Dio etc. Di Vostra Signoria etc, alla quale aggiungo che in Spagna si agiustano le differenze di cotesta Serenissima Republica, la quale riceverà ogni sorte di sodisfattione, ma è certo ch’ella potrà riconoscerla più dal Re Christianissimo che dal Re Cattolico, e farà prudentemente assodare bene con questa occasione le sue cose, perchè li Spagnoli, che si conducono a questo accomodamento per necessità, non faranno scrupolo di romperlo, quando si vedranno in stato di poterlo fare.


19) AAE, MD, France 270, cc. 375-376. Parigi, 13 novembre 1654

Non si può negare che non sia stato grand’incoveniente quello che è succeduto in cotesta frontiera, ma finalmente non bisogna far tanto rumore per il danno che hanno patito cinque o sei gentilhuomini fuori del dominio della Republica, che non sarà forsi anco così grande come si dice, e quando non si usa una precautione più che ordinaria questi accidenti non si possono evitare nel cuore medesimo della Francia. Io veramente vorrei che ciò non fosse succeduto, perchè così è giusto e così conveniva, ma nel resto assicuro Vostra Signoria che questo non pregiudica niente ai nostri interessi con la Republica, la quale caminarà sempre nel medesimo modo con i Spagnoli, e doppo ch’io ho saputo che per prendere le risolutioni di vigore e di riputatione che li sarebbero necessarie bisogna che vi concorrano quattro quinti de voti, conosco che non si può sperare cosa di buono.
Sarebbe contro il decoro che il Re scrivesse le lettere che Vostra Signoria propone, e facesse in esse una publica confessione della mala versatione di cotesta armata, non essendo particolarmente Sua Maestà informata dai suoi capi della verità del fatto, ma passando per costà monsieur di Lionne, che il Re invia a Roma, egli potrà dire a nome di Sua Maestà quello sarà giudicato opportuno.
Quanto al danno ricevuto dal signor Ambrosio Doria in Montaldè, il padre Diaceti, che è stato molti giorni in casa sua, mi dice che non può essere di molta consideratione, perchè nella detta casa non solo non v’era cosa alcuna di lusso, né di delitia, ma mancava di molto il necessario. Con tutto ciò a cotesto gentilhuomo usarò volentieri qualche cortesia del mio proprio denaro, mentre egli ha trattato meco cortesemente nell’offerirmi le scritture che io desidero concernenti la Casa mia.


20) AAE, MD, France 270, cc. 397-398. Parigi, 27 novembre 1654 [30]

Vedo quello Vostra Signoria mi scrive circa il mandare costì un ministro francese, e ne resto apagato, tanto più che non vedo alcuna necessità presente di far nuova missione, ma quando il bisogno lo richiedesse, sia certa ch’ella riceverà la sodisfattione che dimanda, e che è ragionevole. [31]
Vostra Signoria comincia a confessarmi le difficoltà, o piutosto le impossibilità di sperare alcuna risolutione da cotesta Republica, e perciò conviene che il Re la tratti come amica, e con i buoni trattamenti li dia animo per non abbandonarsi affatto nella servitù de Spagnoli, ma nel resto non bisogna che Sua Maestà si lasci andare a far seco di quelle cose che sono contrarie alla dignità regia. L’ambasciatore che verrà sarà ben visto et accarezzato, et io farò che sia trattato in alcune cose come quelli delle Corone, acciò sia differentiato da gl’altri, se non può ricevere totalmente i trattamenti regii. Finisco con la nuova della presa di Chermont, piazza di quella consideratione che ognuno sà, e che metterà fine alla campagna da questa parte.




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[1] In BCB m.r. VI.3.1 p. 342 la lettera è datata 2 luglio anziché 3.

[2] Così in BAV, Barb. Lat. 6177, pp. 21-24: nel codice dal quale trascrivo si legge “Marchia”.

[3] Cfr. AAE, CP, Gênes 5, cc. 297-298, Giannettino a Mazzatino, 18 aprile 1647.

[4] In BCB, m.r. VI.3.1, p. 351, la lettera è datata 20 luglio 1647 anzichè 30.

[5] In BCB, m.r. VI.3.1. p. 351, si legge “secretario Moncil”. Si tratta del segretario Du Mesnil.

[6] Cfr. AAE, CP, Gênes 7, cc. 39-45 e cc. 46-51, 12 e 19 maggio 1648.

[7] Cfr. Ricci, pp. 162-163, Ondedei a Giannettino, 5 settembre 1653.

[8] Don Garcia de Haro, conte di Castrillo, Viceré del Regno di Napoli dal 1653 al 1658.

[9] Delle opere che l’Alberti aveva in animo di comporre (una storia della Francia dopo il 1640 e un parallelo tra Richelieu e Mazzarino) Giannettino aveva scritto a Mazzarino nel novembre precedente: AAE, CP, Gênes 9, cc. 158-161 e cc. 167-170, 4 e 19 novembre 1653.

[10] Gio Batta Zoagli di Gio Michele fu incaricato di accogliere la sorella e la nipote di Mazzarino a Genova durante una sosta del loro viaggio verso Parigi. Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 118-120, 29 luglio 1653. L’incarico era stato offerto in prima istanza a Stefano Pallavicino, ma, scrive Giannettino: “il signor Steffano Pallavicini, frattello di cottesto ressidente, si è poi scusato dall’andare a servire le mie signore sorella e nepote di Vostra Eminenza, e mi pareva strano che sapesse godere d’una sì alta ventura, mentre niuno di sua casa si è mai dimostrato divoto di Sua Eminenza” (AAE, CP, Gênes, 9, cc. 93-95, 27 maggio 1653). Giannettino consiglia di donare a Gio Batta Zoagli una gioia di 400 o 500 scudi.

[11] Vélez de Guevara y Tassis, Inigo, conte di Oñate fu Vicerè di Napoli dal 1648 al 1653.

[12] Su Maurizio Antonio di Valperga cfr. Valori, p. 414.

[13] È probabilmente il Gio Filippo Spinola che fu inviato della Repubblica a Napoli nel 1649 (Vitale, Diplomatici, p. 99).

[14] Charles Colbert, marchese di Croissy, fratello di Jean Baptiste, marchese di Seignelay.

[15] Luis de Benavides de Carillo y Toledo, marchese di Fromista e Caracena, fu governatore di Milano dal 1648 al 1656.

[16] Geronimo De Franchi (1585-1668) di Federico, Doge dal 1652 al 1654.

[17] Sulla questione della Marabotto vedi, ad es. Costantini 1970.

[18] Su Giulio Spinola vedi Valori, p. 347. Giannettino ne aveva parlato a Mazzarino il 15 novembre 1644: « Attendo che mi honori di qualche risposta intorno le prepositioni fatte dalli collonelli Giulio Spinola e Costa, per la leva delli reggimenti di fanteria già scritti, essendo che mi sollecitano per essere risoluti hora ch’hanno inteso Vostra Eminenza risanata » (AAE, CP, Gênes, 4, cc. 190-192). Tornò a parlarne nel 1658 (AAE, CP, Gênes, 8, c. 323, Giannettino al Duca di Mercoeur, Genova, 17 Giugno 1658, e cc. 218-221, Giannettino a Mazzarino, Genova, 17 dicembre 1658). Vedi di seguito i nn. 55 e 56.

[19] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 211-212 e cc. 213-214.

[20] Giannettino accusa ricevuta di questa lettera con la sua del 1 luglio 1654, in AAE, CP, Gênes 9, cc. 232-235.

[21] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 224-225, 10 giugno 1654.

[22] Giustiniani accusa ricevuta di questa lettera con la sua del 22 luglio 1654, AAE, CP, Gênes 9, cc. 246-250.

[23] Cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 226-228, 17 giugno 1654.

[24]  «Mio signore », scriveva nel luglio 1654 il maresciallo Grancey a Giannettino, « doppo ch’io mi son preso l’honore di scrivervi, ho avuto aviso di monsignor il cardinale che mi comanda di pregarvi di testificare alli signori della vostra Repubblica Serenissima ch’io tengo ordine dalle loro Maestà di dargli tutte le assistenze possibili che essi sapranno desiderare da me, e dall’armata, talmente che dentro de i 20 di questo mese al più tardi ella sarà in stato di esseguire tutte le cose per loro serviggio. Potrete insieme assicurarli che sarà assai potente per toccare la mano alli Spagnuoli, inoltre io ho conosciuto dispositione in Sua maestà di dar aviso per mezzo vostro a detti signori che l’armata di mare che si apparecchia in Tolone, dove saranno 6000 huomini pronti ad imbarcarsi, sarà anche disposta a dargli le medesme assistenze per la parte di mare. Infine devono essere intieramente persuasi che dalla parte della Francia non si ommetterà cosa per levarli dalle oppressioni de Spagnuoli, purchè dal loro lato si risolvano di prendere deliberationi vigorose, et in nessun tempo ne hanno havuto opportunità così buona, poichè Sua Maestà da qualche tempo non ha avuto si grandi forze in Italia, come in questa congiontura, tanto in mare quanto in terra, le quali ancora si rinforzeranno secondo le rissolutioni che i signori della Republica saranno per prendere. Il signor Balì di Valenzè che deve passar per Genova sarà ancora per darli le medesme sicurezze, in modo tale che se vogliono fare qualche apertura (?) dal canto loro per rivalersi delle persecutioni che patiscono, e per accrescer il loro stato, questo sarà il solo scopo e mira della Francia per contribuirli le assistenze che loro si offeriscono, come a tutt’il resto d’Italia, et io sarò tutto disposto, e preparato ad ascoltarli, e se desiderano, o se volessero intendere da me quel che può occorrermi, non mancherò di far loro propositione di cose tutte indirizzate al loro vantaggio, per compimento delle quali io non tralascerò ancora di corrispodermi col signor di Ghisa. Attendo donque sopra di questo vostri avisi, e la forma con la quale haveranno ricevuto questa offerta, supplicandovi nel mentre di credermi sempre appassionatissimamente Vostro humilissimo e devotissimo servitore » (ASG, AS, 1989, copia della lettera del maresciallo Grancey a Giannettino, Torino, 8 luglio 1654). Sull’incidente con la Repubblica provocato dalle truppe agli ordini di Grancey nell’ottobre del 1654 vedi oltre.

[25] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 246-250, 22 luglio 1654.

[26] Francesco Bernardi: Vitale, Diplomatici, p. 191.

[27] Le origini genovesi del Mazzarino sono solo presunte. Cfr. Vitale, p.311. Il cardinale chiese a Giannettino di occuparsi della questione, e di procurargli le prove della sua discendenza ligure; cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 221-223 e cc. 289-292, 3 giugno e 18 novembre 1654.

[28] Cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 289-292, 18 novembre 1654.

[29] Nell’ottobre 1654 le truppe di Grancey provocrono nel territorio della Repubblica diversi guasti e Giannettino dovette recarsi a Gavi per porre rimedio all’incidente, cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 270-274, Gavi, 23 ottobre 1654. « Serenissimo signore », scrisse il Grancey al Doge, « havendo inteso dal signor marchese Giustiniani li sentimenti della Serenissima Republica doppo delle attestationi dell’ottima mia volontà e desiderio che gli havevo fatto rappresentare dal signor de Bregi, luogotenente generale in questa armata, e doppo d’haver fatto constare al detto signor marchese l’estrema passione mia per qualche disordini succeduti che non è stato possibile impedire alla lizenza de soldati, nonostante che n’habbi fatto castigare con la vita di molti, gli ho promesso, in riguardo di dare sempre ogni gusto alla Serenissima Republica, di allontanarmi di quartiere come lo prometto a Vostra Serenità, et in tanto ho commandato in pena della vita che niuno soldato possi andare a foragiare nello Stato della Serenissima Republica, e fatto sapere alli officiali suoi che li faccino ammazzare in rittrovandovene, che ne sarò contento. Doppo questo prego Vostra Serenità anche una volta di credere essere stato un puro accidente che mi ha obligato di venire ad alloggiare in questo quartiere, et che il maltempo mi ha trattenuto più della mia intentione, mai essendo persona per quanto vecchia che si ricordi un tempo si cattivo come quello che tuttavia proviamo. Doppo questo mi rimetto al signor marchese Giustiniani che assicurerà la Serenissima Republica della ottima mia volontà et del desiderio che ho per di molte prove far apparire quanto mi sono di Vostra Serenità humilissimo e devotissimo servitore » (ASG, AS, 1989, lettera del maresciallo Grancey al Doge di Genova, dal campo di Basaluzzo, 22 ottobre 1654).

[30] Di questa lettera Ricci, p. 180 pubblica solo un capitolo.

[31] Cfr. la lettera di Giannettino a Mazzarino dell’11 novembre 1654 (AAE, CP, Gênes 9, cc. 283-288).




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Barbara Marinelli

Un corrispondente genovese di Mazzarino


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Indice
Abbreviazioni
Criteri di edizione
Indice dei nomi
Opere citate
Genealogia


Giannettino Giustiniani
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1j 1k 1l 1m

APPENDICI

2. Il Ristretto

3 Le lettere
3a. Introduzione
3b. 1647-1654
3c. 1655-1656
3d. 1657-1660


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