Giannettino Giustiniani, 1a, 1b, 1c, 1d, 1e, 1f, 1g, 1h, 1i, 1j, 1k, 1l, 1m

Un servizio malremunerato





A sentire Giannettino, pare che Mazzarino gli avesse promesso all’inizio grandi cose: feudi, abazie, cospicue rendite. Ma a parte una pensione faticosamente riscossa (e solo per i primi anni) e qualche aiuto di costa, Giannettino lamentava di non aver mai ricevuto nulla. La pensione che gli era stata assegnata nel 1640 da Richelieu era stata corrisposta regolarmente fino all’anno 1643, ma già quella dell’anno successivo gli era stata fatta sospirare.

« A me, eminentissimo padrone, fa gran mancamento il non essere pagato con precisa puntualità », scriveva nel luglio 1645, « oltre che quando non fosse l’aggiuto di costa che mi procede dalla benigna generosa mano di Vostra Eminenza, la pensione è troppo tenue, è solo la metà di quella mi promise il fu signor cardinale Riccilieu di gloriosa memoria che era di duemila scudi, per tanto attendo dalla sua autorità non solo che mi facci pagare et la pensione, et lo aggiuto di costa, ma che mi si stabilischi et confermi in pensione ». [1]

Il cardinale concesse l’aumento desiderato,[2] e la pensione del 1644 gli venne pagata –con l’aumento – alla fine del 1645, con i proventi di una causa di cui Giannettino si era occupato portandola a buon finex.[3] Poi, sempre a detta di Giannettino, più nulla.
Nel gennaio del 1647 Mazzarino, probabilmente stufo delle sue continue lamentele, scrisse a Giustiniani di dirgli « più particolarmente che cosa pare a Lei che il Re potesse fare in suo servitio, perchè quello ch’ella alle volte mi è andato svelando non mi par praticabile e difficilmente ne vengono le occasioni ».[4]

« Già che Vostra Eminenza mi comanda di dirle più apertamente li miei desiderii », rispose Giannettino, « non lascerò di segnarle con la più dovuta riverenza che mi stimerei il più disgratiato di tutti gli huomini, se doppo 20 anni di servitù havessi a suggerire al primo monarca del mondo che cosa possa fare in mio servitio [...]. Mio desiderio per sostantiale e perpetuo nella mia casa sarebbe un feudo con tittolo nella mia persona, in quella d’uno de miei figli, una buona abbadia e qualche presente soccorso rilevante per lo mantenimento di tutto giorno, mettendole in consideratione che sono quattr’anni che servo di ministro senza soldo, et che di due anni decorsi resto creditore delle mie pensioni ».[5]

Che era appunto ciò che Mazzarino giudicava poco praticabile. Giannettino si lamentava di non esser pagato, ma a Corte risultava altrimenti:

« Il signor Elpidio Benedetti (che alloggia qui da me) », scriveva il Giustiniani a Mazzarino nel 1648, « mi ha fatto andare alquanto in collera, in questo particolare, perchè communicandole le mie angustie, et il maltrattamento che ricevo dalli thesorieri di Sua Maestà, mi disse che discorrendo con Vostra Eminenza delle mie pensioni, ella gli rispose ch’io ero pagato puntualmente, et che di più mi si davano degli aggiuti di costa: sarrei ben stato troppo ingrato e sfacciato a fare tante doglianze a Vostra Eminenza se havessi ricevuto il pagamento dovutomi, pertanto le replico di credere che la venghi ingannata da chi deve sodisfarmi, et io havere sofferito sin’hora per amore di Vostra Eminenza d’essere il più mal trattato servitore di quanti se n’habbi Sua Maestà, tutto che non la cedo a alcuno in ben servirla, et utilmente e fedelmente. Essere tre anni e mezzo (correndo il quarto) che non ho riscosso un soldo delle mie pensioni, né degli appuntamenti della ressidenza, come tampoco l’aggiuto di costa di duemila scudi che Sua Maestà mi passò è già più d’anno, e Vostra Eminenza mi scrisse che di questo non ne temessi perchè mi sarrebbe subito pagato, et che andava per conto suo. Io in tal forma non posso più resistere, essendo tutto debiti, e sarrò constretto di rettirarmi, e giustificare che mi rettiro perchè non vengo pagato di quel che mi appartiene per giustitia, quando tutto il mondo suppone che miei servitii venghino riconosciuti con altissime remunerationi ».[6]

Con i disordini della Fronda la corrispondenza con Mazzarino si allentò: il cardinale gli scriveva più di rado, anche se Giannettino era in contatto con i suoi collaboratori, in particolare con Zongo Ondedei, che per il cardinale curava gli affari d’Italia.[7] Per un po’ Giannettino, considerata la situazione d’emergenza, fu meno assillante nel sollecitare quattrini da Mazzarino, ma, alla lunga, tornò alla carica e negli anni del secondo allontanamento di Mazzarino fu assai meno riservato:

« Caro signor abbate », scriveva all’Ondedei nel giugno del 1652, « se tra qui et la festa dell’Assontione di Nostra Signora che sarà alli 15 d’agosto prossimo non vengo in qualche maniera assistito e soccorso, almeno per tirar inanzi sino che gli affari prendino miglior piega, sarrò constretto di levar casa con perdita della riputatione (ma non già per mia colpa, perchè niuno potteva servire meglio) e rettirarmi in campagna 23 miglia longi dalla città in un piccolo tugurio, dove riuscirò inhabile a rendere più alcun servitio, et un tal fine haverà havuto l’inconcussa divotione, servitù e fedeltà doppo tant’anni che servo alla Francia con tant’utile della Corona, et essere otto anni che mi ha fatto consumare quanto havevo senza havermi mai suffragato d’un solo soldo di 50 mila scudi che mi deve di giustitia ».[8]

Come ho accennato, a Corte da tempo i conti presentati da Giannettino non tornavano.[9] Nell’estate del 1652 Mazzarino, stanco delle pretese del genovese, dovette scrivergli una lettera molto dura, di cui non rimane altra traccia se non nella risposta di Giannettino:

« Tutto che la lettera di Vostra Eminenza ricevuta da me doppo tanto tempo, punghi, picchi, et offendi la mia conditione, come ho giurato d’esserle servitore sino all’ultimo fiato, et l’ho dimostrato in tutte le occasioni, così voglio morirlo. Se Vostra Eminenza mi havesse richiesto prima conti, ricevute, fedi, prima le haverei inviate, non inviando le ricevute originali per timore si smarrischino nelle presenti contingenze. Quali conti habbi presentato monsieur Baltazar intendente non li so, so bene di non havere provato huomo più iniquo, falso e buggiardo di lui, perchè essendo stato servito da me con ogni rispetto et essattezza sopra delli commandamenti di Vostra Eminenza, m’ingannò sempre, sino all’ultima hora del suo rittorno, scrivendomi in cento lettere (havendo però sempre stabillito il contrario) di rivenire a Genova ad aggiustare li miei conti e sodisfarmi. [...] Sino del ‘47 sotto li 15 giugno in Amiens Vostra Eminenza mi fece passare da Sua Maestà un aggiuto di costa di duemila scudi in riguardo delle spese eccessive straordinarie d’aloggi, viaggi et altro, e doppo mi ha scritto di sua mano, differendosene l’essegutione, che ne facessi capitale, perchè era appo di se, et me l’haverebbe pagato lei stessa. Vostra Eminenza mi ha posto all’essercitio della ressidenza, e constituito in una spesa di gran longa superiore alle mie forze, e prottestandogli che se non mi fossero state pagate puntualmente le mercedi patteggiate di mille franchi il mese, et le pensioni dichiaratemi, che non pottevo servire, non havendo fortuna bastante, Vostra Eminenza in più lettere mi assicura e promette di sua mano che mi haverebbe fatto pagare anticipatamente, et me lo fece in quel tempo anche assicurare e confirmare dal signor cardinale Grimaldi. Sopra d’una tale sicurezza di Vostra Eminenza primo ministro della Corona, ho servito da gentilhuomo d’honore, non vi essendo chi lo possa essere più di me, con ogni applicatione, generosamente et utilmente, con splendore, e posso dire con giustitia di meritare grandissime ricompense, come in tante lettere Vostra Eminenza a nome di Sua Maestà me le promette, e tutto il mondo stupisce che non mi siino state date per li grandissimi servitii resi da me alla Corona, e per quelli tuttavia gli rendo alla giornata. E pure doppo otto anni, havendo consumato quanto havevo, sino a quello de proprii figli, non sono stato assistito d’una spilla, travagliando tutti li giorni senza intermissione incredibilmente, e sono costretto di levare casa dalla mia patria ridotto alla mendicità. [...] Per riscuotere da Sua Maestà non ho altra forma né mezzo dell’autorità e prottettione di Vostra Eminenza, e quando sono ricorso dal signor conte di Brienne et altri mi è stato risposto dovermisi di giustitia non solo le promessi mercedi, ma grandi ricompense, et che la Maestà della Regina voleva che mi si dessero, però che havendo Vostra Eminenza per padrone e protettore, devo far pagare gli altri, senza avere bisogno d’altro mezzo per me. [...] Nel soggiorno che Vostra Eminenza ha fatto in Collonia le ho inviato il conto del credito che ho con la Corona: mi respose d’havere scritto alla Maestà della Regina perchè ricevessi una buona somma. Rittornata che è stata appresso del Re Nostro Signore l’ho risupplicata d’haver memoria d’aggiustare le cose mie, che sono del più fedele et appassionato servitore che la si habbi in questo mondo, come da tutti è conosciuto: mi respose che la lasciassi alquanto stabilire. Hora gli replico come se fossi dinanzi a Dio che ci ha da giudicare, che se non vengo prontamente assistito, d’essere forzatissimo a spiantare casa ».[10]




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[1] AAE, CP, Gênes 4, cc. 402-405, 31 luglio 1645.

[2] AAE, CP, Gênes 4, cc. 441-446, 18 settembre 1645.

[3] Quella della nave San Cristoforo di cui ho parlato.

[4] Ricci, pp. 57- 58, 5 gennaio 1647; la lettera originale, dalla quale trascrivo, è in ASC, ms 049, doc. n. 36.

[5] AAE, CP, Gênes 6, cc. 189-192, 20 gennaio 1647.

[6] AAE, CP, Gênes 7, cc. 71-75, 21 giugno 1648. A suo favore Giannettino fece intervenire, tra gli altri, il maresciallo Plessis-Praslin, che nel maggio 1648 era stato suo ospite: « Je payerois mal le bon traittemen que je recois dans la maison de monsieur le marquis Giustiniani sy je manquois a tesmoigner a Votre Eminence avec quelle affection il continue a servir sa Maestè. Il s’est veu en grand peril d’estre mits dans une tour, ou de voir piller sa maison lorsque la coniuration s’est descouverte, dont Votre Eminence est sans doubte plainement informée, certainemen un autre que luy se seroit estonne, et je m’assueure qu’elle luy tesmoignera quelque satisfaction de son zele en cette occasion. Je pense qu’une des choses en quoy presentemen on le peut mieux est de luy payer ce qu’il m’a dit luy estre deub depuis troi ans: il est fort modeste sur ce subiect, mais comme tous ce que nous sommes avons souven a passer par ses mains, il n’est pas possible qu’on ne parle en sa faveur (AAE, CP, Gênes 5, c. 529, 20 Maggio 1648).

[7] Zongo Ondedei, spesso in forma di lettere circolari inviate ai principali agenti di Mazzarino in Italia, per lo più inserite nelle raccolte della corrispondenza di Mazzarino, non faceva mancare informazioni sull’evolversi della situazione interna della Francia. « Io non ho tempo, né luogo né testa per scrivere », scriveva ad esempio da Saint Germain l’11 gennaio 1649, « perchè siamo fuori di Parigi, alloggiati come soldati, senza bagaglio; con tutto ciò ho giudicato bene di fare a Vostra Signoria queste due righe, acciò ella sappia la causa perchè non riceverà lettere del signor cardinale questo ordinario... » (cito dalla raccolta di lettere di Mazzarino in BCB, mr VI, 3,3, p. 13, ma cfr. anche BCB, BS 46, c. 129) Si tratta di una circolare diretta a Paolo Maccarani, Giannettino Giustiniani e al marchese Calcagnini. Un’altra circolare del 26 agosto destinata a Pietro Mazzarino, a monsignor Bentivoglio, a Giannettino Giustiniani e al Socini, gazzettiere di Torino, annunciava il rientro del cardinale a Parigi (BCB, mr 3, 3, p. 388 e BCB, BS 46, c. 164).

[8] AAE, CP, Gênes 8, cc. 249-250, Giannettino a Ondedei, 18 giugno 1652.

[9] Nell’ottobre 1651 Giannettino aveva scritto a Mazzarino: « Ho veduto con indicibile mia passione che havesse rittrovata la somma dei miei crediti con il Re grandemente eccessiva, quando io mi sono contenuto di non esprimere un quarto di spese per affacilitarne la riscossione. Non è stata mia la colpa, padrone eminentissimo, di lasciarla tanto moltiplicare, perchè ogni anno, purtroppo importunamente, gli ricordavo et i miei bisogni, et la mia impossibilità » (AAE, CP, Gênes 9, cc. 26-28, 8 ottobre 1651).

[10] AAE, CP, Gênes 9, cc. 40-42, 5 agosto 1652.







Barbara Marinelli

Un corrispondente genovese di Mazzarino


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Indice
Abbreviazioni
Criteri di edizione
Indice dei nomi
Opere citate
Genealogia


Giannettino Giustiniani
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1j 1k 1l 1m

APPENDICI

2. Il Ristretto

3 Le lettere
3a. Introduzione
3b. 1647-1654
3c. 1655-1656
3d. 1657-1660


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