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Fox Chapel: uno strano connubio per nominare un quartiere. A prefigurarlo con l'immaginazione e le frasi raccolte da conoscenti si veste del senso d'isolamento e silenzio dei luoghi di culto e della posa elitaria della caccia alla volpe. E tale infatti è, isolato ed elitario, uno dei quartieri residenziali più ricchi di Pittsburgh. Ci si arriva in macchina, attraversando l'Allegheny, uno dei due fiumi che affettano la città concentrandone la crema finanziaria sulla punta. Poi, l'impressione è di guidare lungo una statale di campagna, in cui alberi fitti lasciano intravedere case grandissime, con l'erba spazzolata e precisa come una moquette e il fuoristrada posteggiato davanti al garage. Alcune sono mini-castelli, hanno il colore, le geometrie e l'ambizione di vecchie magioni europee, oppure sono in nitido stile new-england, bianche e classicheggianti come potremmo immaginare la casetta di villeggiatura di un senatore. Continuiamo a guidare attraverso questi viali alberati, senza tracce urbane, senza negozi o stazioni di servizio o scuole o uffici postali, senza persone per strada, quasi fossero tutte disabitate. Ma non hanno paura a vivere qui isolati? dico al guidatore americano che vive pure lui in una bella casetta a tre piani e parquet - anche se molto più modesta di quelle che vediamo e situata in un quartiere molto meno bene - casetta che è dotata di una serie di allarmi sofisticati e impietosi, per cui se non chiudi o apri la porta correttamente ti ritrovi la polizia sulla veranda in cinque minuti.
Dico, tutta questa ricchezza attirerà ladri e delinquenti… Illusioni piccolo-borghesi. Chi vuoi che venga, mi dice lui, ogni casa ha un sistema d'allarme, la notte noleggiano guardie giurate, e poi comunque non ti muovi certo a piedi. Ti sposti sempre in macchina, se si aggira qualcuno di estraneo salta subito agli occhi. Sarà… pure io in questo paradiso di volpi e cappelle non ci abiterei. Stefano si gira a guardarmi, come dire: allora non la compriamo la casa?
Comprarla no, però ci si può sempre capitare in una festa, se si hanno i contatti giusti. È quello che è successo poche notti dopo: per una di quelle deviazioni anomale delle feste studentesche ci ritroviamo a Fox Chapel a posteggiare lungo un viale alberato e scurissimo, perché non c'è di illuminazione pubblica, lungo una fila di macchine e di gente che sta andando nello stesso posto.
La casa: sembra uno degli ultimi prodotti ikea in esposizione. Bassa e quadrata, tutta bianca, fuori e dentro. Dentro in particolare le luci alogene riverberano sul biancore di pareti, pavimenti e i pochi mobili rimasti (il proprietario sta traslocando). Una casa vuota e bianca come un guscio d'uovo, senza porte, solo vani grandissimi che comunicano gli uni con gli altri, e la cucina. Questa navicella spaziale kubrickiana è presto riempita da una folla eterogenea e da musiche disco; l'unico inconveniente(e bisogna dirlo?) il fatto di dover fumare fuori al freddo.
A quanto pare però i ricchi e distanti vicini di casa (non così lontani, evidentemente, né tanto vicini) hanno subito chiamato la polizia, timorosi che le macchine parcheggiate potessero scalfire la moquette d'erba, o contaminargli l'aria con i tubi di scappamento, così che nel giro di mezz'ora la festa è agitata da un via vai di persone che corrono alle macchine per salvarle in tempo dal multone. Non c'era il divieto, forse - qualcuno ha detto. Ingenuo. In certi posti, non se ne ha bisogno.


Carola Frediani

Lettere pittsburghesi

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Indice
Prefazione

1. 2. 3. 4. 5. 6.
7. 8. 9.10. 11.
12. 13. 14. 15.
16. 17. 18. 19.
20. 21. 22. 23.
24. 25. 26. 27.
28. 29. 30. 31.



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