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Assestamenti
Il secondo giorno della mia permanenza americana mi alzai di buon mattino, e con l'alacrità e la spensieratezza che solo questo paese sa trasmettere (venate, comunque, da una disturbing sensazione di vuoto, ma qualcosa di molto effimero e volatile, come un'opacità improvvisa sulla lente a contatto) me ne uscii dalla mia casetta di compensato e me ne andai per le strade deserte e umidicce, tra il verde curato dei prati e gli scoiattoli, ostentando un jogging più sostenuto di quanto mi sia lecito sobbarcare. Nel mentre di quest'aureo momento di pace e solitudine, ebbi all'improvviso un'apparizione, un'epifania: nel balcone di una di queste casette svettava, a dir il vero un po' abbacchiata dalla pioggia notturna, una bandiera americana. Fu lo squarcio nel cielo di carta. Dopo di lei apparvero, come un esercito di folletti, una dopo l'altra, altre bandierine, appese tra le piante e i giochi dei bambini, alle finestre e dentro i vasi, in formato fazzoletto o in drappi solenni. Come nel sogno sinistro di un'Alice nel paese delle meraviglie le bandierine pullulavano, si moltiplicavano come i sorrisi, e più che inquietante il loro messaggio era insulso, puerile. Le bandierine stavano fuori dalle case, nei cimiteri, sulle magliette, sulle borse, ovunque vi sia uno spazio liminare fra pubblico e privato dove il privato possa lanciare all'esterno la sua appartenenza e riceverla indietro come un rassicurante boomerang. Un amico americano mi ha detto che più che nazionalismo è tradizione. E probabilmente ha ragione. (Parentesi ludica: ma ve l'immaginate da noi andare in giro con la scritta Italia sulla maglietta, o addirittura con il tricolore?).
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Carola Frediani Lettere pittsburghesi * Indice Prefazione 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. * * quaderni.net |