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Carlo Cabella, Agostino Schiaffino: 1a, 1b, 1c, 1d
Agostino Schiaffino: ambiente e formazione religiosa
Primo maggio 1586: per riconoscenza verso
i Lomellini, grandi amici e protettori del monastero, i padri carmelitani
concedono loro il diritto della sepoltura davanti all’altare maggiore
della chiesa. La famiglia si impegna, da parte sua, a perpetuare la protezione
dell’Ordine di Monte Oliveto e a versare 450 lire annue per la celebrazione
delle messe nella chiesa appena costruita a Multedo [1].
Nel ponente genovese la presenza dei Lomellini,
attestata sin dal XIV secolo, [2] si consolida - come indicano
anche ripetuti interventi edilizi e architettonici di prestigio [3]
- per opera soprattutto di Bartolomeo (che chiamerò il giovane per distinguerlo
dall’omonimo prozio) [4].
Le fortune di famiglia sono sicuramente legate all’attività della pesca
del corallo a Tabarca [5]. Stabilitisi nell’isola
ai tempi di Carlo V e iniziata l’avventura della colonizzazione insieme
ai Grimaldi, i Lomellini continueranno ad esercitare per quasi due secoli
i loro traffici. Tabarca con gli anni non significherà solo corallo, ma
commercio di schiavi e granaglie e contrabbando: una pedina importante
sullo scacchiere dei rapporti della famiglia genovese con la Corona spagnola.
Significativo che sia proprio il ramo multedese della famiglia a prendere
il possesso dell’isola e siano pescatori multedesi e pegliesi a diventare
specialisti nell’arte del corallo[6]
Multedo ha avuto una storia tormentata
dal punto di vista amministrativo. Assegnato in tempi diversi alla giurisdizione
di Prà, Pegli e Sestri, ha sofferto di questa subalternità verso i quartieri
vicini[7].
Lo scenario è quello di una periferia urbana degradata. Convivono, in
un’area piuttosto ristretta, i palazzi di civile abitazione, che a partire
dalla fine del secolo scorso hanno completamente trasformato il paesaggio,
il porto petroli, lo stabilimento Carmagnani, lo svincolo autostradale
di Pegli e la linea ferroviaria per Ventimiglia. Ma bastano pochi passi,
basta lasciare la litoranea, svoltare a destra e percorrere poche decine
di metri di via Reggio, per incontrare tracce ancora ben visibili del
passato. La Via Romana, spezzata in due tronconi dalla strada appena percorsa,
si snoda fra due alti muri di contenimento. Verso ponente c’è villa Lomellini,
oggi Rostan; a levante inizia una ripida salita che lungo le estreme propaggini
meridionali del monte Contessa, una volta superato l’oratorio, conduce
alla chiesa di Monte Oliveto, un tempo monastero dei Carmelitani. Se Strada
Romana, villa e monastero ad uno sguardo sommario possono sembrare siti
urbanistici ben distinti, prima che il nuovo si mescolasse così malamente
col vecchio, costituivano un polo unico: la villa dei Lomellini estendeva
le sue proprietà sino al monte in un complesso comprendente il monastero
stesso e altre costruzioni[8].
In questo luogo trascorre gran parte della
propria esistenza il padre Agostino Schiaffino[9].
Nel 1591, anno nel quale fa la sua professione religiosa ed entra a far
parte del monastero, è ancora un adolescente, nato con molta probabilità
tra il 1577 e il 1579. Secondo lo Speculum
Ordinis Carmelitani[10] infatti, il padre Schiaffino
sarebbe morto nel 1649 avendo già superata, anche se di poco, la settantina.
Quanto al luogo di nascita nulla sappiamo. La famiglia Schiaffino è radicata
nella riviera di Levante già alla fine del XV secolo, ma è pure attestata
la sua presenza nel capoluogo ligure[11].
I pochi anni che intercorrono tra la nascita
e la professione religiosa rappresentano un momento di particolare importanza
sia per i poli storici di Multedo, villa e monastero, sia per l’ordine
tradizionale del Carmelo, nel quale il giovane Schiaffino inizia la sua
formazione teologica, culturale e politica. Il sito di Multedo, tra la
sponda sinistra del Varenna ed il monte Contessa, conosce il suo momento
di slancio proprio nell’ultimo scorcio del Cinquecento. Questo momento
di crescita ha un collegamento diretto e fondamentale con la vicenda dei
padri carmelitani, presenti a Multedo sin dal 1516. Il 12 luglio del 1584,
dopo che erano stati ultimati la sacrestia, il coro e il campanile, si
inaugura la chiesa nuova che assume il titolo di Santa Maria e dei SS.
Nazario e Celso[12].
Ripercorrere brevemente le tappe dell’insediamento
dei Carmelitani a Multedo significa richiamare i rapporti tra questi e
la famiglia Lomellini e al contempo incontrare la prima opera di padre
Schiaffino storiografo: la Cronaca
breve del Monastero di Monte Oliveto[13],
principale fonte delle notizie che seguono. La fondazione del monastero
si deve a un certo Ugolino Marengo di Novi che, coi fratelli della congregazione
di Mantova, giunge a Multedo nel 1516. Acquistate alcune terre e ottenuta
l’approvazione dal papa Leone X, grazie all’appoggio dei Lomellini e dei
Pallavicini, riesce a spodestare la vecchia parrocchia[14].
Pochi anni dopo l’unione della parrocchia di Multedo all’ordine carmelitano
è confermata da Nicolò Fieschi, legato del pontefice a Genova[15].
Mentre si continua a celebrare nella vecchia chiesa, iniziano i lavori
per costruirne una nuova, contigua al monastero, sulla collina. I lavori
subiscono varie e prolungate interruzioni, anche se il nuovo edificio
si abbellisce di tanto in tanto grazie ai donativi dei Lomellini[16].
Nel 1552 la nuova chiesa è ultimata nei suoi tratti essenziali, ma la
chiesa parrocchiale resta ancora quella ai piedi della collina, dove i
padri del monastero continuano a celebrare le messe comunitarie.
L’apporto dei Lomellini è decisivo all’inizio
degli anni ’80, quando grazie a Nicolosio, Francesco, Stefano e Bartolomeo
(il vecchio), si giunge allo spostamento a monte della chiesa parrocchiale[17].
La giurisdizione sulla vecchia chiesa è concessa a Bartolomeo, che ottiene
anche la proprietà della terra che porta alla strada pubblica, di alcune
costruzioni circostanti e il diritto a demolire parte del campanile. Si
obbliga, da parte sua, a farvi celebrare una messa mensile, a non ridurla
ad usi profani, a trasformarla in oratorio per la comunità ed a pagare
ai padri di Monte Oliveto una rendita sui frutti di sei luoghi di S. Giorgio[18].
Nel 1586 iniziano le trattative con la casaccia di Multedo, a cui Bartolomeo
offre la vecchia chiesa parrocchiale in cambio dei possedimenti che la
compagnia vanta entro le proprietà della famiglia. La permuta avviene
il 4 maggio: nasce così il nuovo oratorio dei Disciplinanti[19],
lungo la salita che porta al monastero dei carmelitani. I legami tra i
Lomellini e i padri si fanno via via più stretti e la situazione non cambia
alla morte di Bartolomeo Lomellini che lascia ai suoi eredi l’obbligo
di versare ai padri di Monte Oliveto 300 lire l’anno per una messa quotidiana
e affida loro l’ufficio nella cappella privata della sua villa[20].
L’ordine carmelitano vive in questo periodo
un grosso travaglio, non solo religioso, che vede proprio la Liguria come
grande protagonista. Nel 1584 infatti, appena due anni dopo la morte di
Santa Teresa, veniva fondato a Genova il convento di Sant’Anna, prima
istituzione della riforma teresiana fuori dai confini di Spagna[21].
Appoggiati con forza da Filippo II, nel 1580 gli Scalzi ottengono un breve
del papa, il Pia considerazione,
che sancisce il distacco dall’ordine tradizionale del Carmelo e l’anno
seguente, ad Alcalà, celebrano il loro Capitolo generale. Fra i quattro
superiori dei riformati c’è il padre Nicolò Doria[22],
al quale sarà affidato il compito di presentarsi al papa per appianare
le divergenze con l’ordine tradizionale, e che, sulla strada per Roma,
fonda Sant’Anna di Genova. Riceve aiuti e finanziamenti dalla sua famiglia,
ottiene soprattutto l’appoggio politico dalla Spagna, necessario per sconfiggere
gli avversari della riforma. La configurazione degli Scalzi non è ancora
ben chiara: tra incomprensioni, tentativi di mediazione e scontro aperto,
c’è chi vede in loro, non a torto, la lunga mano della Spagna imperiale.
D’altra parte non manca chi presso la curia pontificia, intuendo le grandi
potenzialità della riforma teresiana, cerca di trasformare il nuovo ordine
da “spagnolo” in “romano.” Per una sorta di compromesso tra le varie tendenze
Sant’Anna di Genova ottiene nel 1585 la possibilità di continuare ad esistere.
La riforma degli Scalzi va avanti tra mitigazioni e fratture, ma la sua
forza nel giro di pochi decenni vincerà le resistenze del vecchio ordine.
Agostino Schiaffino entra quindi a far
parte nel 1591 d’un ordine “perdente,” se non nel presente, almeno in
una prospettiva piuttosto breve, al cospetto d’una forza che partendo
da Genova arriverà presto a Roma (1597), Cracovia (1605), Avignone (1608),
più tardi a Vienna (1622) e, dopo la battaglia della Montagna Bianca,
a Praga (1624) [23].
Non si può dire quanto l’appartenenza all’ordine dei Calzati in questa
particolare congiuntura abbia plasmato la personalità del nostro personaggio.
Egli tratta col distacco tipico del cronista le notizie che riguardano
i riformati, ma si avverte come un sottile velo di rancore, ingrediente
significativo dell’avversione che in età più matura mostrerà verso le
“cose di Spagna” e l’ambiente più apertamente filospagnolo di Genova.
[1] L. Montaldo, Quattro secoli
di storia della chiesa di Monte Oliveto, 1552-1952, Genova, tip. Bonissone,
1952, p. 15. Cfr. Le ville di Genova, a cura di P. Motta, fasc. 5,
Genova, Sagep, 1986, pp. 21-25 e Multedo: Villa Lomellini-Rostan e
il Monte Oliveto, a cura di P. Cevini, fasc. 23, Genova, Sagep, 1976.
[2] A. Ferretto, Annali
storici di Sestri Ponente e delle sue famiglie, in ASLSP, XXXIV,
Genova, 1904.
[3]Molti degli affreschi del piano nobile della villa si devono
a Bernardo Castello ed ai suoi discepoli a partire dal 1583 (cfr.
Le ville di Genova, p. 26).
[4] Credo sia utile riportare
qualche dato sui membri della famiglia Lomellini che più di frequente
incontriamo in collegamento col monastero di Monte Oliveto. Agostino
Lomellini, morto alla metà del ‘500, ebbe sette figli, fra i quali
Bartolomeo, morto senza prole nel 1597, Nicolosio e Stefano, morto
nel 1587. Stefano ebbe tre figli, Maria, Pietro e Agostino. Da quest’ultimo
nacquero (oltre a Caterina, Anna, Maria e Giovanna) Stefano, Bartolomeo
e Gio Battista. Il più importante è Bartolomeo (1592-1660), marito
di Barbara Doria, di fatto il nuovo protettore dei carmelitani di
Multedo al tempo dello Schiaffino. Da ricordare anche monsignor Gio
Battista, nel 1627 Chierico di Camera, nel 1632 abate di San Bernardo,
nel 1641 Tesoriere di Santa Chiesa, morto nel 1643 (cfr. N. Battilana,
Genealogie delle famiglie nobili
di Genova, Genova, Pagano, 1828-1833; rist. anast. Bologna, Forni,
1971, tav. 18 e 19).
[5] Per un maggiore dettaglio
sull’argomento si vedano F. Podestà, L’isola di Tabarca e le pescherie di corallo nel mare circostante, in ASLSP, XIII, 1884, pp. 1005-1044 ed il recente studio di C. Bitossi,
Il ruolo dei Magnifici nella politica mediterranea della Spagna: i
Lomellini e Tabarca, in Il governo dei magnifici. Patriziato e politica a Genova fra Cinque e
Seicento, Genova, Ecig, 1990,
pp. 167-188.
[6] Stando a quanto afferma
Don L. Montaldo nel breve incontro che abbiamo avuto, c’è ancora oggi
un residuo di rivalità campanilistica tra i due quartieri che ha per
oggetto proprio l’appartenenza all’arte dei corallieri e il ruolo
di pionieri nella colonizzazione
dell’isola tunisina.
[7] In epoca medievale Multedo
apparteneva alla pieve di Prà, nel tardo medioevo fu accorpata a Pegli
e a Sestri alternativamente. Al tempo della Repubblica aristocratica
è soggetta al Capitanato di Sestri. Durante la Repubblica democratica
passa al Mandamento di Voltri e, dopo una breve parentesi autonoma,
sarà annessa nel 1875 al Comune di Pegli.
[8] Faceva parte delle proprietà
dei Lomellini anche la vasta zona soprastante il monastero, dove nel
corso dell’Ottocento fu edificata villa Pignone, oggi completamente
in rovina. Parte del monastero diventerà villa Tomati. Cfr. F.Faedda,
G. Guidano, Le ville del Genovesato,
Genova, Valenti, 1986, vol. III, pp. 298-302.
[9] Oltre allo
Speculum Ordinis Carmelitani, Sive Historia Eliani Ordinis, Fratrum
Beatissime Virginis Mariae di Monte Carmelo, Roma, Michaelis Kuobbari,
1680, p. 1071, n. 3728 e a A. Cappellini, Dizionario
biografico di genovesi illustri e notabili. Cronologia dei governi
di Genova, Genova, Pagano, 1936, p. 220, si vedano G.B. Spotorno,
Storia letteraria della Liguria,
vol. V, p. 19, A. Oldoini, Atheneum ligusticum seu Syllabarius
scriptorum ligusticum, Perugia, 1680, p. 78, M. Giustiniani, Gli
scrittori ligustici, Roma, Tinassi, 1667, p. 35, R. Soprani, Li
scrittori della Liguria e particolarmente della Maritima, Genova,
Calenzani, 1667, p. 9. Schiaffino è citato tra gli storici in N.Giuliani,
Albo letterario della Liguria. Prospetto cronologico metodico di un nomenclatore
ligustico, Genova, Marro, 1886, p. 36.
[10] Cfr. Speculum
Ordinis Carmelitani. Le stesse notizie sono rintracciabili anche
in Bibiotheca Carmelitana, notis
criticis et dissertationibus illustrata, Roma, 1752, rist. anast.
1927, tomus I, p. 207.
[11] A
Sestri Ponente esiste una villa Schiaffino, ma la sua edificazione
è molto più tarda. Cfr. Le ville
del Genovesato, p. 300.
[12] Vedi il documento conservato
nell’archivio parrocchiale di Monte Oliveto, col quale Clemente Politi,
vicario dell’arcivescovo di Genova Cipriano Pallavicini, trasferisce
la parrocchia con tutti i suoi redditi alla nuova chiesa regolare
dei carmelitani.
[13] BUG, ms. B.V.33,A. Schiaffino, Cronaca breve
del Monastero di Santa Maria di Monte Oliveto di Multedo, Diocesi
Genovese, della Osservanza Primitiva dell’Ordine Carmelitano e successi
seguiti nel Dominio Genovese. Le annotazioni storiche dello Schiaffino
sono riprese sia nell’opuscolo di don L. Montaldo, Quattro
secoli, pp. 7-20, sia nel testo di G. Salvi, Pegli.
Storia delle sue chiese, Genova, ed. Lions Club di Pegli, 1966,
vol. I, pp. 55-63.
[14] Dal 1485 la cura della
parrocchia era affidata ai Minori Conventuali di S. Francesco. Vedi
Annuario Arcidiocesi di Genova 1994. Schede
Storiche, a cura di L. Alfonso, Genova, Tip. Fassicomo, 1993,
p. 133.
[15] Con la bolla del 6 settembre
1519 veniva affidata la cura parrocchiale al priore del monastero.
[16] Ad esempio nel 1572 Filippo
Lomellini dona alla chiesa vari oggetti sacri in argento con lo stemma
della famiglia, A. Schiaffino, Cronaca
breve, c. 43 v.. Lo stemma dei Lomellini è ancora oggi visibile
sul campanile.
[17] Anche in questa occasione
i Lomellini contribuiscono alla nuova chiesa donando due cappelle
ai lati dell’altar maggiore, affidando la realizzazione degli affreschi
ad Andrea Semino (cfr. L. Montaldo, Quattro secoli, p. 15).
[18] A. Schiaffino, Cronaca
breve, c. 54. Per quanto riguarda il valore da attribuire ai luoghi di S. Giorgio si veda E. Grendi,
Introduzione alla storia moderna della Repubblica di Genova, Genova, Bozzi, 1975, p. 187 e
segg..
[19] L’oratorio conoscerà significativi
interventi architettonici nel corso del Seicento, di particolare interesse
artistico sono gli affreschi di Lazzaro Tavarone dei quali dà conto
anche lo Schiaffino nelle Memorie
di Genova, 1634, 22. Cfr. pure A. Gaggero, Nazario e Celso antesignani della fede in Liguria, Genova, 1967.
[20] A. Schiaffino, Cronaca breve, c. 62 v.
[21] Si
veda il saggio di padre A. Roggero, Genova
e gli inizi della riforma teresiana in Italia, Genova, Sagep,
1984.
[22] Padre Nicolò Doria di Gesù
Maria (Genova 1539, Alcalà 1594), stabilitosi a Siviglia sui trent’anni
per seguire le attività finanziarie della sua famiglia, maturò la
vocazione religiosa e divenne carmelitano nel 1577. Una rapida carriera
lo portò in pochi anni a diventare priore di Pastrana e figura di
primissimo piano nei quadri della riforma del Carmelo accanto a Santa
Teresa e San Giovanni della Croce, cfr.
Sant’Anna in Genova, 1584-1984, un convento, una storia, un’anima
teresiana, a cura di P. Carlo Cencio, Alba, ed. S. Paolo, 1985,
p. 6.
[23] Importanti
anche gli sviluppi della riforma teresiana in Liguria: dopo Sant’Anna
vengono aperti i conventi di Loano (1609), Varazze (1616), San Carlo
di Genova (1623), Chiavari e Savona (1628) (Sant’Anna
in Genova, p. 18).
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Agostino Schiaffino
Memorie di Genova
(1624-1647)
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Indice
Abbreviazioni
Criteri di edizione
Indice dei nomi
Carlo Cabella
Introduzione
1a
1b
1c
1d
2a
2b
2c
2d
2e
Agostino Schiaffino
Memorie di Genova
1624
1625
1626
1627
1628
1629
1630
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1635
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1638
1639
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