La questione della residenza: Il Ristretto

La questione della residenza





Il documento che pubblico di seguito si conserva in ASG, AS, 2748, nel fascicolo Pratica del rifiuto fatto dalla Republica sopra l’elezione che fece il Re di Francia del magnifico Gioannettino Giustiniano in qualità di suo residente presso della medesima Republica. Del documento esistono due copie simili; quella da cui trascrivo è datata 2 luglio 1662, fu letta ai Serenissimi Collegi il 3 luglio 1662 e ne fu data copia al magnifico Alessandro Giustiniano, inviato alla corte di Francia per congratularsi della nascita del Delfino (cfr. in ASG, AS, 2708, le Instruzioni date dal Serenissimo Governo di Genova al M. Giustiniano inviato straordinario alla corte di Francia, datate 11 luglio 1662).


Ristretto in cui si contiene tutto quello successe quando del 1647 il Re Christianissimo elesse per suo Residente appo della Repubblica Serenissima il Magnifico Giannettino Giustiniani, al quale, perché da essa Repubblica non venne accettato, diede ordine Sua Maestà che dovesse astenersi da essercitare la carica

Del 1646 a 30 luglio fu letta a Serenissimi Colleggi una lettera della Maestà Christianissima, la cui traduzione fu del seguente tenore: “Carissimi e buoni amici, il signor Giannetino Giustiniano si è mostrato fortemente affettionato all’interessi di questa Corona, che ha conservato in noi per lui e sua casa una buona e tutta particolar voluntà: l’habbiamo per questo conto honorato del titolo di nostro Consiglier di Stato. Questo è quello che ha dato materia a questa che habbiam voluto scrivervi per aviso della Regina, nostra honoratissima dama e madre, per invitarvi a considerarlo d’hora in avanti con questa qualità, come attualmente impiegato nel nostro serviggio, e come una persona benemerita di noi, e della Repubblica, nel che noi farete cosa che ci sarà gratissima, e per la quale noi vi testificheremo il rendimento in tutte le occasioni che si rapresenteranno. Il che mentre stiamo attendendo, preghiamo Dio che vi habbi, nostri carissimi e buoni amici, in sua Santa Gratia. Pariggi, li 9 luglio 1646”.
Alla sudetta lettera fu da Serenissimi Colleggi risposto come in appo: “Sacra Reale Christianissima Maestà, habbiamo con particolar contento inteso con la benignissima lettera di Vostra Maestà de 9 del passato l’honore che s’è compiaciuta di fare a Giannetino Giustiniano nostro gentilhuomo di eleggerlo suo Consigliere di Stato, honore che si come da esso è stimato molto, così doverà essere corrisposto con singolar devotione verso la real grandezza di Vostra Maestà. Mentre noi, perseverando nell’osservanza che le professiamo, preghiamo la Maestà Vostra darci sovente occasione di mostrarne gl’effetti, sicuri che con la prontezza de gl’animi verso il suo real serviggio procuraremo superare le forze medesime ovunque potremo. Intanto riverenti Le ce inchiniamo. Genova, il primo agosto 1646”.
E perchè detti Serenissimi Colleggi previddero che detta lettera del Re Christianissimo tendeva a più alto fine, cioè a dire di far trattare con la Repubblica Serenissima i negotii della sua Corona dal magnifico Giannetino Giustiniano, quale ne’ discorsi tenuti col Serenissimo Duce si era mostrato pronto di rifiutare simile incombenza, perciò per deliberatione fatta da loro Signorie Serenissime, a primo d’agosto del detto anno incarricorono Sua Serenità di dover significarli come i Serenissimi Colleggi agradivano, ad esso magnifico Giannettino il modo col quale si era contenuto con Sua Serenità in mostrarsi pronto di rifutare lo trattar que negotii della Maestà Christianissima, e che perciò havevano per bene che se ne astenesse, massime che repugnando ciò a decreti de la Repubblica, nè potrebbe egli accettare di farlo, nè essere ammesso a trattarli da loro Signorie Serenissime.
Quanto sopra fu a due del mese di agosto significato da Sua serenità al detto magnifico Giannetino, quale si mostrò pronto d’ubbidire agl’ordini, decreti, e desiderii de Serenissimi Colleggi. Se ne provarono però contrari gl’effetti, poichè il mese di decembre del seguente anno 1647 fu dal magnifico Giannetino presentata al Serenissimo Duce altra lettera di Sua Maestà Christianissima, la cui traduzione fu del seguente tenore: “Carissimi e buoni amici, in attendendo che noi habbiamo fatta elettione di qualcheduno per riempire il luogo del Signor d’Amontot, il quale noi habbiamo ritirato dal servitio della sua residenza per inviarlo altrove, dove noi l’habbiamo destinato, noi habbiamo gettato gl’occhi sopra la persona del signor Giannettino Giustiniano, et habbiamo havuto molto a caro ch’egli tratti li nostri affari et i nostri interessi con la vostra Repubblica, a fine di darle pegni più certi della nostra buona voluntà et affetione verso di essa. Sopra che noi vi scriviamo la presente di parere della Regina reggente, nostra honoratissima signora e madre, per dirvi che facendo noi stima grande del detto signor Giustiniani, noi non habbiamo alcun dubbio che circa le cose che saranno del suo ministero voi non habbiate più famigliarità ad esplicarvi con esso lui, et più di sodisfatione parimente a ricevere tutto ciò ch’egli haverà a farvi intendere da nostra parte, che con un altro, il quale non havesse per anche acquistato tanto d’esperienza e di cognitione di tutti gl’affari generali, e particolarmente di quelli della medesima Repubblica, nella quale egli è nato, il che lo renderà anche più inclinato di contribuire alle cose che si presenteranno, et che voi haverete a desiderar da noi per una propria utilità. Voi dunque darete a lui credenza, et haverete intiera confidenza sopra tutte le cose ch’egli haverà a negotiare costà, e rimettendoci a lui di farvi più particolarmente conoscere quanto noi siamo portati per il bene, e vantaggio della vostra Repubblica, e come noi aggradiamo l’ultime testimonianze che li havete date del vostro affetto, noi non si stenderemo di vantaggio che per pregare Iddio che vi tenga, carissimi e buoni amici, sotto la sua santa custodia. Scritta a Pariggi, li 15 di novembre 1647”.[1]
Detto magnifico Giannetino, doppo d’haver presentata la detta lettera, havendo penetrato che si era deliberato di giontare il Minor Consiglio per consultare sopra il suo contenuto, fu dal Serenissimo Duce, col quale pretese sincerarsi di non havere egli procurato detto impiego, e li mostrò altra lettera del Re indirizzata alle Serenissima Repubblica delli 8 ottobre, con quale faceva instanza dell’ammissione di esso magnifico Giannetino per residente, ma che non volse presentarla, e che lui sarà per servire et dar in tutto ogni gusto alla Repubblica Serenissima.
Li Serenissimo Colleggi, per deliberationi fatte dal Minor Consiglio, alla detta lettera del Re risposero come in appo: “Sacra Reale Christianissima Maestà, per le benignissime lettere di Vostra Maestà de 15 novembre habbiamo visto quello che ci ha significato circa il dar pensiero de li suoi negotii a Giannetino Giustiniano, sino a tanto che la Maestà Vostra habbi provisto d’altro soggetto in luogo del signor d’Amontot, col mottivo che per essere detto Giannetino nostro cittadino ci debba essere d’intiera sodisfattione. Habbiamo riconosciuto questo favore dall’affetto particolare e dalla buona voluntà che la Maestà Vostra ha sempre dimostrato verso la nostra Repubblica, li ne rendiamo humilissime gratie, e saressimo pronti a goderne voluntieri gl’effetti in questo, se le nostre constitutioni, le quali non ci permettono l’ametter nostri cittadini a simili negotiationi, le conseguenze che potrebbero risultare dall’essempio d’introduttione così nuova particolarmente nella nostra Repubblica, e quelle considerationi di più che circa ciò possono molto ben sovenire alla somma prudenza della Vostra Maestà, non ci costringessero ad instantemente pregarla, come riverentemente faciamo, che volsi degnarsi d’eleggere altro soggetto alla Repubblica nostra non sottoposto, il quale sarà ricevuto con quelle dimostrationi di stima maggiore che si convengono alla grandezza di Vostra Maestà, e potrà meglio certificarla della nostra piena osservanza e del vivo desiderio ch’habbiamo d’incontrar ogni occasione di sempre servire la Maestà Vostra, alla quale riverenti baciamo le mani. Genova, 26 decembre 1647”.
Inoltre li Serenissimi Colleggi sopra la medesima prattica scrissero al signor cardinale Mazzarini altra lettera del seguente tenore: “Illustrissimo et Eccellentissimo Signore, habbiamo lettere della Christianissima Maestà de 15 novembre con quali ci significa il pensiero che tiene di dar cura a Giannetino Giustiniano di trattar i suoi reali affari appo di noi sino a tanto che habbi provisto d’altro sogetto in luogo del Signor d’Amontot, col mottivo che per essere detto Giannetino nostro cittadino debba esser d’intiera nostra sodisfatione, di che, havendo rese a detta Maestà le gratie dovute, li scriviamo la prontezza con la quale havessimo goduto voluntieri gl’effetti della sua buona voluntà, se le constituzioni della nostra Republica, che non ci permettono l’amettere nostri cittadini a simili negotiationi, le conseguenze, che potrebbero risultare dall’essempio d’introduttione così nuova particolarmente nella nostra Repubblica, e quell’altre considerationi che in un tal fatto ponno molto ben sovenire alla somma sua prudenza, non ci constringessero a pregarlo che volsi degnarsi di eleggere altro soggetto alla nostra Repubblica non sottoposto, il quale sarà ricevuto con quelle dimostrationi di stima che maggiori convengono alla grandezza di un tanto Re, e potrà meglio certificarlo della nostra piena osservanza, e del vivo desiderio ch’habbiamo d’incontrare ogni occasione di sempre servirlo. Habbiamo voluto dar parte di tutto a Vostra Eccellenza, primo ministro di Sua Maestà, e dotata di tutta la prudenza, stimando necessario che resti informata della dispositione delle nostre constitutioni, e de nostri mottivi, a quali sarà sempre accompagnata una particolare et affettuosa voluntà di veder prosperata sempre la gloria di Vostra Eccellenza, a lui auguriamo dal Cielo ogni felicità maggiore. Genova, 26 decembre 1647”.
Del 1648 a 4 marzo coll’occasione della venuta del conte Bonsi, che si supponeva dovesse venir sostituto qui per residente di Sua Maestà Christianissima in luogo dell’Amontot, essendosi trattato ne’ Serenissimi Colleggi di quello si dovesse fare intorno le instanze che a nome di detta Maestà andava portando detto magnifico Giannetino Giustiniano al Serenissimo Duce, fu dalle Signorie Serenissime deliberato che gl’Eccellentissimi di Palazzo dovessero far chiamare detto magnifico Giannetino, e dirli come restando per le constitutioni della Repubblica prohibito a cittadini d’essa il portare instanze de prencipi, perciò nell’avenire si dovesse astenere di farlo perchè non sarebbe sentito, il che se li faceva saper così per l’osservanza di dette constitutioni, come perchè li negotii del Re di Francia non patissero. Il giorno seguente dagl’Eccellentissimi di Palazzo fu fatta l’espositione al detto magnifico Giannetino Giustiniano in conformità della deliberatione suddetta, del che detto magnifico Giannetino mostrò molto sentimento, con dire in sostanza che si usava seco di un rigore che non si era pratticato con tant’altri, a quali era stato permesso di portare li negotii della Maestà Cattolica in absenza degl’ambasciatori, specificando il signor marchese Spinola, senza nominar altri, con aggiongere che non poteva se non dar parte di tutto a Sua Maestà, e che dal detto rigore che si usava seco poteva risultarne gran pregiudicio al servitio del Re, et accrescer con questo le male sodisfattioni alle quali haveva egli sempre procurato d’oviare. Alle quali cose tutte fu dagli Eccellentissimi risposto in buonissima forma. A 6 del mese di marzo i Serenissimi Colleggi riceverono lettera del signor cardinal Mazzarini responsiva alla sudeta loro, e fu del seguente tenore: “Serenissimo Duce, Illustrissimi et Eccellentissimi Signori, Mi sono gionti assai nuovi i sentimenti che Vostra Serenità, e l’Eccellenze loro si sono compiaciuti di rappresentarmi nella loro lettera intorno la carrica conferita da Sua Maestà di suo residente appo cotesta Serenissima Republica nella persona del Signor Giannetino Giustiniani loro cittadino, massime mentre sono anni ch’egli tratta gl’affari di questa Corona con reciproca sodisfatione di Sua Maestà e della medesma Repubblica, anzi io non sapendo come dare nè più certo, nè più sicuro pegno dell’ottima mia voluntà verso di essa Repubblica, confesso di haver cooperato grandemente a questa risolutione di Sua Maestà. Hora sopra le instanze di Vostra Serenità e dell’Eccellenze Loro, non lascierò di procurarne tutte le sodisfationi che desiderano, però sino a tanto che si provegga è necessario che il medesmo signor Giannetino continui negl’affari di questa Corona, e che Vostra Serenità e l’Eccellenze loro lo riconoschino per servitore e ministro di Sua Maestà appo cotesta Repubblica, con sicurezza di ricever ogni sorte di gusto, e di sodisfatione, si come io a quelle di Vostra Serenità e delle Eccellenze loro mi offero sempre prontissimo, e resto di tutto cuore, di Vostra Serenità e delle Eccellenze loro. Pariggi, 28 febbraio 1648”.
Li Serenissimi Colleggi, consultato prima il negotio col Minor Consiglio, alla detta lettera del Cardinale Mazzarini fecero risposta del seguente tenore: “Illustrissimo et Eccellentissimo Signore, quelle occasioni che ci mossero a pregar Sua Maestà di far elezzione di soggetto alla nostra Repubblica non sottoposto per trattar appo di noi i suoi reali affari, con mottivi di grandissima sostanza che partecipammo anche a Vostra Eccellenza con le nostre del 26 decembre, quelle istesse fondate nell’osservanza delle nostre constitutioni, et atte ad apportare al nostro governo molti sconcerti, ci assicurano che Vostra Eccellenza, con la finezza del suo inteletto, loderà le deliberationi della Repubblica di non amettere cittadini, o sudditi a portar simili negotiationi, e come siam certi che se Vostra Eccellenza havesse havuto notitia de nostri decreti, non haverebbe cooperato con Sua Maestà all’impiego di Giannetino Giustiniano, così attendiamo che attesa la necessità che Vostra Eccellenza dice esserci di chi serva la Corona appo di noi, altri si elegga, chiunque si sia, purchè non sii alla nostra Repubblica sottoposto, in conformità di quei sensi, e per la stretta obligatione che ci corre dall’intiera osservanza delli nostri decreti, fecemo l’anno passato dire al Giustiniano che si astenesse da tal ministerio nell’avenire, il che se l’era replicato qualche giorni prima che ricevessimo le lettere di Vostra Eccellenza de 28 febraro, ma se nel mentre che resti deputato ministro in luogo del signor d’Amontot si rapresenterà qualche occasione che possa in queste nostre parti offerirsi per serviggio della Corona, sentiremo voluntieri chi non sottoposto a noi ci porterà le richieste di Sua Maestà, come sopra l’instanza che in suo nome ci ha fatto il francese Dreuet, habbiamo hora essequito della permissione del transito di 8000 mine di grano destinate in Lombardia da essequirsi nella forma altre volte in simili casi pratticata, et usaremo nel servire Sua Maestà quell’istessa pontualità ch’egli ha più volte benignamente gradito, sicuri in tanto che Vostra Eccellenza non permetterà che la deputatione d’un tal ministro ponto si diferisca, per farci provare il frutto del suo favore. Il mottivo poi che si compiace Vostra Eccellenza rappresentarci d’haver havuto nel impiego del Giustiniano in ordine a darci sicuro pegno dell’ottima sua voluntà, riceviamo carissimo, come che ci confermi nell’opinione che sempre habbiamo tenuto della molta cortesia et ugual gentilezza di Vostra Eccellenza, a cui rendiamo affettuose le gratie. Desiderosi come pronti di farle conoscere quanto stimiamo la sua persona, alla quale auguriamo avenimenti felici proporzionati a suoi meriti. Di Genova, li 16 marzo 1648”.
In fine del mese di aprile dell’anno sudetto fece di qui partenza verso la corte di Francia il magnifico Gio Batta Pallavicino per dover colà rissedere in qualità di gentilhuomo della Repubblica Serenissima, e nella sua instrutione [2] fra le altre cose li fu dato notitia di quello era sinal’hora seguito intorno alla persona del detto magnifico Giannetino, acciò li servisse per pura informatione senza che dovesse farne negotio, o tenerne discorso con alcuno, ma però che se ne sentisse trattare, come informato del successo e de sensi della Repubblica, se ne potesse servire a bisogni.
Nel principio del seguente mese di maggio da Monsù della Fuye vennero presentate due lettere della detta Maestà Christianissima, et una del signor cardinale Mazzarino. La tradutione d’una di quelle del Re fu del seguente tenore: “Carissimi e buoni amici, non havendo havuto una risposta alle lettere che noi vi habbiamo scritto, questa è per quella che voi havete indirizzato a nostro cugino il cardinale Mazzarini, che siamo informati delle raggioni che vi obligano a desiderar da noi che il signor marchese Giannetino Giustiniano non accetti la qualità di nostro residente a Genova, e perciò che noi non vogliamo in una cosa di questa natura darvi necessità, trattandosi della scelta di una persona che ha in sè tutte le buone qualità che sono a desiderare in questa fonzione, ma che per altro non la può essercitare senza ferire le constitutioni della Vostra Repubblica, per esser ch’egli è vostro cittadino. Habbiamo stimato raggionevole di consentire a quel ch’havete desiderato in questa occasione, perciò vi scriviamo la presente di aviso della Regina regente nostra honoratissima dama e madre, per assicurarvi delle nostre buone voluntà, e che habbiamo ben gusto di significarvelo, non solo in diversi rincontri che giornalmente s’offeriscono, ma particolarmente in questa nella quale ci portiamo voluntieri a sodisfarvi, facendo cessare l’impiego del detto signor Giustiniano in qualità di nostro ressidente, non essendo però nostra intentione che sia impedito di continuare, come per il passato fu fatto, il suo affetto aperto al servitio di questa Corona, ma che possa trattare con tutta la libertà l’essecutione de gl’ordini che potrà ricever da noi, e finchè noi habbiamo fatto partire la persona destinata alla detta ressidenza, habbiamo incarricato de nostri affari il signor De la Fuye, al quale darete credenza in tutte le cose che havesse a farvi intendere da nostra parte, al quale rimettendoci preghiamo Dio, carissimi e buoni amici, di tenervi in sua santa guardia. Scritta a Pariggi, 4 aprile 1648”.
La tradutione dell’altra di quelle del Re fu del seguente tenore: “Carissimi e buoni amici, habbiamo inteso con meraviglia che li soldati levati per nostro servitio venendo d’Italia nel nostro regno, e passando dentro al vostro Stato, siano stati così maltrattati da certi ufficiali, che in una sola occasione ne siano spersi cinquant’huomini, per essere stato impedito di portarli provisione, e che non habbino voluto permetterli di castigare li disviati, sino a far tirare da paesani colpi di focile contro loro officiali, che si mettevano in debito d’arrestarli, e si è proceduto ancora con sì gran rigore contro il commissario alla condotta de nostri soldati, che non han voluto permetterli soggiornare al porto un poco di tempo che gl’era necessario per fare il suo imbarco, tutto questo gionto alle lamente che vi habbiamo fatte fare, e replicate, di rubbamento de nostri corrieri senza riparatione nè giustizia per instanza che ve n’habbi fatto da nostra parte il signor Giustiniani, al quale medesmamente hanno impedito di trattare, in maniera che non ha potuto esseguire gl’ordini che li havevano indirizzati et al medesimo tempo che voi havete fatto la difficoltà di riconoscerlo per nostro ressidente, e d’ascoltare quello che gl’era stato incarricato di farvi intendere, havete fatto partir da Genova il signor Gio Batta Pallavicino per venir a rissedere in Francia, come se haveste affettato un soggetto che noi sappiamo haver continuamente fatto professione di dipendere ed esser appoggiato a nostri nemici. Habbiamo donque raggione di credere doppo tutte queste cose, che vi siate allontanati da questa affezzione a nostri interessi, della quale ci havete fatto più volte assicurare, poichè non guardate tampoco la neutralità. Che non havendo potuto dissimulare vi dichiariamo di non poter ricevere detto signor Pallavicino nella nostra Corte, et attendendo di essere più chiariti de vostri veri sentimenti, si regolaremo secondo che se li trovaremo obligati, e rimettendosii a quel che più particolarmente vi sarà spiegato dal signor delle Fuye, continuaremo a pregar Dio che vi tenghi, carissimi e buoni amici, in sua santa guardia. Scritta a Pariggi, li 15 d’aprile 1648”.
La lettera del signor cardinale Mazzarini fu del seguente tenore: “È stato molto sensibile a Sua Maestà che la Serenità e l’Eccellenze Vostre habbino fatto dire al signor Giannetino Giustiniani, suo ressidente, di non presentarsi alla loro audienza, poichè haverebbe la Maestà Sua creduto che avanti di venire a quest’atto, havessero dovuto trovar buono di fargliene intendere le caose, con sicurezza di riportarne ogni raggionevole sodisfattione. Con tutto ciò persuadendomi io che questo sia stato un puro mottivo del zelo che hanno per la conservatione de loro decreti, mi sono interposto con riverenti et efficaci uffitii appo la Maestà Sua, acciò si compiaccia di non pigliare in mala parte il termine usato col detto signor Giannetino, ma più tosto di condescendere voluntieri alle instanze della Serenità et Eccellenze Vostre. E’ però parso strano a Sua Maestà che in cotesto senato si facci difficoltà di ricever per ressidente un proprio cittadino, e che dall’altro canto si camini con tanta facilità a mandarne in questa corte un altro, che per le sue inclinationi e per la professione che ha sempre fatta, sia più capace di portar l’interessi de Spagnuoli che quelli della Repubblica, ond’io riportandomi nell’uno e nell’altro di detti capi alle lettere che riceveranno da Sua Maestà, resterò con questa sicura credenza che la Serenità e l’Eccellenze Vostre, per tutte le raggioni, ma particolarmente per le congionture de tempi ne quali ci ritroviamo, siano per far elezione d’una persona che sia di sodisfattione, o almeno non di sospetto a questa Corona. Nè voglio con questa occasione lasciar di rapresentare a Vostra Serenità et Eccellenze Vostre che qua vi sono così buone relationi della discretione, e buoni termini di un tal gentilhomo Promontorio [3] che serve cotesta Serenissima Repubblica in Monster, ch’io lo crederei molto proprio per questa carrica, et haverebbe gran vantaggio di venire a questa corte con l’opinione che vi si è concepita della sua modestia, e destrezza. Che è quanto mi occorre dire a Vostra Serenità et alle Eccellenze Vostre, alle quali ratifico la prontezza che haverò sempre in servirle, e prego da Dio quelle felicità che sono dovute a loro meriti. Di Pariggi li 30 aprile 1648”.[4]
Li Serenissimi Colleggi sentito il parere del Minor Consiglio, risposero alle dette due lettere del Re con una loro del seguente tenore: “Sacra regia Christianissima Maestà, dalle lettere di Vostra Maestà de 4 e 15 del mese passato reseci dal signor della Fuye, habbiamo con gusto inteso l’impiego di lui a suoi regii affari appo di noi, ma con sentimento non meno il dubio che ci dinota esserli sovenuto de nostri affetti e devotione verso gl’interessi della Sua Real Corona dalle relazioni che gl’erano pervenute di qualche maltrattamenti usati alle sue truppe nel passaggio che han fatto su i nostri Stati, gionti al non havere sentito provisione per lo svaliggiamento seguito de suoi corrieri in questi nostri mari nelle replicate instanze che intendea esserci state fatte da sua parte, mentre che havendo con particolar premura procurato di servirla, et inteso d’haverlo fatto con sodisfattione de suoi ministri ne sudetti passaggi, stavamo aspettando di sentire avanzati nella buona gratia di Vostra Maestà i meriti della nostra osservanza, come sempre più sono confirmati in noi i desiderii di conseguirla a tal affetto doppo d’haverli con lettere nostre particolari rapresentato le diligenze fatte per conto di detti corrieri, secondo che dalle sue reali intesimo esser suo desiderio, oltre di quelle che per obligo della nostra giustitia havevamo subito ordinate, affrettammo la partenza di Gio Batta Pallavicino, già deputato per nostro gentilhuomo appo di Vostra Maestà, che stimato per le sue qualità e conosciuti spiriti verso della Repubblica di tutta sodisfattione alla generosa mente di Vostra Maestà, oltre d’esser fratello di soggetto a suoi reali ministri generalmente gradito, intesimo di non haverne più apropriato a dover mantenere con l’espressione de veri successi il sincero affetto nostro verso gl’interessi della Sua Christianissima Corona. Onde sicome habbiamo a ringratiarla della provisione presa intorno alla ressidenza col mottivo delle raggioni che ci furono a pregarvela, così dobbiamo replicare l’instanza d’assicurarsi che per ben affetto al suo real servitio fu da noi deputato il Pallavicino a rissedere nella Sua Corte. Per assistere di quanto si potesse nel paese nostro al passaggio de suoi soldati furono da noi dati larghissimi ordini, e per quanto si è potuto procedere contro malfattori habbiamo fatto ogni diligenza, e la continuaremo sempre maggiore perchè conoschi Vostra Maestà in ogni occasione la nostra osservanza. Così sentendo l’impressioni contrarie circa il Pallavicino che nell’ultima sua ci dimostra, le habbiamo dato ordine di fermarsi ovunque si trovi, e non proseguire il viaggio a cotesto impiego, mentre che non sia di sodisfattione di Vostra Maestà. Habbiamo rinovato le diligenze di ciò che sia seguito ne’ casi accennati, e come più distintamente habbiamo significato al signor de la Fuye che dovrà riferirlo a Vostra Maestà, non habbiamo havuto notitia per lamenta alcuna fatta dagl’ufficiali delle sue truppe circa provisioni ch’havessero desiderate, solo che pretendessero far giustitia contro quello che porta la convenienza, e nostri ministri havevano visto osservare dagl’ufficiali in simil passaggi seguiti nelli nostri Stati, il che non crediamo che debba alla Maestà Vostra prendersi in malaparte, con la sicurezza d’haver in noi, per quanto saremo sempre buoni a sevirli, efficacissima voluntà per esseguirlo e pregando nostro Signore di concedere a Vostra Maestà ogni augumento di gloria, riverenti le baciamo le mani. Genova, 12 maggio 1648”.
Et a quella del signor cardinale Mazzarino le Signorie Serenissime fecero la seguente risposta: “Illustrissimo et Eccellentissimo Signore, ha Vostra Eccellenza cortesemente appreso lo stimolo che ci ridusse a riparare l’elettione di Giannetino Giustiniano a portare i negotii di Sua Maestà per li inconvenienti manifesti che ne sarebbero risultati, altretanto vorressimo che apprendesse li mottivi dell’elettione seguita in Gio Batta Pallavicino per ressidere in cotesta Corte, sicuri che si come ha Vostra Eccellenza havuto quello per meritevole del suo favore appo di Sua Maestà, così haverà questi per lodevoli, e degni d’esser graditi dal suo zelo e dalla sua buona gratia. Questo gentilhuomo oltre l’independenza della sua casa, ha professato sempre spiriti naturali di vera Repubblica, et ossequiosi di cotesto real servitio, onde stimamo d’havere difficilmente soggetto che potesse essere più apropriato e franco per servirci in cotesto Regno, e quando ci fosse stata ombra che non dovesse esserle gratissimo, sicuramente non l’haveressimo a ciò destinato. Ci dispiace che relazioni, forse appasionate habbino havuto forza per scandalizare insieme gl’affetti di lui verso del servitio di Sua Maestà, e l’intentione nostra di accettare in soggetto gradito. In chè pregaressimo Vostra Eccellenza volerne informationi più sincere, pure dovendo noi dimostrare qual veramente fu il pensiero in tale elettione di renderci non meno con gl’effetti che con persona grata a mantenerle il vero e continuato desiderio della nostra osservanza, habbiamo dato ordine al signor Pallavicino che si fermi ovunque si trovi, e non proseguisca il viaggio a cotesto impiego, o pur gionto s’astenghi da essercitarlo, desiderando sopra tutto le sodisfattioni di Sua Maestà, e che ella e Vostra Eccellenza si assicurino che in servirla continuamo l’affetto che li habbiamo sempre professato; la preghiamo a mantenere con Sua Maestà il medesimo concetto, certo che negl’effetti troverà la corrispondenza a ciò dovuta. E qui a Vostra Eccellenza preghiamo da Nostro Signore ogni maggior grandezza. Genova, li 12 maggio 1648”.[5]
In essecutione di quello che i Serenissimi Colleggi scrissero con dette lettere a Sua Maestà et al signor cardinale Mazzarini toccante alla persona del gentilhuomo Pallavicino, loro Signorie Serenissime sotto l’istessa data altresì scrissero al detto gentilhuomo pochi giorni avanti di qua partito verso la Corte di Francia, conforme di sopra s’è detto, che non dovesse proseguire l’intrapreso viaggio, ma fermarsi dove li fosse stata consignata la lettera che conteneva detto ordine senza passare più avanti, e caso che detta lettera li pervenisse in tempo che già fosse arrivato in Pariggi non dovesse metter mano in modo alcuno a trattar negotio per conto publico, nemeno far visite, o qualsivoglia altra cosa che lo potesse far comparire con carattere di ministro, ma si dovesse trattare come privato.
Detta lettera pervenne al detto gentilhuomo nella città di Lione, dove avisò che si sarebbe fermato sino a tanto le sopragiongessero nuovi ordini dalle loro Signorie Serenissime, alle quali diede poi parte di esser stato visitato dall’intendente della Giustitia di detta città, quale per l’absenza del Governatore faceva le sue parti, e che a nome della Christianissima Maestà li haveva esposto essere sua voluntà che non passasse più avanti, et in appo avisò parimente loro Signorie Serenissime come detto intendente era un’altra volta stato da lui, e che li haveva detto che quando esso gentilhuomo volesse andare alla corte con titolo di privato, il signor cardinale Mazzarini lo haverebbe sentito voluntieri. In risposta di che, havendo i Serenissimi Colleggi concesso licenza a detto gentilhuomo di portarsi alla corte, con ordine che nel trattamento di sua persona non dovesse eccedere quello di persona privata, si portò esso a Parigi, di dove con lettera del 28 luglio diede parte d’essersi abboccato col signor cardinale Mazzarini, e fra le altre particolarità scrisse quanto in appo: “Discendendo poi di nuovo al mio particolare, le dissi che circa il non haver io amicitia alcuna con Spagnuoli, mi rimettevo all’ istesso Giannetino Giustiniano, quando havesse voluto spogliarsi di quella passione che potesse havere per la negatione del suo intento: replicò Sua Eccellenza essere negotio fornito, che però Vostre Signorie Serenissime haverebbero potuto astenersi di fare intimationi mentre il Re le avisava di volerle contentare come ha fatto, e lo ripresi che mi pareva poterle rispondere che quando la Republica fece avisare il Giustiniano non haveva ancora ricevute le lettere di Sua Maestà, e poi mi estesi in dirle la stretezza della legge, che vietava a cittadini l’essercitare ministero alcuno d’altri prencipi con la Repubblica, et il buon governo sul quale tal legge era fondata, dell’essecutione di quale Sua Maestà non doverebbe havere occasione alcuna di dolersi, di che mi pare restasse molto sodisfatto, et agradisse il discorso”.
E con altra del 20 novembre dell’anno medesimo avisò di essersi un’altra volta abboccato col medesimo signor cardinale Mazzarini, e fra le altre particolarità, scrisse quanto in appo: “Passammo in altri discorsi, e toccante Vostre Signorie Serenissime, mi ripigliò veramente potevano a meno di far quell’ordine al Giustiniano senza aspettare la risposta del Re, che le voleva compiacere, come le haveva compiaciute, io gli replicai che in ciò non haverei esposta niente la mente publica non toccando a me, però da me le dicevo che non poteva mai la Repubblica ametterlo come già da principio le haveva detto, havendo una legge che se gli oppone, e che Sua Eccellenza sapeva bene che queste sono l’anima della Repubblica, e che si devono al pari della vita mantenere, che però in questa legge non restava pregiudicato il servitio di Sua Maestà in cosa alcuna, mentre i suoi interessi saran sempre portati meglio da un nationale che da un cittadino che non potrebbe haver quella stima nella sua patria come haverebbe un straniero. Discorsimo qualche cosa del detto Giustiniano, et io le toccai così dolcemente che poteva annoverare fra le maggiori sue stime l’esser servitore di Sua Eccellenza, che del resto non v’erano gran cose, lui si mostrò curioso di sapere che, e come, ove ancor lui mi parve inclinasse a conoscere che in Genova non haverebbe potuto havere la stima che è necessaria ad un ministro di Re, tanto più si sarà confirmato in questo quando haverà letta una lettera di Monsignor di Beoregard, che di costì passò e che mi pare resti molto obligato a Vostre Signorie Serenissime per la galera concessale per il passaggio della riviera. Credo che detto Beoregard non si lodi troppo del Giustiniano, havendomi detto che lo conosce interessato, e che porta il servitio del Re a misura dell’interesse proprio: io ho conosciuto il suddetto in Avignone, e mi ha fatto molto honore mostrando meco gran confidenza”.
Il detto gentilhuomo Pallavicino, doppo haver dimorato in Francia da nove mesi come privato, doppo di haver superati molti contrasti che li vennero fatti circa la sua recettione come ministro da diverse persone, fra quali con più sue lettere nomina esso gentilhuomo detto magnifico Giannetino Giustiniano, venne finalmente accettato da Sua Maestà Christianissima, appo della quale essercitò poi la carrica di gentilhuomo residente della Repubblica Serenissima per lo spatio d’anni ondeci in circa, nel qual tempo, come anche nel biennio che la stessa carrica vi fu essercitata dal magnifico Gio Luca Durazzo suo successore, pare restasse sepolta ogni pretentione di che detto magnifico Giustiniano dovesse trattare con essa Repubblica i negotii per la Francia. E’ ben vero che la scarsezza del tempo non ha permesso di poter ripassare tutte le scritture concernenti al ministero esserci stato da detti due gentilhuomini.




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[1] L’originale di questa lettera, in francese, è conservato nello stesso fascicolo.

[2] ASG, AS, 2708, Istruzione data dal Serenissimo Governo di Genova al magnifico Gio Batta Pallavicino destinato alla Corte di Parigi, Genova, 20 marzo 1648.

[3] Si tratta di Nicolò Promontorio, nel 1649 incaricato d’affari in Francia. Vedi ASG, AS, 2182.

[4] L’originale della lettera è conservato in ASG, AS, 2809, Lettere Cardinali, mazzo 11, lettera autografa del Mazzarino alla Repubblica del 30 aprile 1648.

[5] Il copista scrive 1668.



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Barbara Marinelli

Un corrispondente genovese di Mazzarino


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Indice
Abbreviazioni
Criteri di edizione
Indice dei nomi
Opere citate
Genealogia


Giannettino Giustiniani
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1j 1k 1l 1m

APPENDICI

2. Il Ristretto

3 Le lettere
3a. Introduzione
3b. 1647-1654
3c. 1655-1656
3d. 1657-1660


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