Daily Life


Gli americani si portano una croce sulle spalle dal primo momento in cui sono nati come società civile e questa croce è la ricerca della felicità. E se all'inizio della loro storia questa felicità si allacciava in qualche modo all'idea dei diritti della persona, dell'individuo, all'idea di libertà e uguaglianza, oggi si è trasformata nel diritto ad entrare in un fast-food alle tre di notte e addentare un hamburger grondante ketchup e maionese; nell'eseguire qualsiasi acquisto od operazione finanziaria per telefono; nell'accendere la mega-tv ad alta definizione su uno dei non so quanti canali privati che vomitano pubblicità su pastiglie contro il mal di stomaco e altre malattie da società post-industriale; nel fare jogging la mattina o la sera per le strade verdi e pulite dei quartieri residenziali, e nel salire in macchine adamantine e dispendiose per fare acquisti nei mega mall, ovvero nelle cittadelle del consumo di cui i nostri ipermercati sono ancora una magra e pallida riproduzione. Non ci vuole Tocqueville (che per altro lo diceva già a suo tempo) per capire che la ricerca di felicità è divenuta spasimo di benessere materiale e poco altro. Ma più che a Tocqueville ripenso al Brave New World di Huxley, a un mondo altamente tecnicizzato e asettico dove non ci sono conflitti, brutture, errori e ritardi, e dove la vita si assorbe in pillole scaccia-pensieri.
L'America è qualcosa di simile, quanto meno nella sua tensione ideale, ma non riesce a scrollarsi di dosso un tenue e persistente odore di marcio. L'America è modernità e decadenza, e in effetti c'è qualcosa di barocco nelle sue architetture, nel rigurgito colorato delle merci, nei dolci fatti di colesterolo puro venduti nelle macchinette perfino dentro le banche, nelle bottiglie d'acqua con la scritta "senza grassi", nella socievolezza frizzante e formale di alcuni abitanti. E poi ti ritrovi i volantini di convegni internazionali organizzati dall'università sottotitolati Pizza and Politics... Ci stiamo tutti americanizzando, ma non ce ne accorgiamo mai abbastanza.
L'America logora chi non ci sta.


Carola Frediani

Lettere pittsburghesi

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Indice
Prefazione

1. 2. 3. 4. 5. 6.
7. 8. 9.10. 11.
12. 13. 14. 15.
16. 17. 18. 19.
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