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Opposte propagande a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Pro e contro la Lega
Il nuovo trattato della Lega del maggio 1643 fu occasione,
naturalmente, di una nuova ondata di libelli, a stampa e manoscritti, di
propaganda o di semplice cronaca, generalmente di non grande levatura. Tra le
scritture di parte papalina, alcune erano rivolte contro questo o quel governo
aderente al trattato, come quella, contro il Granduca, che era forse opera di
Giulio Rospigliosi,[1]
o come le due, anonime, volte a confutare le ragioni che la Repubblica di
Venezia aveva portato a giustificazione della sua entrata in guerra e che aveva
divulgato in forma di “parte” presa in Senato, letta e consegnata all’ambasciatore cesareo.[2] Una “parte” – osservava il Cardinale Barberini quando, nel giugno, gliene
giunse copia a Roma – che «in effetto ha più tosto faccia di manifesto, pieno
di maldicenze et imposture», che non di meditato documento diplomatico.[3]
Di qualche interesse è uno scritto, che vorrebbe presentarsi
come cronaca dei primi mesi della guerra fatta da un suddito o da un partigiano
di Francia (Fioravante Martinelli secondo un codice ottoboniano) e diretta a un gran personaggio di quella Corte (il duca d’Enghien, secondo un codice della Biblioteca Universitaria di
Bologna), ma che, con ogni evidenza, è un semplice prodotto della propaganda di
Roma, volto da una parte a magnificare l’imprevista efficienza dell’esercito
pontificio e la grandiosità dello sforzo militare compiuto dallo Stato
Ecclesiastico nel fronteggiare l’aggressione dei Principi e dall’altra a rovesciare
tutta la responsabilità del conflitto sul governo veneziano.[4]
Venezia, vi si legge, ha sempre aspirato alla «suprema
grandezza in Italia» e il Papa e la Spagna «come quelle che vengono conosciute
[…] potentissime a farle ciascheduna da sé in ogni tempo vantaggioso contrasto»
hanno sempre rappresentato per lei due fastidiose «spine nell’occhio». Ostile
ad ogni ingrandimento dello Stato Pontificio, Venezia aveva cercato di impedire
prima la restituzione alla Chiesa di Ferrara, poi quella di Urbino e ora, a
prezzo d’una guerra disastrosa per l’Italia, quella di Castro. A proposito di
Urbino la relazione ricordava le pressioni esercitate dalla Repubblica sul
Pontefice – e da lui sdegnosamente respinte – perché anziché aggregarlo allo
Stato Ecclesiastico ne facesse un feudo per don Taddeo. Il che, vero o falso che
fosse, suggerisce come ai Barberini stesse a cuore, sul piano della propaganda,
non tanto la condanna delle ingiuste trame dei Collegati, quanto la
rivendicazione, contro l’opinione corrente, del disinteresse di Papa Urbano e
del suo impegno esclusivo a favore della Sede Apostolica.
Tutte le scritture ricordate circolarono, per quanto ne so,
manoscritte. Contro la Lega e il suo intervento a fianco dello scomunicato
Odoardo uscì però a stampa, presumibilmente sul finire del 1643, «un
discorso sotto nome di un frate francescano come teologo di San Marino, molto rigoroso alli Principi
collegati, ma in particolare contra il Signor Duca di Parma e la Serenissima Republica».
Conosco questo discorso solo indirettamente, e cioè attraverso un consulto di
Fulgenzio Micanzio che lo ricorda e attraverso la risposta, anch’essa a stampa, che,
per conto del governo veneziano, gli fu data da Giambattista Birago Avogaro.[5]
«La scritura per il vero», si legge nel consulto di
Micanzio, «era molto goffa et di poca o nissuna riputatione, ma però si sepe
esser stata fatta, stampata e publicata non solo con licentia, ma di concerto
acciò servisse ad impressionar il volgo et la plebe […]. Fu stimato di non si
dover lasciar senza riflesso e risposta. Il Rev.do Gio Battista Birago Avogaro, persona molto erudita, maxime nelle lege
canoniche confutò quella scrita con dotrina [?] ben fondata. Fu examinata la
sua compositione et in approbatione delli Eccelentissimi Reformatori datta alla
stampa».[6]
Il Parere,
affermava Birago, era «comparso li giorni adietro in questa città [Venezia] e
subbito sparito». Le tesi che vi erano sostenute e che Birago si proponeva di
confutare erano essenzialmente tre: Odoardo era scomunicato ab homine et a iure; i buoni cattolici dovevano evitarlo; i
principi suoi alleati e nominatamente la Repubblica di Venezia erano incorsi
nelle censure fulminate dalla bolla In cœna Domini.
A dispetto dell’apprezzamento di Micanzio, tra gli scritti antiromani
usciti in occasione della guerra di Castro, la Ponderatione era uno dei più pretenziosi, ma, direi, non dei più
brillanti. Il motivo di maggiore interesse era forse costituito, dopo le pagine
un po’ ripetitive dedicate al potere del Papa di scomunicare e deporre i
sovrani (un potere, si legge, esercitato qualche volta in passato, ma solo de facto, mai de iure: il Papa è, sì, Re dei Re, ma il suo regno è spirituale e
non mondano; e così via…), la pubblicazione, in chiusura del libro, degli
articoli approvati, in difesa della sovranità laica, nel settembre 1510, ossia
nel momento di massima tensione tra Luigi XII e Giulio II, dal Concilio di Tours («né
vi può essere dubbio», sottolineava Birago, «che il Concilio della Chiesa Gallicana fosse
legitimamente congregato…»).[7]
Il fatto è che Birago era lontanissimo dall’audacia dissacrante di Ferrante Pallavicino (e dei suoi imitatori), ma anche dal lucido anticurialismo di
Fulgenzio Micanzio. All’aperta contestazione dell’autorità pontificia preferiva
il sofisma e l’arzigogolo, come quando deduceva la nullità della causa
intentata dalla Camera Apostolica contro Odoardo dalla scomunica che la bolla di Paolo III del 1535 aveva minacciato contro quanti avessero attentato alle
ragioni e agli interessi del Duca di Castro e nella quale sarebbero dunque
incorsi gli uditori Raggi e Teodoli, semplicemente per aver
istruito e portato a sentenza il processo a carico di Odoardo.[8]
Oppure quando negava che la mossa d’armi di Odoardo contro lo Stato Pontificio
del settembre 1642 costituisse un’invasione (che avrebbe giustificato la
scomunica): invasione, scriveva, significa «assaltare con animo nemico», mentre
Odoardo era entrato nei territori della Chiesa da amico; invasione comporta occupazione
con la forza dei paesi invasi, laddove Odoardo non aveva mai dovuto ricorrere
alla forza visto che le truppe pontificie si erano sbandate senza opporre
resistenza, né aveva occupato alcunché, non essendosi mai fermato a lungo nello
stesso posto; anche le uccisioni, le devastazioni, i maltrattamenti subiti
dalle popolazioni non erano prova di violenza deliberata, perché inconvenienti
del genere erano inevitabili in certe situazioni, né si poteva farne
responsabile il Duca.[9] Oppure, ancora, quando negava – ammesso e non concesso che Odoardo fosse meritevole di scomunica – la legittimità dell’estensione delle censure ecclesiastiche ai Principi della Lega
non sulla base di un qualche principio, ma giocando sul diverso significato di adhærenti e confœderati del Duca o addirittura invocando a scarico della
coscienza dei Collegati (Principi e senatori veneziani) la loro ignoranza:
anche se la bolla In Cœna Domini è
ripubblicata ogni anno, scriveva, «non sanno tutti li casi che contiene» (con
il che Birago evitava tra l’altro di ricordare che la pubblicazione della bolla
non era mai stata consentita a Venezia).[10]
[1]
BUB, ms 1069 (1706), cc. 85-94, Lettera
presentata al Ser.mo Gran Duca di Toscana [...] scrittagli da un suo suddito.
Altri vogliono che sia di Monsignore Rospiglioso, 1644 (incipit: “L’armi
portate…”); altra copia (datata però 1643) in BAV, Ott.lat. 2435, cc.230-244.
[2]
“Non contenti li Signori Veneziani...” (BUB, ms 1069 (1706) cc. 52-53, e. ms
1173 (1925) cc. 247-254) e “ Nell’istesso tempo appunto nel quale la Republica…
” (BAV, Barb.lat. 4729, cc. 516-523).
[3]
ASV, Segr. Stato, Venezia 67, c.
165v, 13 giugno 1643. Barberino mandava a Vitelli, con una copia della
scrittura di Venezia, che evidentemente il nunzio non conosceva ancora, «un
foglio in risposta fattagli all’improvviso» perché se ne valesse secondo
opportunità. Dubito che questo “foglio” possa essere identificato con una delle
due scritture che ho menzionato di sopra, nessuna delle quali – più lunghe di
quanto non faccia intendere l’espressione “un foglio” – sembra essere stata scritta “all’improvviso”.
[4]
“Eccomi obediente…”, BAV, Ott.lat.
2175, cc. 64-68 e BUB, ms 1069 (1706) cc. 71 sgg.
[5]
Birago, Ponderatione (Ranghiasci, pp.
52-53, lo cita al n. 9: Gorabi è il trasparentissimo anagramma di Birago).
[6]
ASVe, CI 48, c. 80, 10 giugno 1644; Barzazi n.
828. Sembra che, finita la guerra, ma vivo ancora Urbano VIII, Birago Avogaro, quale autore della Ponderatione, sia stato fatto segno da parte dei suoi superiori,
ovviamente su istigazione di Roma, di non so quali atti persecutori. Birago si
appellò alla Repubblica e appunto la sua richiesta di protezione diede
occasione e materia al consulto di Micanzio.
[7] Birago,
Ponderatione, pp. 51-53, 105-115.
[8] Birago, Ponderatione, pp. 25-26.
[9] Birago,
Ponderatione, pp. 57-67: «Il condurre
un esercito non è condurre una processione de Cappuccini, l’alloggiare o far
marchiare un campo di soldati non è condurre a pascere una mandria di
pecorelle», senza contare che, per lo più, erano stati «li paesani stessi [che]
servendosi della occasione e della coperta del nome di soldati del Duca
sfogorno le sue passioni […] entrando nelle case, rovinando la campagna e
facendo mille rubbamenti alle cassine e luoghi del Contado».
[10] Birago, Ponderatione, pp. 86-99.
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Claudio Costantini
Fazione Urbana
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Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit
Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m
Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h
Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i
APPENDICI
1
Guerre di scrittura indici
Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4
2
Scritture di conclave indici
Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6
3
La giusta statera indici
Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa
4
Cantiere Urbano indici
Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d i2e i2f i2g i2h i3 i4
Malatesta Albani
l1 l2
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