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Carlo Cabella, Agostino Schiaffino: 1a, 1b, 1c, 1d Schiaffino prete e poeta A cavallo tra Cinque e Seicento prosegue
la fortuna di Monte Oliveto: fra donativi, nuove costruzioni e visite
illustri,[1]
il monastero di Multedo rafforza sicuramente il suo prestigio sulla comunità
locale.[2]
Si irrobustisce al suo interno la presenza di personaggi, se non di chiarissima
fama, sicuramente capaci di accreditare Monte Oliveto come centro di potere
e di cultura. Don Luigi Montaldo sulla base degli appunti dello Schiaffino
ne ricorda alcuni: padre Angelo Castiglione, celebre oratore e teologo,
le cui orazioni, dedicate al cardinale Borromeo, furono stampate a Milano,
i padri Benedetto Marengo,[3] Stefano Maggiolo [4]
e Alberto Oneto,[5] priori del monastero e
portatori di interessi teologici, artistici e culturali.[6]
Sono questi personaggi gli educatori e i primi amici dello Schiaffino. Con veiro Zena incoronò d’un Regno E’ noto che molte delle speranze e degli entusiasmi legati a questa elezione sono destinate e durare poco. L’azione del nuovo Aostin, nuovo Augusto, come lo definisce lo Schiaffino nella sua canzone, se rimane per molti versi esemplare e contribuisce a rassodare l’idea repubblichista, che conoscerà una lunga evoluzione nei decenni successivi, deve soffrire molte delle contraddizioni in atto, e finisce, come spesso succede nel travaglio delle transizioni, per acuire i contrasti e le divisioni sia all’interno dei conservatori che degli innovatori. Si crea, insomma, un terreno fertile per nuove o rinverdite polemiche. Il carattere stesso del nuovo doge, uomo deciso e autoritario, proveniente da una lunga tradizione politica di polemista, contribuisce all’inasprimento della crisi istituzionale. Il tentativo di sanare i conflitti fra gli organi istituzionali della Repubblica è arduo. Si tratta di far sì che l'azione di rinnovamento possa procedere senza produrre un troppo pronunciato e traumatico sconvolgimento dell’esistente.[19] L’operazione non riesce. Il nuovo doge entra in conflitto coi Collegi e i Supremi Sindicatori lo mettono a più riprese in stato d’accusa. Questi tormentati rapporti istituzionali sboccano nel maggio del ’38 nella inaudita richiesta del doge di poter rinunciare alla carica: Si dà voce che il Doge habbi richiesto con suplica di deporre il dogato accusandosi di non havere vista di accertare li animi de’ Coleggi e Supremi nel Governo della Republica. Fu vero. Presenta suplica li 17 maggio che fu letta nel Senato. Né si fece provigione alcuna.[20]/p> Segue, pochi mesi dopo, un altro tentativo di rinuncia: In questo mese di ottobre il Doge richiede con instanza che li sia concesso deporre la dignità o almeno la toga perpetua doppo la fine del suo Dogato. Li è negato.[21] La posizione repubblichista del Pallavicini,[22] impegnato sin dalla gioventù in importanti incarichi inerenti la difesa militare, il territorio e le istituzioni marinare, ha radici lontane.[23] Dal punto di vista diplomatico sono note le sue attenzioni verso la corona francese, ampiamente documentate nel corso della missione alla corte di Luigi XIII nel 1628.[24] Questa buona inclinazione verso la Corona francese è ricordata anche dallo Schiaffino nella sua canzone: Donde in amò s’unin per mezo sò Se, come abbiamo visto, l’esperienza dogale del Pallavicini è stata difficile e tormentata, resta ben radicato in vasti settori della classe aristocratica genovese il segno del cambiamento possibile e il sogno di una svolta lungamente attesa. Questo sogno ha il nome della neutralità armata e della pace, del ritorno alle attività produttive e del commercio, della ripresa dell’armamento navale e della costruzione del nuovo molo. Di questo sogno Agostino Schiaffino di certo era partecipe: Speran veì schioì muò, nasce garie; [1] Per esempio nel 1593 Bartolomeo Lomellini conduce in visita al monastero l’arcivescovo di Genova Alessandro Centurione insieme al cardinale legato di Avignone. Dopo la messa gli ospiti si recano presso la villa e vi passano il carnevale. Nel 1596 lo Schiaffino registra la visita del vescovo di Noli, il carmelitano Timoteo Berardo, ospite di Bartolomeo. Sono i Lomellini a donare ai padri di Monte Oliveto l’organo di Santa Maria di Castello di Genova nel 1592 (A. Schiaffino, Cronaca breve, c. 60v., 62). [2] Una nota dello Schiaffino afferma: “Nei litigi non si conoscevano altri arbitri o giudici all’infuori di essi [i padri di Monte Oliveto] e bastava ad un padre poter segnalare l’autore di un furto, perché la refurtiva tosto ritornasse a suo posto” (A. Schiaffino, Cronaca breve, c. 102, cfr. anche L. Montaldo, Quattro secoli, p. 32). [3] Parroco tra il 1595 e il 1607, arricchisce la chiesa di notevoli opere d’arte (L.Montaldo, Quattro secoli, p. 32.). [4] Parroco tra il 1585 e il 1588, all’inizio del Seicento costruì il chiostro, il dormitorio e contribuì con donativi personali allo sviluppo del monastero. Morì nel 1637 (ibid.). [5] Fu parroco a più riprese tra il 1604 e il 1640, si impegnò molto nella scuola del noviziato (ibid., p. 19). [6] Ibid., p. 30. [7] La sua presenza ha lasciato molte tracce nei documenti dell’archivio parrocchiale. Quale celebrante lo Schiaffino compare in atti di battesimo e matrimonio a partire dal 13 marzo 1612. [8] Memorie di Genova, 1628, 8. [9] Lo ritroviamo priore nel ’32, ’34, ’35, ’37 e ’38 (Cronaca breve, agli anni). Cfr. L. Montaldo, Quattro secoli, p. 9. Nel corso di uno dei suoi priorati, il 6 luglio 1637, avviene la consacrazione della chiesa. Dell’avvenimento resta a tutt’oggi una lapide commemorativa in chiesa ed una memoria del 1650, conservata nell’archivio parrocchiale. Ibid., p. 19. [10] Nella Cronaca breve, agli anni, sono annotate numerose visite al monastero di personaggi illustri ospiti dei Lomellini: l’arciduca Alberto d’Austria (1626), il cardinale Gio Domenico Spinola, il cardinale Trivulzio e il principe di Monaco (1631), l’ambasciatore spagnolo a Genova Francisco de Melo (1634). [11] Si veda C. Bitossi, Il governo dei Magnifici, pp. 50 e 51. Nel colorito profilo dell’Assereto di L.M. Levati, Dogi biennali di Genova dal 1528 al 1699, Genova, Marchese & Campora, 1930, pp. 316 329, sono messi in evidenza, nel corso della sua lunga carriera politica al servizio della Repubblica, il carattere d’uomo d’azione, la sua missione al papa Clemente VIII per la questione di Finale, gli sforzi per la costruzione del nuovo armamento di galee, varie missioni a Savona e La Spezia per la fortificazione di queste città e la compera del feudo di Laigueglia fatta dalla Repubblica nel 1609. [12] C. Bitossi, Il governo dei Magnifici, p. 52. [13] Su questo argomento e sui rapporti tra potere religioso e civile si vedano le osservazioni di E. Grendi, La repubblica aristocratica dei genovesi. Politica, carità e commercio fra Cinque e Seicento, Bologna, il Mulino, 1987, pp. 283, 284, 286, 304. [14] Si vedano le osservazioni contenute nel primo saggio, Re e Repubbliche tra Sei e Settecento, di F. Venturi, Utopia e Riforma nell’Illuminismo, Torino, Einaudi, 1970. [15] L. M. Levati, Dogi biennali, pp. 330 339, sottolinea la determinante funzione del Pinelli nell’affare dell’acquisto del Sassello da parte della Repubblica, avversato dal Principe Doria. Per quanto riguarda i rapporti con l’Assereto, il Levati li giudica “inseparabili”, perché spesso impegnati fianco a fianco nelle missioni della Repubblica in materia di armamento, confini e territorio. [16] I rapporti tra Francesi e Spagnoli si fecero sempre più tesi. Già da qualche anno le offerte francesi erano viste con interesse da molti osservatori genovesi. Nel 1635, col trattato di Rivoli, si formava un’alleanza franco sabauda e si andava ampliando la lega antispagnola nella quale si cercò di coinvolgere anche Genova. [17] Si veda quanto afferma R. Ciasca, Affermazioni di sovranità della Repubblica di Genova nel Secolo XVII, Rocca S. Casciano, Cappelli, 1938, pp. 10-12, assumendo come fonti il Compendio delle storie di Genova dell’Accinelli e gli Annali della Repubblica di Genova del Casoni. Il 1637 fu l’anno della consacrazione della Repubblica alla Beata Vergine, la trasformazione monetaria con l’abbandono dell’effigie imperiale, l’assunzione del titolo regio al posto di quello ducale. Cfr. C.Astengo, La consacrazione di Genova a Maria Santissima ed il cambiamento di tipo monetario nel 1637, in “Numismatica e scienze affini”, n. 4-5, 1937 e G. Pesce, La zecca della Repubblica: le monete e i loro simboli, in Genova nell’età barocca, catalogo della mostra a cura di E. Gavazza e G. Rotondi Terminiello, 2 maggio-26 luglio 1992, Genova, Nuova Alfa Editoriale, 1992, pp. 431-437. [18] La canzone di Agostino Schiaffino Per ra incoronazion dro serenissimo principe Aostin Paravexin duxe reà dra serenissima Republica de Zena, fu pubblicata dall’editore Pavoni nel 1638 in Applausi della Liguria nella Reale incoronazione del Serenissimo Agostino Pallavicino e ora si può leggere nell’antologia di F.Toso, Letteratura genovese e ligure, Genova, Marietti, 1989, vol. II, Il Cinquecento e il Seicento, pp. 197-199. [19] Già nel dicembre del ’37 dovette intervenire per impedire slanci antispagnoli troppo radicali: è padre Schiaffino stesso a raccontarlo nelle Memorie di Genova, 1637, 87: “Elegge il Consiglio Maggiore et il Minore escludendo i maggiori Cittadini per famiglie e per ricchezze e per esperienza et in particolare quelli che parevano per affetto e per interesse bene inclinati alla Corona di Spagna. Cosa che generò scandalo et ammiratione non poca”. Per i travagli che accompagnarono il dogato del Pallavicini cfr. C. Costantini, La Repubblica di Genova, Torino, UTET, 1986, pp. 277-282. [20] Memorie di Genova, 1638, 19. [21] Memorie di Genova, 1638, 56. [22] Agostino Pallavicini si colloca nel solco ideale tracciato da Andrea Spinola e Ansaldo Cebà nei primi decenni del secolo; cfr. A. Spinola, Scritti scelti, a cura di C. Bitossi, Genova, Sagep, 1981, pp. 32, 33, 59, 61. Si vedano le osservazioni di C. Bitossi, Il governo dei magnifici, p. 241-244. Nel 1633 Pallavicini è tra gli antispagnoli dichiarati. [23] L. M. Levati, Dogi biennali, pp. 36-37, mette in rilievo la sua attività quale Protettore delle Compere di San Giorgio, carica che occupò per sei volte tra il 1609 e il 1627. [24] V. Vitale, La diplomazia genovese, Milano, Ispi, 1941, pp. 175-176. La sua missione a Parigi è naturalmente ricordata dal padre Semino nell’orazione per l’incoronazione. |
Agostino Schiaffino Memorie di Genova (1624-1647) * Indice Abbreviazioni Criteri di edizione Indice dei nomi Carlo Cabella Introduzione 1a 1b 1c 1d 2a 2b 2c 2d 2e Agostino Schiaffino Memorie di Genova 1624 1625 1626 1627 1628 1629 1630 1631 1632 1633 1634 1635 1636 1637 1638 1639 1640 1641 1642 1643 1644 1645 1646 1647 * * quaderni.net |