Ancora guardielladri


Sono le dieci di mattina; l'autobus che si dirige verso downtown è moderatamente affollato, quasi tutti i passeggeri sono seduti. Siamo fermi a un semaforo nella zona universitaria; da una parte ci sono il museo e la biblioteca pubblica, dall'altra l'università con i suoi prati verdissimi. In mezzo, strade con negozi e café. L'attesa al semaforo è lunga, l'aria condizionata permette di osservare la luminosità calda di agosto con nordico distacco. A fianco della strada c'è una banca, e una poliziotta dalla treccia bionda, l'aria impettita e il sedere largo vi si dirige con falcate autoritarie. Non posso fare a meno di notarla, e come me altri si voltano a guardare verso la banca. Non appena la poliziotta entra dalla porta principale si vede uscire qualcuno da dietro.
- Uao, è una rapina! - grida con eccitazione un uomo nero seduto con la pancia sulle ginocchia. Tutti si voltano a guardare con apparente indifferenza.
È una ragazza, quella che è uscita da dietro l'edificio, e corre, corre coi capelli che risplendono nella luce del mattino. Dopo alcuni secondi anche la poliziotta esce da dietro, inseguendola.
- Eccola, eccola - continua il nero con entusiasmo.
- È una ragazza, sembra una studentessa - commenta un altro tipo seduto vicino a lui.
Sono gli unici a parlare, tutti gli altri restano impassibili e zitti, anche se continuano a guardare la ragazza bionda che fa il giro del piazzale, attraversa la strada e passa rasente all'autobus. La vediamo nitida correre silenziosa, con classe, come facesse il suo jogging serale, il viso serio e concentrato, non contratto dallo sforzo né dalla paura, nella sua maglietta bianca e i jeans tagliati, le braccia che vanno su e giù con compostezza, quasi lente, e dietro, a dieci metri, l'altra bionda vestita di blu, intralciata dal cinturone e i chili di troppo, anch'essa con in viso la tranquilla dignità dell'atleta che ancora non ha intravisto il traguardo.
Passano così, una dopo l'altra accanto al bus, con sopra un gruppo di persone attonite già intimamente divise in due squadre a tifare silenziosamente per l'una o per l'altra, mentre dietro, ultimo della serie, un altro poliziotto annaspa sgraziato col fiatone e le guanciotte rosse, e così molleggiandosi i tre se ne vanno per la strada, lungo la fila di macchine ferme e sul ponte che sovrasta un reticolo di binari rinsecchiti. O forse lei ha svoltato prima, buttandosi sulla sinistra, e lasciandosi scivolare lungo la costa della collina e la spazzatura abbandonata. Ma questa è ormai speculazione, e l'autobus riparte, lasciando a tutti la propria parte di mistero e di inconfessata speranza.


Carola Frediani

Lettere pittsburghesi

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Indice
Prefazione

1. 2. 3. 4. 5. 6.
7. 8. 9.10. 11.
12. 13. 14. 15.
16. 17. 18. 19.
20. 21. 22. 23.
24. 25. 26. 27.
28. 29. 30. 31.



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