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Lettere di Alberto Morone dirette al Nunzio di Spagna fatto cardinale in questo tempo (6)
Alberto Morone a Giovanni Giacomo Panciroli, Roma, 18 Luglio 1643.
BEM, Camp. 549, gamma.G.4.30, cc. 25-26.
[c. 25r] Emin.mo e Rev.mo S.r e P.rone Colen.mo
L’allegrezza che ho sentito nella essaltatione di V. S.
Ill.ma è stata pari all’amore che io le porto, il qual certo è inesplicabile.
Sia ringratiata la Maestà Divina e ne ricompensi Sua Beatitudine perché certo la grandezza di V. Em.za
ridondarà in beneficio di Santa Chiesa. Io non parlo più innanzi sopra di questo perché
l’affetto e la vera divotione non cerca frasi. Ho bene un desiderio infinito di riverirla,
di rivederla e di baciarle humilmente il lembo della sagra porpora. La mattina della
promotione andai dalla mia camera in Collegio essendone stato per tempo avertito e
chiamai da scuola il Sig. Francesco, il quale si stordì per l’allegrezza et il medesimo fece il P.
Arcolino. O potessi io venire fino in Spagna come il farei più che volentieri
per goderla in questa dignità.
Del resto si sta più che mai in guerra. Il Gran Duca prese
la Pieve vedendo il nostro essercito esser posto
all’ordine e poscia si portò a Castiglion del Lago et il giorno di S. Pietro
per tradimento manifestissimo del Duca della Cornia, che non volle ammettere
soccorso, entrò dentro [1].
Da quel dì in qua si è fermato [c. 25v]
l’essercito del Gran Duca sotto Castiglione perché il Duca Savelli Generale del
nostro si è accampato a Mont’Alera vicino a due miglia con 8 mila
fanti buoni, di leva, e 1800 cavalli et questi comandati dal Malvasia [2], né mai ha fatto altro. La
gente del Gran Duca conta 10 mila fanti ma 6 mila erano militie e 2 mila cavalli de quali
tolti 800 tedeschi, tutti sono delle bande: ne è Mastro
di Campo Cesare Burri [3]
da Arezzo. Si sono fatte molte scaramuccie con la perdita e fuga de nimici
ma non molto di rilievo toltone una nella quale ricuperassimo Passignano
nella quale morirono de nemici 120 e dugento furo presi. In Lombardia le
cose passano con scaramuccie. Vero è che il Marchese Luigi Mattei ha scorso
e depredato tutti i castelli, ville e campagne del Modenese e fin
sotto Modena. I Venetiani con l’armata di mare fanno delle insolenze perché
non hanno una feluca che gli resista, ma in terra riescono infamemente
codardi, havendone toccate molte e temono di uscire contro i nostri. Il Vice
Re di Napoli non manca di dare aiuti sottomano a Collegati come è manifesto
[c. 26r] e le lettere che hebbe da S.
M. Cattolica per mandare il residente di Genova al Gran Duca et il Conte della
Rocca a Venetia acciò non si accendesse il fuoco che tutti rovina, le ha
trattenute nove mesi intieri e poscia le ha mandate come senza frutto così con
gran maraviglia di tutti, come dice il Sig. Card. de Queva et Albornozzi,
che se ne sono doluti hora con Sua Maestà [4]. Io certo ho preso più travaglio di quel che bisognava delle presenti
rovine, per l’affetto che ognuno deve alla S. Sede et alla innocenza di Sua
Beatitudine e del Sig. Card. Barberino, non havendo eglino saputo se
non beneficar tutti; et appunto mi son ancora i dì passati ammalato; perciò non
voglio stendermi più oltre. Ho scritte molte altre lettere a V. Em.za e le
mandai per ricapito a Mons. hoggi Sig. Card. Fachinetti e non ho mai saputo se
le siano ricapitate. Qui finisco con farle humilissima riverenza e pregarle da
Dio ogni felicità. Roma 18 di Luglio 1643.
Soggiungo che il Card. Ceva andarà Plenipotenziario in
Lombardia e dicono che possa [ricevere (?)] la sua carica Mons. Rospigliosi [Maestro]
di Camera. Ha [Nostro Signore] eletto Mons. Roscioli, Coppiere [per(?)] affamarci. Il canonicato del Sig. Card. Poli l’ha havuto Mons. Vain [sic] ma
non già il Mons. Domenico che il [vacarà (?)]. [5]
Di V. Em.za Rev.ma
hum.mo e dev.mo servo
Alberto Morone
[1] Sulla resa
di Castiglione del Lago e il tradimento di Fulvio Della Corgna vedi
Fazione Urbana, 1g, Guerra generale.
[2] Qui come altrove, ma non sempre, sembra che
Morone scriva Malvagia.
[3] Si tratta sempre di Alessandro Del
Borro. Cesare è un lapsus forse suggerito dall’omonimo letterato milanese.
[4] Il console di Genova a Napoli era Cornelio Spinola, su cui vedi Fazione Urbana, Castro e la Francia. Il Conte della Rocca, ossia Juan Antonio Vera y Zuniga, a Venezia era soprattutto impegnato a organizzare la produzione e la divulgazione di scritti di propaganda filospagnola, ma anche antiromana: vedi Fazione Urbana, Guerre di scrittura, Ferrante Pallavicino.
[5] Tutto il capoverso presenta fessure e perdite di materia per corrosione dell'inchiostro che rendono talvolta incerta la lettura.
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