Malatesta Albani: l1 l2
Alla Corte di Re Giulio
Il lungo dispaccio di Malatesta Albani che pubblico qui di seguito è scritto in buona parte in cifra. Segnalo in corsivo le parole e i brani decifrati, che, naturalmente, sono scritti da altra mano.
BAV, Barb. lat. 8000, cc. 15-20, Malatesta Albani a Francesco Barberini, Parigi, 3 giugno 1644
[c. 15r] Giunsi a Parigi sabato mattina non havendo
potuto giungervi prima, sì per le gran pioggie come per la strada che hora si
fa piu lunga per esser la posta a Fontaineblau. Subito arrivato andai a
riverire il Sig. Card. Mazzarino, al quale non potei parlare per essere il
tutto occupato in dispacciare gl'ordini per inviare subitamente soccorso in
Catalogna stante la rotta data da Spagnoli a Monsieur della Motta.[1]
Domenica mattina poi mi fece S. Em.za cercare da un suo gentilhuomo, il quale non mi
trovò per essere nel principio alloggiato in una locanda. Fui [2] dopo
desinare da S. Em.za con il quale dimorai piu di una grossa hora. Mi mostrò la
libraria di S. Em.za, che è molto bella, ma di gran lunga inferiore a quella
di V. Em.za, come sono anche tutte le cose di questo paese da cotesto dal gran
popolo e gran mercanzia in fuori.
Il Sig. Naudeo che ha cura della libraria sudetta riverisce humilmente V. Em.za; non ho veduto il Padre Pettavio, ma vi andrò quanto prima. [15v] E se dal detto Padre o Sig. Naudeo saprò che qua sia qualche libro curioso che V. Em.za non
habbia procurerò d'inviarglelo.
Ho veduto il Sig. Candiotto che alloggia nel Palazzo ove sogliono alloggiare i Nunzi ordinari di Nostro Signore, dove mi sono fatto accomodare due camere nelle [3] quali hora habito.
Non più tosto giunsi al cortile del Palazzo del Sig Card.
Mazerino, che incontrai il Sig. di Lione, il quale subito
mi disse imaginarsi a quale effetto io fossi venuto a questa Corte, ma che
haveva per difficile che il negotio riuscisse. Io gli soggiunsi che non sapevo
a qual effetto egli intendesse e che però non sapevo che rispondergli. Si vede
infatti ch'egli è huomo puoco ben affetto alla Santa Sede et alla Casa di V.
Em.za, né ho lasciato di rappresentarlo al Sig. Card. Mazzerino, il quale mi
rispose che io non dubitassi punto di ciò, poiché Lione dipendeva da suoi
cenni, et che non haverebbe fatto né piu né meno di quanto se gli comandava.
In fine mi disse che ne poteva disporre come se fosse stato suo semplice
cameriere. Essendo Lione segretario della cifra, prima che io arrivassi lo
sapeva, come ben s'imaginò il Sig. Card. di Valanzé; con tutto ciò io non ne
ho detto nulla con esso lui. [c. 16r]
Havendo io acremente detestato con alcuni della Corte del Sig. Card. Mazzarino il modo
che usava Lione col parlare poco bene di V. Em.za l'altro giorno venne da me il Sig. Naudeo e per parte di lui ha voluto farmi attestazione che benché egli si fosse lamentato qualche volta di V. Em.za e che nelle colere havesse detto anche qualche cosa con tutto ciò non lasciarebbe in sostanza di servire in tutto quello che saprebbe e potrebbe V. Em.za e che io ne dovessi far la prova; io risposi che se egli si portava bene si sarebbe con molta
cortesia corisposto; che d'altra maniera si sarebbe continuato a fare la dovuta puoca stima della sua persona.
Nella prima udienza che io hebbi dal Sig. Card. Mazzerino e che gli testificai l'ordine
che havevo di dipendere totalmente da lui, mostrò di gradirlo in estremo, benché nella
[c. 16v] sostanza del negotio (ancorché io m'avvedessi
ch'egli lo stimava di utile infinito alla Francia e di grandissima gloria) lui con tutto
ciò si affaticò a volermi far credere che alla Francia non erano di grande importanza le
cose di Roma in qualsivoglia stato che fossero; ma havendo io replicato freddamente
con mostrare che non ve n'è straordinaria premura, né bisogno dell'evento felice del
negotio, mi avviddi che col mostrare di ricusarlo o puoco curarsene, ardentemente lo
desiderava; et mi replicò ch'egli n'havrebbe l'istesso giorno parlato alla Regina e che si
assicurava che si sarebbe fatto
il possibile accioché il Duca di Parma in ogni maniera si fosse contentato o
della vendita o della permuta di Castro, Montalto, Borghetto, ma si sarebbe
trattato la vendita in primo luogo e che io fossi tornato per la risposta.
Fece meco qualche doglianza che costì si pensasse di far cardinale Mons. Vidman
qual è suddito dell'Imperatore. Io replicai che sempre è stato tenuto per suddito della Republica di Venetia
e che come amico et servitore del sig. Card. Antonio era stato tirato
nella carica ove si ritrova. S. Em.za mi rispose che la maggior robba ch'egli habbia
è nello stato dell'Imperatore e che il Sig. Card. Antonio doveva piutosto
proteggere un franzese che altri e che quando V. Em.za pensasse di fare Vidman cardinale
poteva ancora fare l'abbate di Castelvillano come servitore di Sua Santità e
tanto affettionto alla Casa di V. Em.za. [c. 17r] Io
soggiunsi che S. Em.za procurasse che il Re di Francia lo nominasse a suo tempo, che
haverei sperato che Sua Santità e V. Em.za non havessero forse havuta difficoltà
nell'eleggerlo. Io per me credo però dal modo di parlare di S. Em.za che puoco si
curino che costì si elegghino cardinali franzesi. Fece anche qualche lamentazione
della elettione del Sig. Card. di Lugo ma dalle ragioni addotteli restò assai
sincerato poiché sarebbe lungo il scrivere a V. Em.za tutte le minime cose. Vidi però
che più gli dispiaceva l'elettione di Valanzé che di Lugo. Parlai a S. Em.za della
pretensione che si haveva da Veneziani che Sua Santità facesse demolire le
fortificazioni di Comacchio, a che mi [c. 17v] rispose che
havevano li Veneziani gran torto di havere simili pretensioni e che Nostro Signore farebbe
bene a non cederla primo e che era molto a proposito ch'io gli n'havessi parlato prima
dell'Imbasciatore di Venezia, et havendo io rappresentato quanto sopra ciò era passato
con il Card. Bichi S. Em.za si lamentò molto che il Cardinale havesse lasciato porre in
campo queste cose quando se gl'era prima di costà appertamente detto in Congregazione
di Stato di non volervi acconsentire. Quanto alla pace solo dissi che Nostro Signore
haveva gradito in estremo l'affetto che il Re haveva mostrato alle cose di Sua
Santità ma che le fosse informata che Nostro Signore ha fatto la pace in tempo ch'era
più che mai provisto di gente e di danari e quando gl'inimici ridotti (come si suol dire)
al verde.
Qua corre communemente voce haver Nostro Signore estremamente acquistato di
riputazione appresso tutti li potentati d'Europa con l'haver fatto la guerra, non essendo
stato creduto per l'addietro che fossero sì grandi le forze della Chiesa e ciò oltre
haverlo inteso da molti, l'ho anche inteso dal medesimo Sig. Card. Mazzarino.
Mi parlò anche del Duca di Parma e che qui si dubitava che non si accordasse
con [c. 18r] li Spagnoli e che sapeva che correvano
strette negoziazioni con il Governatore di Milano, ma che qua se ne faceva
poco conto per l'instabilità del cervello di Sua Altezza. Io allora soggiunsi
che tanto piu sarebbe utile alla Francia che il Papa ritenesse Castro e
Montalto.
Rappresentai anche a S. Em.za che havevo lettere per la Regina, per il Sig. Duca
d'Orlians et Sig. Principe di Condé; ma che havevo ordine di non fare nulla senza
consentimento di S. Em.za. Al che mi rispose di gradirlo in estremo e che mi haverebbe detto
quando fosse stato tempo di ciò fare.
Mi significò anche che il giorno avanti era giunto un corriero con l'avviso della rotta
che haveva havuto in Catalogna il Maresciallo la Motta, la quale S. Em.za mi disse
consistere nella perdita di 3 mila huomini, il cannone et il bagaglio, e ciò era proceduto
dall'essere stato la Motta poco bene avvisato delle forze delli Spagnoli, li quali sono
più potenti di quello si credeva, che la cavalleria era stata la principale cagione
della rotta per havere piegato subito all'arrivo della vista dell'inimico e pure
è cavalleria veterana. Si è però posta tutta in salvo. [c. 18v] L'istesso Sig. Card. Mazzarino stima che in questa campagna sarà gran miracolo se
in Catalogna li Francesi non perdono Lerida la quale è di già assediata. Si sono di qua
subito inviati gl'ordini perché marcino in rinforzo dell'armata di Catalogna 6 mila
fanti e 1500 cavalli comandati da Villaroi,[4]
però questa gente non vi può giungere prima di 6 settimane; questa armata
di Villaroi serviva per tenere in freno i popoli e per sedare (caso che succedesse)
qualche sollevazione che fosse nel Regno. I
Catalani de quali si dubitava pareva che havessero ripreso con maggior ardore
la guerra con havere inviate alla Motta genti e danari. Comunemente però è stata in
estremo sentita e con grandissimi lamenti del governo del Sig. Card. Mazerino,
nel governo del quale pare che le cose peggiorino molto, essendosi già ricevute
due gran rotte, l'una in Germania l'inverno passato et l'altra hora in Catalogna. È Mazzerino
odiato da tutti, ma possente in estremo, havendo del tutto guadagnato lo
spirito della Regina, della quale e per accommodarsi e l'habito et il viso un
puoco troppo per vedova, et per l'allegria che ha mostrato sempre dopo la morte
del Re si ha concetto che [c. 19r] passino con il
Cardinale piu intimi affari, e tanto piu si è accresciuto
questo concetto quanto che ritrovandosi S. Em.za ritirato per la morte della
Madre, la Regina fu in persona a visitarlo. Qua si va fin discorrendo che la
Regina non habbia gusto degli avanzamenti della Francia contro il Re suo
fratello et queste voci si sono accresciute dall'essersi vista in questa ultima
rotta la Regina più del suo solito allegra, e che per questo si vada
tracheggiando, non volendo che né meno perda il Re suo figliuolo, e che di
ciò ne sia ministro il Card. Mazzerino.
Madama di Ghisa [5] subito che ha inteso il mio arrivo in questa Corte mi ha mandato un suo gentilhuomo a fare cortesissime offerte et insieme a ricordarsi obligata a V. Em.za.
Il Commendatore di Tars mi ha fatto mille favori egli è vero servitore di
V. Em.za professandosi appertamente tale con tutti.
Il Vescovo d'Albis, l'Abbate Del Berri e l'Abbate di Borlemont sono venuti a favorirmi.[6]
Del Sig. Baly di Valansé non ne parlo perché con [c. 19v] eccessi di
straordinaria gentilezza non tralascia di continuamente favorirmi.
Tutti qui credono che la fortuna del Card.
Mazzerino non solo consista nel favore della Regina, ma ancora nel puoco
spirito del Duca d'Orliens e del principe di Condé, quello non curandosi che
di danari per attendere a giocare e darsi li suoi gusti, et questo non
considerando altro che di accumulare tesori. Altri crede, et questo pare più
verisimile, che non volendo l'uno che l'altro governi, sia entrato per mezzo il
Card. Mazzerino.
L'essere stato il Sig. Card. Mazzarino in purga ha cagionato ch'io non habbia
havuto risposta che hieri a mattina; in
sostanza S. Em.za mi disse che la Regina haveva inteso con grandissimo piacere
i sensi di V. Em.za e che Sua Maestà haveva abbracciato il negotio in maniera
che voleva fare ogni sforzo perché havesse il desiderato evento, et che haveva
risoluto di mandare fra tre giorni al Duca di Parma Monsieur Peny
confidente di Sua Maestà et havendo a questo soggiunto che forse il Duca, come
ambitioso, desidererà persona più cospicua, mi rispose che desiderandosi
[c. 20r] dal Duca missione
publica e di personaggio di qualità, se gli sarebbe mandato: che si mandava
questo come huomo destro et accorto. Che non si tralascerà di fare conoscer al
Duca gli utili che gli verranno dalla Francia dando questa sodisfattione alla
Regina. Che Sua Maestà riuscendo il negotio desidera che Nostro Signore faccia un
cardinale al Duca di Parma, o sia il fratello, o il figlio o qualche parente
del Duca, et mi nominò Mons. Farnese, però conforme desiderava Sua Altezza;
nel resto qua non dimandano altro a requisitione della Francia che la
dichiarazione di V. Em.za di essere del partito di Francia ne modi che V. Em.za
espone nella Instruttione, cioè dopo la vita di Sua Santittà, purché
anticipatamente passi qualche scrittura segreta sottoscritta da V. Em.za che
resti appresso il Sig. Card. Mazzerino; il quale mi disse che l'Imbasciatore di
Venezia gl'haveva rappresentato il desiderio della Republica circa la
demolizione di Comacchio e che S. Em.za gl'haveva risposto che era fuori d'ogni
ragione la domanda essendo Comacchio lontano 40 miglia da confini e che
nell'istessa maniera [7] poteva il Papa
domandare [c. 20v] la demolizione di Rovigo e Lignano,
e mi tornò a dire che il Card. Bichi haveva fatto male a lasciar porre in campo
simili cose. Io per me tengo per certo se non m'inganno che se la Lega pone
questa differenza in mano del Re di Francia, qui si giudicherà a favore del Papa.
Discorse anche meco del parentado di Madamosella [8]
che si desiderava in estremo di darla al Duca di Mantua, ma che il
Duca d'Orleans non vi vuole acconsentire desiderando appoggio di Re vicino e mi
accennò che poteva succedere con Inghilterra. Che l'Imbasciatore di Portugallo
ne haveva fatto qualche instanza per il primogenito del Re.
Mi accennò ancora che v'era qualche pensiero con un Arciduca,
ma ciò mi disse a mezza bocca e parve si fosse pentito di havermelo
significato, il che mi fa molto pensare che possa essere, quando ciò sia prima
che si concluda la pace universale, et a questo proposito il cardinale mi disse
con qualche alterazione che li Spagnoli non volevano [c. 21r] la
pace fondati nella minorità del Re e nelle speranze che havevano di qualche
rivolta nella Francia, poiché ultimamente si era scoperto che li plenipotenziarii di
Spagna non havevano autorità di concludere nulla quando quelli di Francia possano in un giorno
concludere quello che gli pare più servizio di questa Corona.
Mi disse ancora che per far sortire il
negotio non si sarebbe lasciato di guadagnare Gaufrido, ancorché vi
bisognassero grossissime somme di danari.
Mi parlò quanto all'Oddi e mi domandò per qual cagione V. Em.za era in colera seco;
io gli rappresentai la causa, anzi soggiunsi che S. Em.za non si meravigli quando
intenderà che l'Oddi sia citato a Roma, nel che non mostrò molto senso essendoglene
da me state addotte le ragioni. Io però ho scoperto che l'Oddi commanderà il regimento
del Sig Card. Mazzarino, il quale mi disse che non per altro l'haveva [c. 21v] stimato se non perché haveva inteso essere stato stimato costì da V.
Em.za; è ben vero che mi disse di havere qualche amicizia con il fratello già
morto sotto Perpignano. Ho conosciuto dal parlare del Sig. Card. Mazzarino che
passa con il Gran Duca buonissima corrispondenza dal quale professa di puoter
havere gente come ancora dal Duca di Modena
Non mi ha detto nulla del Duca di Buglione
e a mio credere penso che qua si habbia gusto che se ne venga piu costà che
altrove; in questo proposito devo humilissimamente raccordare a V. Em.za a
voler mandare lettere di ringraziamento per il Plessi Bisenzon et Oquincurt [9] quali si sono mostrati cosi pronti di servire V. Em.za e tanto più ciò
ardisco scriverlo a V. Em.za quanto intendo che detti Sig.ri lo desiderino; io
però non mancherò di farlo.
Il Re e Regina vanno lunedì a Ruel luogo di delizie di Madama di Combalet.[10]
Il sig. Duca di Orleans è all'armata onde con Sua Altezza non potrò passare uffizio alcuno.
Mi domandò il Card. Mazzarino che cosa V. Em.za voleva fare della soldatesca che
era al [c. 22r] servizio; io dissi che credeva dopo
essere bene stabilite le cose V. Em.za le haverebbe rimandate ciaschedun al loro
paese e parlandomi della prohibizione fatta ultimamente da V. Em.za [11]
di poter cercar gente nello stato ecclesiastico io li feci conoscere che era vantaggiosa
per la Francia stante la vicinanza de stati de Spagnoli a quelli della Chiesa.
Dalle informazioni che ho havuto trovo che Peni huomo di molto garbo di destre maniere e confidente della Regina e che è stato Residente in Spagna
dopo l'Imbasceria di M.r di Bero [12] del quale n'era prima stato segretario non senza che egli sia molto atto per condurre felicemente un trattato a fine. Solo gl'oppongono che come persona eloquente parli troppo
et anche scriva, ma che non per questo lasci d'essere prudente, egli è di Alvernia
nato gentilhuomo è grande amico di Sciavini.[13]
Trovo qui che il Card di Valanzé è in
grandissima stima appresso li Francesi tutti ponendogli occhi come quello
che un giorno possa governare la Francia, è amato dal Duca di Orleans e stimato dal principe di Condé; è ben vero che non bisogna che pensi di venire qua senza
qualche pretesto di trattato per parte di V. Em.za o di Nostro Signore quasi mostrando di
non curarsi di quelli di Francia, perché non essendo ben visto alla Corte e
precludendosegli [c. 22v] l'adito alla Regina ciascheduno
s'allontanerebbe da lui.
Il non haver risposto a lettere di particolari Cavalieri e Signori sento non solo
dal Sig. Baly ma da molti altri che gli è di qualche pregiuditio, onde
sarebbe benissimo fatto o che S. Em.za inviasse al Nipote di fogli bianchi o
che si risolvesse a scrivere; parlo solo di semplici complimenti.
Mi parlò strettamente il Sig. Card. Mazarini che hora sarebbe il tempo che Nostro
Signore ricuperasse il Regno di Napoli, che si sarebbe di qua mandata l'armata navale per assistere a Sua Santità, dalla quale armata si puoteva sbarcare sempre sei mila fanti. Io
soggiunsi che quanto più Nostro Signore si vedrà assicurate le sue frontiere, che sarebbe
verso il Granduca con havere Castro et Montalto, tanto più allora havrebbe puotuto pensare a
ricuperare il suo; che bisognava anche considerare come li Principi d'Italia havessero
inteso questo et chi puoteva assicurare a Sua Santità che mentre andasse per ricuperar il Regno di Napoli
non fusse invaso da tutti i potentati di Italia. Mi rispose che havrebbe prima
assicurato Sua Beatitudine della neutralità de sudetti Principi. Tutto ciò non fu però
che semplice discorso
[c. 23r] Nel serrare le lettere mi giunge appunto il
corriero con li dispacci di V. Em.za li quali ho ricevuti l'8 giorno benissimo
condizionati.
Quanto al negozio per il quale vedo essere spedito il corriero di già V. Em.za vede
dalla lettera ch'io ne havevo parlato e che qua pare s'intenda a favore di Nostro Signore.
Dicifrerò il dispaccio e me n'andrò subito all'audienza per potere rispedire il corriere a
V. Em.za con diligenza et a punto questa sera havevo d'andare dalla Regina onde potrò anche
a Sua Maestà presentare la lettera ultima di V. Em.za et insieme rappresentare
le vivissime ragioni che ha la Santa Sede.
E qui a V. Em.za humilissimente bacio le
sacre vesti. Parigi li 3 Giugno 1644.
Di V. Em.za
Humil.mo Dev.mo et oblig.mo servo vero
[1] Philippe conte de la Mothe (1605-1657), Maresciallo di Francia e Viceré di Catalogna.
[2] Seguono alcune lettere cancellate.
[3] nelle aggiunto in sopralinea.
[4] Nicolas de Neufville, Marchese poi Duca di Villeroi (1598-1685), Luogotenente Generale nel 1643, Maresciallo nel 1646.
[5] Isabelle d’Orléans, conosciuta come Madame de Guise.
[6] Louis d'Anglure de Bourlémont, uditore di Rota, fu vescovo di Frejus tra il 1679 e il 1680 e arcivescovo di Bordeaux dal 1680; morì nel 1697 (cfr. la voce di M.Prevost in Dictionnaire de biographie française, II, Parigi, 1936, coll. 1179-1182). Vescovo di Albi era, dal gennaio 1636, Gaspard de Daillon du Lude, già vescovo di Agen; morì nel luglio 1674 (Dictionnaire d'Histoire et de géographie Ecclésiastique, a c. di A. Baudrillart e A. Vogt, tomo I, Paris, Letouzey et Ané Ed., 1912, col. 1609-1610).
[7] Segue ripetuto: e che nell'istessa maniera.
[8] Mademoiselle, ossia Anne-Marie-Louise d'Orléans, duchessa di Montpensier.
[9] (Charles-)Bernard du Plessis-Besançon, Maresciallo di Francia (1600-1670). Charles de Monchy, Maresciallo d'Hocquincourt (1599-1658).
[10] Marie(-Madeleine) de Vignerot de Pontcourlay, Marchesa di Combalet e Duchessa d'Aiguillon, nipote di Richelieu (1604-1675).
[11] Segue una parola cancellata.
[12] Antoine de Jaubert, Conte di Barrault, ambasciatore di Francia a Madrid dal 1629 al 1634. Con il
suo segretario Pény aveva organizzato in Spagna una vasta ed efficiente rete di informatori. Entrambi furono protagonisti del progressivo deterioramento delle relazioni tra Francia e Spagna culminato col licenziamento di Barrault nel dicembre del 1634 e poi con l'arresto di Pény, nel novembre del 1635, con l'accusa di spionaggio: vedi Cécile de Becdelièvre, Le renseignement français auprès du Roi Catholique (1630-1635), Thèse de l'Ecole des Chartes, marzo 2006, http://theses.enc.sorbonne.fr/document1044.html
[13] Da Solo... a ...Sciavini aggiunto in margine.
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