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A colpi di conclavi: f1 f2 f3 f4 f5 f6 Il conclave di Rapaccioli «Eminentissimo
e Reverendissimo Signore e Patron Colendissimo È la lettera che accompagnava l’invio al Cardinal Barberini della prima stesura (un “abozzo” l'avrebbe chiamato Rapaccioli più tardi) del conclave composto per ordine dello stesso Barberino, il quale, evidentemente, era tanto preoccupato di assicurarsi a futura memoria una autorevole testimonianza sulle vicende del Conclave, quanto Innocenzo lo era di non permettere che alcunché si risapesse. Perché era così preoccupato Barberino e perché aveva tanta fretta? Certamente perché, dopo le prime, grosse delusioni del pontificato Pamphili, sentiva arrivare la tempesta che avrebbe sconvolto la sua Casa. Ma il conclave di Rapaccioli aveva anche lo scopo di ribattere le voci che avevano cominciato a circolare non appena s’era aperto il Conclave e che, a quanto pare, trovavano riscontro in scritture, semplici avvisi o veri e propri conclavi, che si andavano divulgando. Forse Rapaccioli e il suo committente, Barberino, più che delle cose dette si preoccupavano delle non dette, ossia del ruolo avuto dai Barberini nell’elezione di Pamfili, che amici e partigiani del Papa tendevano a dimenticare o a nascondere dietro l’ovvio intervento dello Spirito Santo. Proprio all’inizio del conclave Rapaccioli accennava a «cose non toccate o mal spiegate da chi ha fin qui preteso publicare al mondo gli affari dell’ultimo Conclave». «Mancò del certo agli scrittori poco o male informati la cognitione di quegli avvenimenti […] Molte di queste machine sono assai recondite e note a pochissimi cardinali che non ne vogliono scrivere et han ragione. Per lo che si ponno malagevolmente ricavar da essi, né senza il lume che sono ito mendicando da tal’uno di loro vi potrei rivelare quelle molte cose che vi andarò dicendo. […] Sono li sodetti cardinali così religiosi e ritenuti che o in tutto tacciono dove dovrebbero dir male di qualcuno o solo ne dicono quanto basta per lo intiero racconto delle cose più sostantiali. […] Vi assicuro che se mi porrò a mormorare, non havrò modo da dir molto e mi converrà farlo con più moderatione di quella che forsi comportarebbe la verità del fatto et il merito di qualchuno».[2] La tesi sostenuta da Rapaccioli è che fin dall’inizio Barberino (d’accordo
con Antonio, anche se in una accorta divisione delle parti [3])
aveva in mente di portare Pamfili al papato e che, nel far questo, non solo non
aveva commesso errori o ingenuità, come molti pretendevano, ma aveva condotto
il gioco con abilità e spregiudicatezza. Una vera e propria operazione da
manuale, secondo Rapaccioli, che la rileggeva alla luce
delle teoriche accreditate per i capifazione. Le si possono ricondurre a
quattro imperativi principali: 1) valutare di volta in volta le alternative
possibili calcolando sempre con attenzione i favorevoli e i contrari; 2) non
cimentare mai il proprio candidato senza la certezza del successo, per
“mantenergli la riputazione”; 3) resistere alle pressioni di quanti volevano
che i candidati più qualificati, Panfili e Sacchetti appunto, fossero scrutinati
per primi solo per poterli più facilmente escludere;[4]
4) non lasciare mai il Conclave ozioso e perciò “riempire la scena” con falsi
candidati, come in effetti Barberino aveva fatto con Maculano e soprattutto con
Sacchetti.[5]
Naturalmente, se per caso Maculano o Sacchetti fossero riusciti, Barberino se ne sarebbe
accontentato, trattandosi pur sempre di creature urbane; semplicemente,
sosteneva Rapaccioli, Barberino non aveva mai creduto alla
possibilità di un loro successo e aveva puntato tutto su Pamfili.
«Ha volsuto la mia disgratia che io mi lasciassi vincere dall'instanze di un personaggio genovese a fidare alla di lui curiosità l'abozzo che già feci del passato Conclave poiché questi (non sa ne men egli ancor come) ha saputo esserne uscita di sua casa una copia ch'è stata vista e forsi copiata da qualcuno. Questo accidente mi turbò tanto che mi riaccese una febre. Ho fatto quanto ho potuto per arrestar la scrittura dove l'ho incontrata e fin qui mi è giovato, ma temo che un'altra copia sia per farmela né vi posso far quel che v'anderebbe per non confessarmene autore e per poterlo negare. Palazzo non l'ha ancora havuta, né potrà piacergli poiché, con tutto che riverentissima per suo conto, è però un processo della di lui ingratitudine; se pur non gli piacesse il modo con che io (scrivendo in quei principii del pontificato) portai le negotiationi di Teodoli e de i suoi viglietti e vescovado. Sovverrà a Vostra Eminenza che mi furono già tempo fa rubbati il commentarietto e le note ch'haveo in brutto per far detto conclave in un mio scrignetto, e che io per mostrar che non m'haveono tolta cosa che non gl'havessi data ne donai una copia non ancor finita al prencipe Giustiniano, doppo però haver fatto aprire lo scrigno anch'io a chi mi fece il furto con riportarne per corpo del delitto i due quinternetti ch'altre volte rivide Vostra Eminenza del conclave già steso e che cole note sodette mi furono rubbati da quei, col quale dissimulo ancora perché si [7] e tra l'altro per non fargli lettere di raccomandatione al Cardinale Panfilio (che lo accarezza) col risentirmene. Ma dal veder che da che furono dette note rubbate non è uscita in luce cosa alcuna di esse, mi son sempre fatto a credere ch'habbian veduto non fare al loro proposito e che me l'habbiano fatte levare con speranza di distormi così dallo scrivere detto conclave, intanto che se lo vedranno non potrà piacergli. Ma questo è il minor male; mi spiace assai più il pensar che vi si dovea mutar qualcosa più accomodata a i tempi e cose correnti, che vi andavano giontate alcune cose et altre levate, che andava riveduto et aggiustato in mille luoghi e che sopra tutto non dovea havere il publicetur da altri che da Vostra Eminenza e dal Signor Cardinale Antonio et in altro tempo. Né lascio di far riflessione che qualche cardinale vi potria trovar su occasione di dolersi di me, con tutto che ne habbia parlato con ogni possibile moderatione e tal volta in modo che vi bisogna la chiave, che non ho data mai fuori. Il Signor Cardinale Mattei se n'è già dolsuto, con tutto che non habbia veduto la scrittura et ha detto che non gli manca chi scriverà di me qualche cosa che non mi piacerà. Risposi a chi mel disse che io non sapevo che Sua Eminenza si dicesse e che quando egli havesse fatto scrivere, io havrei scritto. Ho stimato mio debito dar parte a Vostra Eminenza di questo mio accidente, il quale mi pesarà assai meno di quel che fa se Vostra Eminenza e'l Signor Cardinal Antonio mi condonaranno la disgratiata confidenza che ho havuta con chi ho detto, prima che l'habbia fatto vedere a chi veramente prima d'ogni altri doveo, ma mai pensai di non havervi tempo, poiché sempre disegnai di rassettarlo come andava per altra stagione, come farò mentre tra tanto attenderò a negare che sia mio. Non ardisco ancora affatto di mandarne a Vostra Eminenza una copia».[8] Di lì a qualche giorno Rapaccioli metteva in circolazione una finta lettera diretta al finto destinatario della sua relazione di Conclave (che, divisa in due parti, era, come di consueto, svolta in forma epistolare), nella quale pretendeva di scaricare su quell’inesistente personaggio una parte almeno delle sue responsabilità e di prevenire in questo modo le reazioni di quanti, primo fra tutti il Papa, erano stati da lui tirati in ballo. Ma in questa sua excusatio Rapaccioli mostrava di preoccuparsi più, come diceva, dell’“Accademia” che della “Corte”, rammaricandosi solo dei difetti di stile di una scrittura abbozzata in tutta fretta e non destinata, almeno per il momento, alla pubblicazione. Per il resto Rapaccioli non ritrattava, non smentiva, non correggeva nulla di quanto aveva raccontato ed anzi accennava alle molte testimonianze, anche scritte, da lui raccolte e parlava di un terza parte, che diceva di aver composto e poi dato alle fiamme “per liberarmi dall’importunità de i curiosi”; con il che però lasciava intendere di non aver affatto, sulle vicende del Conclave, vuotato il sacco e di avere ancora, all’occorrenza, molte cose da dire. «Sig. mio In quello stesso torno di tempo Rapaccioli tentò di scusarsi personalmente con Spada, ma, come si vedrà più avanti, ci mise qualche doppiezza di troppo, sicché l’iniziativa non ebbe alcun successo.[15] Ci riprovò con maggiore convinzione nell’ottobre del 1653: si avvicinava l’attesa fine del Pontificato di Innocenzo e Rapaccioli, avendo qualche carta da giocare, non voleva affrontare il nuovo Conclave con l’aperta ostilità di Spada. Rapaccioli si rivolse dunque al Padre Virgilio chiedendogli di adoperarsi presso il fratello per una formale riconciliazione.[16] Ma il Card. Spada pretendeva da Rapaccioli una ritrattazione, mentre Rapaccioli era disposto a dichiarare soltanto che la pubblicazione della scrittura era avvenuta a sua insaputa. L’iniziativa ancora una volta fallì. [1] BAV, Barb.Lat. 8745, c. 304. [2] Rapaccioli, BAV, Vat.lat. 13418, p. 1. In diverse occasioni Rapaccioli accenna a confidenze che non era riuscito a strappare ai suoi colleghi o a segreti che preferiva non divulgare: «Havrei voluto che il nostro amico [c’è un 6 in sopralinea] m’havesse communicato questo fatto, perché so ch’egli n’è pienamente informato [...] ma egli non ama farlo» (Rapaccioli, BAV, Vat.lat. 13418, pp. 27-28). «Sarebbe qui venuto molto in acconcio il raccontare molti rei fatti usati da chi voleva nelle cose sudette guadagnare quel che al fine vi si guadagnò, ma perdoniamola a chi forsi troppo s’offenderebbe» (Rapaccioli, ASV, Fondo Bolognetti 21, c. 266r). [3] Antonio «se bene era stato già molto tempo avanti guadagnato in ciò che vi fusse potuto essere per conto proprio, e già n’avea dato più d’un segno al medesimo Panfilio non che al fratello, si sentiva però fare gran forza dal rispetto della Francia» (Rapaccioli, BNR, FVE, 984, 52v-53r). [4] «Molti che pretendevano d’esser Papa tanto in questo quanto nel futuro Conclave e principalmente alcuni di quei soggetti che confessandosi più degli altri inferiori di merito al Card. Panfilio et al Card. Sacchetti, mostravano d’abborrire che si trattasse di loro prima che si fossero fatti tutti li sforzi per l’uno e per l’altro di questi, conoscendo molto bene quali fossero i svantaggiati della prima fila e quanto complisse a gli altri che questi sotto pretesto di graduatione tolta dai meriti fossero i primi a cimentarsi» (Rapaccioli, BAV, Vat.lat. 13418, p. 21-22). [5] «Applicò l’animo a levar l’ozio ai scrutinii et ad empir la scena di qualche sogetto, né potendosi cimentar alcuno del Collegio vecchio senza invitar a nozze il partito spagnolo e così restarvi colto, gli convenne cercar contro ogni buona regola il sogetto tra le sue creature. Fu dunque proposto S.Clemente…» (Rapaccioli, ASV, Fondo Bolognetti 21, cc. 260v-261r). [6] Rapaccioli sospettava anche un’altra persona, legata questa volta al card. Antonio, di divulgare i suoi scritti: nel maggio del 1647 inviandone uno a Francesco scriveva: «scusi chi qui si trova in molto travaglio per alcune scritture, c'ha publicato chi puote haver le mani nella segretaria del Signor Cardinal Antonio al qual supplico a non ne far motivo, come la suplico (se pur mi è lecito) ad emendar cole fiamme la libertà et ingenuità di questa mia e di altre simili» (BAV, Barb.lat. 8746, 36v, 11 maggio 1647). [7] Qui manca evidentemente qualche parola. [8] BAV, Barb.Lat., 8746, cc.16v-17v. [9] Corretto su: membra. [10] Da questa corretto su dalla quale. [11] Corretto su: dal medesimo che. [12] Segue cancellato: che girano. [13] Quel che segue sottolineato è scritto a margine con nota di richiamo. [14] BAV Barb.Lat. 4673, cc. 212-214, Sopra il Conclave scritto dal Cardinale Rapaccioli. Le sottolineature sono nel testo. [15] ASR, SV 563, Bernardino a Virgilio Spada, 10 ottobre 1646: «Hoggi il Card. Rapaccioli mi ha mandato a fare una tale ambasciata in escusatione de la scrittura uscita disgratiatamente, soggiungendo che d’alcune febrette havute questi di ne da la causa al dispiacere che si ha preso». [16] BAV, Bar. lat. 8746, cc. 219-220, Rapaccioli a Virgilio Spada, 30 ottobre 1653 e cc. 224-225, Rapaccioli a Francesco Barberini, 24 novembre 1653. |
Claudio Costantini Fazione Urbana * Indice Premessa Indice dei nomi Criteri di trascrizione Abbreviazioni Opere citate Incipit Fine di pontificato 1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m Caduta e fuga 2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h Ritorno in armi 3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i APPENDICI 1 Guerre di scrittura indici Opposte propagande a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7 Micanzio b1 b2 b3 b4 b5 Vittorino Siri c1 c2 c3 c4 2 Scritture di conclave indici Il maggior negotio... d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7 Scrittori di stadere e1 e2 e3 A colpi di conclavi f1 f2 f3 f4 f5 f6 3 La giusta statera indici Un'impudente satira g1 g2 g3 g4 g5 L'edizione di Amsterdam Biografie mancanti nella stampa 4 Cantiere Urbano indici Lucrezia Barberini h1 h2 Alberto Morone i1 i2a i2b i2c i2d i2e i2f i2g i2h i3 i4 Malatesta Albani l1 l2 * * quaderni.net |