Smani-festation


In Market square, che è una specie di piazza schiacciata fra i grattacieli di downtown istoriati di luci natalizie, c'è stato il concentramento. Circa duecento persone, molti i cartelli. Erano le cinque, l'ora in cui le persone lasciano gli uffici nei loro cappotti comprati da Kaufman, Gap o Sachs, e il cuore postmoderno della città si svuota. Intenso traffico, andature frettolose. Il corteo ha camminato lungo una delle avenue principali, rigorosamente sui marciapiedi, perché la polizia di Pittsburgh pretendeva trecento dollari per affittare la strada ai cittadini in manifestazione. E allora si sta sulle sidewalks, salvo attraversare ai semafori e agli incroci più e più volte, finché il traffico non è bloccato ugualmente. Mentre camminavo nel mezzo, e una ragazza italiana mi tentava di spiegare il fatto che secondo lei bisognerebbe fare un'antologia di letteratura femminile italiana, e che la questione delle donne islamiche è cruciale, giusto mentre da dietro un megafono ci sparava nelle nuche Free Mumia! e His Freedom is Our Freedom!, ed io mi sentivo tanto in un film di Moretti, non ho potuto fare a meno di considerare la diversità delle manifestazioni a cui ero avvezza, anche nella sola organizzazione. Un comitato promotore che la sera prima di una piccola e moderata manifestazione si preoccupa del fatto di non avere avvocati né fondi in caso la polizia arresti decine di persone, e di contattare per questa ragione i Rage Against the Machine in modo da garantirsi un eventuale concerto di raccolta-fondi; un comitato che raccomanda di non allontanarsi dal corteo e di non volantinare da soli; che si rammarica di non avere osservatori super partes che controllino l'operato della polizia… be', non l'avevo ancora visto (era prima del G8, naturalmente, nda.) Del resto di cose mai viste o sentite in tutta questa faccenda di Mumia Abu-Jamal ce ne sarebbero molte. A Pittsburgh il Comitato che segue le sue vicissitudini giudiziarie è il Western PA Committee to Free Mumia. Accanto a questo, ma per fortuna piuttosto sconosciuto, sta anche un Western PA Commettee to Kill Mumia, probabilmente contiguo a scampoli di KKK. Esiste poi un gruppo, di ambizioni più "intellettuali", denominato Accademia e qualcos'altro che, con l'appoggio di un magnate della finanza, ha edito un dossier su Mumia intitolato Copkiller. Cop è una parola slang per poliziotto, tipo sbirro, ma senza l'inflessione negativa che ha in italiano. (Interessante notare che nella nostra lingua tutti i termini slang per poliziotto sono peggiorativi. Cop è invece onorevole, e ci fanno pure un programma televisivo con questo nome). Questi libercoli propagandistici sono per altro abbastanza miserevoli, e non hanno nulla a che vedere comunque con la diffusione dei due libri scritti in carcere dallo stesso Mumia, una sorta di memorie dal sottosuolo e di riflessioni politico-filosofiche dentro un accattivante involucro da best-seller. O con le trasmissioni via Internet di discorsi dello stesso Mumia. O con il video sulla sua storia curato dalla BBC. Insomma, in fatto di propaganda e copertura il grande fratello americano non pare sempre così grande, sembra anzi fare acqua da tutte le parti. L'ultima notizia appetibile per i media è che di fronte al carcere dove sta il giornalista afroamericano è in corso uno sciopero della fame guidato da una monaca giapponese. Mah… Ad ogni modo, la manifestazione, rumorosa e pacifica, si è arrampicata fino all'Hill District, il quartiere in assoluto più malfamato (e nero, ovviamente) che pende minaccioso da una collina sopra downtown. Qui il corteo si è spremuto in un teatro parrocchiale dove è iniziata quella che, se non suonasse offensivo, chiamerei la kermesse. La folla era composita: afroamericani, chi in jeans e berretti di pelle, chi in versione da accompagnatore-squadra-pallacanestro, chi, se donna, in turbante e vesti colorati; bianchi (o dovrei dire anglo-americani? o euro-americani? o visi pallidi? miserie del politicamente corretto!), specie di mezza età e donne; studenti del dipartimento di storia o antropologia e affini; vari ed eventuali.
A parlare si sono alternati diversi oratori, ma prima di tutto c'è stato il canto: ebbene sì, dopo che sono state distribuite copie dell'inno nazionale afroamericano, tutti si sono alzati in piedi e hanno cantato. Poi è passato un uomo in barba e respiro asmatico (una materializzazione del mitico uomo nero, se mai ve lo siete immaginato) che raccoglieva offerte col cappello. Per un attimo mi è scattato un vecchio automatismo, ed ho pensato che non potevo fare la comunione senza prima essermi confessata. In effetti la politica qui, anche quella radical, è venata da un populismo e un sostrato di religiosità che sarebbero indigeribili anche per l'europeo più democristiano. Tra gli speaker ha brillato una ragazzina che ha recitato un lungo e commovente poema su Mumia e la pena di morte, in cui il tono era in bilico tra l'Antologia di Spoon River e i ritornelli liturgici, e in cui venivano citate anche "le bugie dei genitori". Ma la star dell'evento è stato un afroamericano uscito fresco fresco da un film di Spike Lee, il berretto rasta e i pantaloni larghi e le Nike e tutto il resto, il gesticolìo forsennato da cantante rap, con la mano che mulinava a mezz'aria quando il discorso s'infervorava e una raffica di 120 parole al minuto, legate da una retorica e un ritmo martellanti, infine risucchiati nell'ovazione del pubblico.
Questa vicenda di Mumia è un groviglio legislativo e insieme un concentrato atomico di questioni politiche, che fonde pena di morte, equità del sistema giudiziario americano, razzismo, violenza e corruzione della polizia. Quasi a dimostrare che non si può realmente mettere mano a una di queste senza scompaginare il tutto. L'affaire Mumia è diventato così un catalizzatore dello scontro politico, essere in suo favore vuol dire essere etichettati come radical rompicoglioni, tant'è vero che l'associazione contro la pena di morte rimane piuttosto freddina su questo caso. Ma quello che è più triste è vedere un corteo di 200 persone quando a Pittsburgh ci sono 50mila studenti. Nelle vacanze arriverà in città l'ultimo film con Tom Hanks, Il Miglio Verde, dal libro di Stephen King (il quale pare essere un liberal che sgancia pure soldi per le buone cause). Il film è chiaramente contro la pena di morte ed ha già ricevuto pessime, pungenti recensioni. Il comitato pittsburghese per Mumia si sta già organizzando per volantinare davanti al cinema. In gruppo.


Carola Frediani

Lettere pittsburghesi

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Indice
Prefazione

1. 2. 3. 4. 5. 6.
7. 8. 9.10. 11.
12. 13. 14. 15.
16. 17. 18. 19.
20. 21. 22. 23.
24. 25. 26. 27.
28. 29. 30. 31.



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