Alberto Morone: i1 i2a i2b i2c i2d i2e i2f i2g i2h i3 i4
Sul fare storia
Lettera di Alberto Morone a Cesare Becillo (Grottaferrata,
20 giugno 1644)
Vita Urbani VIII nimiae longitudinis redarguta a Caesare Becillo rationes tamen idem Moronus exposuit quibus opus suum tuetur in epistola ad eundem Becillum data 20 iunii 1644 (BVR, ms R.45, ff. 122-126).
[c.122r] Molto Illustre Signore e Carissimo Reverendo Padre
Dalla selva di Grotta Ferrata, dove tutt’hoggi mi son trattenuto rispondo alla oppositione che Vostra Signoria fa alla mia Historia. Ho lasciato perciò [2]
andare i miei compagni a spasso doppo il ritorno della divotione della Beatissima Verginee et io con due soli [3] qui all’ombra
di un grand’olmo mi son risoluto di sodisfarla, atteso che forsi doppo non so se mi verrà l’entusiasmo. Hieri sull’antico Tusculo hebbi la sua lettera mentre deploravo la rovina di quell’antica e superba città et insieme stavo godendo, col calpestare le ceneri e le caverne che sole rimaste le sono, di veder vendicate le ingiurie Pontificali [4]
e mi consolavo col pensare che al Tuscolo ire dovessero dietro quelle città e quelle famiglie de Prencipi che hoggidì imitare ardiscono l’essempio degl’antichi [5] Tusculani e di quei [6] Prencipi che fomentarono contro il Sommo Pontefice la loro fellonia.
Restai attonito della oppositione dicendo Vostra Signoria [7] che la mia Historia non potrebbe essere grata per essere lunga. Mi sugge[c. 122v]riva insieme con l’autorità dell’Alicarnasso la elettione delle cose cioè quid historicis sit eligenda pulchra et iucunda e come dice altrove argumenta magnifica et quae magnam utilitatem lectoribus afferant.
Prima di rispondere legga Vostra Signoria questo epigramma di Martiale al libro 2° che molto fa al proposito mio e mostrarà essere falsa l’oppositione che ella mi fa nella sua lettera.
Cosconi qui longa putas epigrammata nostra
utilis ungendis axibus esse potes
Hac tu credideris longum ratione colossum
et puerum Bruti dixeris esse brevem.[8]
Non sunt longa quibus nihil est quod demere possis
sed tu, Cosconi, disticha longa facis.
Rispondo adunque che la moltitudine delle carte non fa l’Historia lunga, sì come lungo non è un colosso perché di molti palmi la statua di un bambino avanzi, anzi accadere può [9] che lunga sia un historia racchiusa in una pagina in comparatione di un'altra di molti fogli, come dice Martiale che erano i distici di Cosconio più lunghi dei suoi epigrammi di otto e dieci versi atteso che quelli havessero [10] parole superflue. Non ritrovo che i lettori delle mie compositioni historiche habbiano in esse osservata superfluità e cosa la quale non habbia [c. 123r] giovato loro alla cognitione importantissima dello stato universale delle cose. Si ricordi che alla Risposta che al libro del Duca di Parma io pubblicai alle stampe, Vostra Signoria mi oppose la lunghezza e mi augurò che non sarebbe il mio libro stato né cercato né letto e massime per il paragone delle altre risposte nel medesimo tempo stampate da primi avvocati non solo di Roma, ma di tutta Europa. È certissimo che le risposte che altri diedero al libro del Duca superano affatto la mia in dottrina et in tutte le lodi, e temerario sarei se altrimente io mi dessi a credere; ma una cosa non posso tacere, lasciando le lettere scritte [11] in lode del medesimo mio libro [12] et i giuditii dati da molte università con mio stupore, non mi potendo persuadere che habbia tanti meriti di dottrina. Questo adunque è che gl’avversari istessi habbiano la mia sola Risposta ristampata e con lode di sodezza e di tessitura onde io argomento che quello che Vostra Signoria mi attribuiva a vitio, sia stata la principal virtù del mio libro [13] con la quale i lettori si sono resi docili e capaci dei fatti. Il che gl’autori, benché dottissimi, delle altre risposte, forse per troppa brevità non hanno conseguito e per non essersi al mondo ispiegati con la narratione che era necessaria. Questo io riferisco per essere la oppositione [c. 123v] che a loro dal popolo, da letterati et anche da alcuni Nunzii io per lettere viddi essergli stata fatta. Sì che l’essempio che ella contro di me addusse mi muove per l’essito contrario a tenermi fermo nel mio proposito. Ancor io ho letto o la maggior parte o forse tutti gl’historici, ho composto molto e la speculativa e la prattica altrimente mi detta. Io mi persuado di scrivere al mondo non informato delle cose per renderlo docile e capace e non ad una o due persone, le quali per essere state presenti non si dilettano che di compendii. Oltre di tutto questo che ho detto mi parrebbe di essere ingrato et ingiurioso al gran Pontefice Urbano Nostro Signore [14] storpiando per affetto della cortezza il nobilissimo e bellissimo colosso delle sue grandi attioni, e volendo al Mondo rappresentare bambino [15] qui exultavit ut gygas ad currendam viam in tutte le operazioni sue. Si ricordi Vostra Signoria di quello che insegna Sesto Aurelio Vittore in Caio Cesare Imperadore dicendo che iuvat de Principibus nosse omnia il che solo si può conseguire con raccontare i loro fatti i quali [16] come afferma Horatio rimarrebbero per altro sepolti ne’ compendii.
Neque
si chartae sileant quod benefeceris
mercedem tulens
[c. 124r] Anzi
quid foret Iliae
Mavortisque puer si taciturnitas
Obitaret meritis invida Romuli
E senza dubbio questa perdita della memoria di molte gloriose attioni [17] di Urbano VIII e del Sig. Card. Barberino si farebbe se il parere di Vostra Signoria io seguitassi, mentre ella dal volume misura la lunghezza della Historia. Legga Plinio al libro 5° nella 6 epistola il quale è contrario al [18] giuditio di Vostra Signoria e mi conferma nella mia sentenza. Dice egli Non epistola quae describit sed nulla quae describitur longa est. Così io rispondo a Vostra Signoria Non è la mia Historia lunga ma più tosto grande per essere grandi i fatti di Sua Beatitudine e del Sig. Card. Barberino e ripieni di tali meraviglie che se non fosse hoggi testimonio il Mondo, la posterità forsi gli stimarebbe favole. La raccolta grande che nella sua biblioteca ha fatto di tutte le attioni de Pontefici, de Cesari e de Re il Sig. Card. Barberino in grossi e numerosi volumi e la diligenza che fa continovamente di havere tutti i fatti non già in compendio, ma nobilmente raccontati et alla distesa mi fa credere che non sia Sua Eminenza [19] dell’opinione di Vostra Signoria se non forse in quello [c. 124v] che concerne il racconto delle sue glorie, havendo egli amato meglio di operare utilmente per la Republica Christiana che di cercare da gl’Historici celebrità del suo nome. Se Vostra Signoria mi dicesse che l’essere minuto è vitio, non haverei che risponderle, vedendo quanto sia il Guicciardino biasimato per trattenere gl’esserciti ne piani di Pisa abbrucciando capanne, ancorché per altro sia Historico che a niuno de gl’antichi ceda a parer mio. La materia come dice deve essere nobile
Non de vi neque caede nec veneno
Sed lis est mihi de tribus capellis [20]
Tu Cannas mithridaticumque bellum
Et periuria punici furoris [21]
Magna voce sonas [22]
Così Martiale dalla materia de gl’epigrammi distingue quella delle Historie e Vostra Signoria molto a proposito mi apporta il luogo di Ammiano al libro 26 con dire che è proprio della Historia discurrere per negotiorum celsitudines, non humilium minutias indagare causarum. Ella però mi confesserà all’incontro con Luciano che rei di gran biasimo si rendano quelli Historici i quali Maximas res gestas et memoria dignissimas praetermittunt aut quasi in trascursu tantum attingunt. Non si chiamerà [c. 125r] lunga una statua fatta per rappresentare un gigante. Ma che dirà Vostra Signoria se io affermarò che può un Historia essere insieme lunga e succinta come testifica Polibio, perché lunga è quella compositione e verbosa cui multa demere possis, non quella che habbia grosso volume. Testimonio mi sia Cornelio Tacito, per tralasciare altri, il quale succinto e lungo nella sua Historia insieme si dimostra e pare un paradosso. Legga quivi nel primo libro della Historia quanto diffusamente, ma con brevità di stilo, racconti l’adottione di Pisone, la sua caduta e morte, l’ingresso di Ottone e di Vitellio. Nel 2° ciò che dice delle guerre civili di Mario, di Silla e di Pompeio, che paiono fuori di proposito. Nel 3° l’origine del Campidoglio per raccontare l’incendio suo. Nel 5° i costumi de gl’Ebrei in occasione di raccontare l’assedio di Gerusalemme. Il medesimo stile si vede essersi da Sallustio tenuto anche nelle Historie brevissime, dico nella Giugurtina e Catilinare ove diffusamente ma con istilo brevissimo racconta molte particolarità. Questi sono i maestri dell’Historia e gli essempi che habbiamo da imitare, [c. 125v] al giuditio di questi et all’approvatione del popolo, che attendere si deve, io mi appello. È vero che alcune cose pareranno a Vostra Signoria chiare col riferirle in compendio, ma ciò procede dall’esserne ella per altra strada pienamente informata; non così [accadrà (?)] ad altri senza [23] una giusta narratione.
Non dico per ciò che la mia Historia non sia ripiena di difetti, e tali che ogni giorno più mi muovono a dar[24] alle fiamme quello che ho composto perché[25] intorno a ciò che mi rimane non so quello che habbia da essere e più volontieri leggerei le altrui fatiche, già che le mie dispiacciono, come Vostra Signoria mi dice. Io leggo i moderni e resto attonito come ho fatto del Gramondo [26] per le falsità che del Sig. Card. Barberino riferisce [27]. Tenga però per cosa certissima che io mai ho messo penna in carta né per desiderio né per isperanza di gloria humana, come fa la maggior parte di loro,[28] la quale d’ordinario fugge quelli che la seguitano. Onde non ne pretendendo cosa alcuna non ne potrò né anche alcuna perdere et il lasciare di comporre e l’essere spettatore delle altrui opere e compositioni mi sarà guadagno. L’hora è tarda e perché maiores de montibus umbrae cadunt, per non tornare di notte a piedi a Frascati tralascio le altre cose che havrei da scrivere e le mando queste per il P. M°.
Da Grotta Ferrata 21 di Giugno 1644
Di Vostra Signoria Alberto Morone
[1] Morone sottolinea tutte le citazioni latine in prosa (salvo un caso e limitando talvolta la sottolineatura alle prime parole) e solo in un paio di casi quelle in versi. Per uniformità sottolineo tutte quelle in prosa, mai quelle in versi.
[2] perciò aggiunto sul margine sinistro.
[3] soli aggiunto in sopralinea.
[4] Segue cancellato: né dubitavo punto che dietro, sostituito in sopralinea da: e mi consolavo col pensare.
[5] antichi aggiunto in sopralinea.
[6] quei aggiunto in sopralinea.
[7] V. S. aggiunto in sopralinea.
[8] Mancano i due versi: Disce quod ignoras: Marsi doctique Pedonis / saepe duplex unum pagina tractat opus.
[9] può aggiunto in sopralinea.
[10] Seguono alcune lettere cancellate.
[11] Segue cancellato: sopra del mio libro.
[12] del medesimo mio libro aggiunto in sopralinea.
[13] del mio libro aggiunto in sopralinea.
[14] Segue cancellato: tacendo, sostituito in sopralinea da: storpiando.
[15] Segue cancellato: chi ha operato da sostituito in sopralinea da: qui exultavit.
[16] quali aggiunto in sopralinea.
[17] Segue cancellato: si farebbe.
[18] Segue cancellato: suo.
[19] S. Em.za in sopralinea.
[20] Morone omette due versi: vicini queror has abesse furto. / Hoc iudex sibi postulat probari.
[21] Morone omette il verso: et Sullas Mariosque Muciosque.
[22] Marziale continua: manu tota. / Iam dic, Postume, de tribus capellis.
[23] Segue ripetuto: senza.
[24] Segue cancellato: la.
[25] Segue cancellato: mi sento raffredare.
[26] Gabriel Barthélemy de Gramond, Historiarum Galliae ab excessu Henrici IV libri XVIII quibus rerum per Gallos tota Europa gestarum accurata narratio continetur. Tolosae, Apud Arnald Colomerium, Regis et Acadamiae Tolosanae Typographum, 1643.
[27] Da Io leggo i moderni... a ...Barberino riferisce aggiunto in sopralinea.
[28] come fa la maggior parte di loro aggiunto in sopralinea.
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